Al Maggio Musicale Fiorentino, successo per “Acis et Galatée” di Lulli. Al via un importante progetto culturale dedicato al musicista.

di Claudio LISTANTI

Una notevole edizione di Acis et Galatèe di Giovanni Battista Lulli ha arricchito il già cospicuo cartellone dell’84^ edizione del Maggio Musicale Fiorentino, un festival che può essere considerato una delle punte di diamante della Cultura e della Musica italiane che, con gli anni, ha consolidato il suo ruolo di preminenza in ambito nazionale.

Tra i tanti appuntamenti in programma, uno ha assunto un significato davvero speciale, la rappresentazione di Acis et Galatèe di Giovanni Battista Lulli presentata in un nuovo allestimento. La particolarità di questa iniziativa musicale, oltre all’affidamento dell’esecuzione a specialisti del barocco musicale, periodo al quale appartiene l’opera, tra i quali c’è da ricordare la partecipazione del direttore d’orchestra Federico Maria Sardelli, è stata quella di celebrare uno dei musicisti più importanti della storia, conosciuto soprattutto per la sua attività nel campo della musica francese ma al quale la città di Firenze diede i natali.

Fig. 1 Il compositore Giovanni Battista Lulli. Litografia di Ducarme da Ad. Midy

Giovanni Battista Lulli nacque, infatti, a Firenze nel novembre 1632. Figlio di Lorenzo, un mugnaio, probabilmente originario del Mugello, che nel 1620 sposò Caterina. Dal matrimonio nacquero tre figli: Verginio, Giovanni Battista e Margherita. Giovanni Battista trascorse l’infanzia a Firenze ma, ancora adolescente, Roger de Lorraine, famoso cavaliere del prestigioso casato dei Guisa, né notò il talento e nel 1646 lo condusse a Parigi dove entrò a servizio di una tra le nobildonne francesi di più in vista della capitale francese, Anne-Marie Louise d’Orléans, duchessa di Montpensier, cugina di primo grado di Luigi XIV, conosciuta con l’epiteto di Grande Mademoiselle.

Da qui iniziò la sua, per certi versi incredibile, carriera che lo condusse a divenire il compositore preferito del Re Sole. Infatti manifestò da subito un interesse non solo per la musica e per il violino ma, anche, per la danza, tutti elementi che si aggiungevano alle sue caratteristiche di coreografo e di attore poliedrico della cosiddetta Commedia dell’Arte.

La sua evoluzione fu così rapida che già nel 1652, il musicista fiorentino fu ingaggiato dalla casa reale come membro dell’orchestra della quale divenne in breve tempo anche direttore dei petits violons. La sua carriera fu sfolgorante in quanto in pochi anni ricoprì tutte la ambite cariche dei compositori di corte, tra le quali quella più prestigiosa di Surintendant de la musique du roi. Nel 1661, anno dell’ascesa al trono di Lugi XIV fu naturalizzato cittadino francese ed assunse il nome di Jean-Baptiste Lully con il quale è universalmente conosciuto.

Da quel momento Lulli si distaccò progressivamente da composizioni su testo italiano che scrisse fino agli anni ’60 del Seicento la cui ultime (come mette in risalto Barbara Nestola nel programma di sala dello spettacolo fiorentino) risalgono al 1671 con due arie italiane inserite nel Ballet des Nations inserito nel finale de Le Bourgeois Gentilhomme, ultima sua comédie ballet nata dalla collaborazione con Molière.

Fig. 2 Acis et Galatée. Il balletto del Terzo atto © Alessandro Milo

Da qui in poi Lulli rivolse il suo interesse verso una sorta di rivoluzione musicale che si spinge fino alla fondazione dell’opera e dello stile francese per imporre una netta demarcazione con l’imperante opera di stile italiano dalla quale si distingueva per l’abbandono delle arie e della loro funzione ‘espressiva’ per giungere ad una teatralità basata su una sorta di declamato utilizzato per rendere il testo più facilmente comprensibile, più vicino alle rappresentazioni di teatro classico, al quale si univa un altro elemento fondamentale, la Danza, con frequenti interventi coreutici e creare così una nuova forma di spettacolo nominata tragédie en musique.

Per raggiungere lo scopo, fondamentale fu il contributo del librettista Philippe Quinault con il quale Lulli iniziò a collaborare nel 1673 con Cadmus et Hermione opera che si può considerare capostipite di questa rivoluzione dopa la quale ci furono altri capolavori tra i quali c’è da ricordare opere come Alceste, Atys, Isis, Persée, e Armide. L’ultima tragédie en musique fu Achille et Polyxène rimasta però incompiuta in quanto Lulli, dopo aver musicato il primo atto, morì per le conseguenze di una infezione causata, nel gennaio del 1687, da una ferita provocata da se stesso durante le prove per un Te Deum in onore di Luigi XIV quando si colpì accidentalmente un piede con il bastone con cui dirigeva un’orchestra composta da 150 musicisti, che lo portò alla morte dopo soli due mesi a causa della conseguente, irreversibile, gangrena.

Fig. 3 Acis et Galatée. Un momento dello spettacolo © Michele Monasta

La nuova ‘opera’ concepita da Lulli, come già accennato, ha una struttura mutuata dal teatro classico e composta da un prologo e cinque atti. Il prologo ha la funzione specifica di esaltare le gesta del re, in questo caso Luigi XIV. Molto articolato e quantitativamente corposo il prologo rende al meglio l’omaggio alla  figura reale che si materializza, sovente, nelle sembianze di Apollo. Nei singoli atti ci sono i divertissements. In essi sono impegnati sulla scena danzatori, cantanti solisti e coro che propongono una sorta di grande affresco caratterizzato dalla successione di arie, interventi corali, duetti e danze.

Il tutto contenuto in una cornice spettacolare che destava la meraviglia di coloro che assistevano all’esecuzione, colpiti soprattutto dai frequenti cambi di scena, da sontuosi costumi e dalle evoluzioni di alcuni personaggi che, tramite l’utilizzo di sofisticate macchine sceniche, li facevano apparire provenienti dagli inferi o dal cielo.

Di pari sfarzo era la parte prettamente strumentale con le sfumature sonore realizzate con l’utilizzo di una serie di strumenti le cui sonorità specifiche erano utilizzate per creare quel senso di varietà nell’ascolto e che richiedeva, ovviamente, un elevato numero di strumentisti.

Altro genere di teatro che coinvolse Lulli fu quello così detto ‘pastorale’, nel quale i personaggi di questo particolare mondo potevano esprimere i loro stati d’animo cantando. Anche questa forma è di origine italiana e ha come capostipite Il pastor fido un dramma di soggetto arcadico di Giovan Battista Guarini, composto nell’ultimo quarto del cinquecento e rappresentato a Venezia, Mantova e Ferrara nello stesso periodo. Soggetto molto importante questo per la musica europea in quanto nel 1712 ispirò anche il grande di Georg Friedrich Händel.

Fig. 4 Elena Harsányi Galatèe e Luigi De Donato Poliphème © Michele Monasta

Nel genere pastorale Lulli compose alcuni intermedi inseriti in alcune celebri rappresentazioni di opere di Molière come George Dandin, Les Amants magnifiques e Le Bourgeois Gentilhomme. E proprio su questo genere è costruita l’opera Acis et Galatée. Definita da Lulli e dal librettista Jean Galbert de Campistron, che si ispirò liberamente alle Metamorfosi di Ovidio, Pastorale Heroique en musique, possiede una struttura più semplice rispetto alla classicità della tragédie en musique; è in tre atti più il prologo, con scene più semplici ma, nell’insieme, la parte musicale adotta i medesimi mezzi espressivi.

Questa scelta, probabilmente, derivò dall’occasione della creazione dell’opera che fu organizzata dal Duca di Vendôme per i festeggiamenti per il genetliaco del Delfino erede al trono, organizzati nel settembre 1686, presso il castello di Anet. Infatti non furono disponibili i grandi spazi dell’Académie royale de musique, quella che oggi è l’Opéra di Parigi, dove venivano rappresentate le tragédie en musique, ma una grande sala della dimora del duca di Vendôme, la Galerie des Cerfs, non destinata a rappresentazioni teatrali e, quindi, non adatta allo sfarzo scenografico.

Questa rappresentazione ebbe molto successo nonostante tra i presenti ci furono alcuni che lamentavano l’assenza del librettista Philippe Quinault che assieme a Lulli costituivano un binomio di grande successo nella Francia di allora. Ad ottenere il consenso, però, fu certamente la presenza di cantanti molto in voga all’epoca. Fu spesso ripresa a grande richiesta anche dopo la morte di Lulli e ospitata sul grande palcoscenico dell’Académie royale de musique.

Fig. 5 Federico Maria Sardelli (maestro concertatore e direttore) © Sandro Michahelles

Acis et Galatée ha anche un’altra particolarità nell’ambito della Storia della Musica, quella di essere l’ultima opera completa composta da Lulli in quanto la successiva, Achille et Polyxène, rimase incompiuta a causa del già citato e singolare incidente che condusse alla morte il musicista.

Con Acis et Galatée, molto giustamente, il Teatro Comunale di Firenze ha voluto rendere omaggio a questo grande compositore che può essere senz’altro considerato, a pieno titolo, appartenente alla storia e alla cultura non solo di Firenze ma di tutta l’Italia. Significative sono le parole del direttore Federico Maria Sardelli al quale è stata affidata la conduzione musicale che nel presentare lo spettacolo ha dichiarato:

Gian Battista Lulli lo chiamo col nome italiano e non per un fatto di campanilismo o nazionalismo, ma perché Lulli ha vissuto i primi 14 anni della sua vita a Firenze e Firenze, e l’Italia in generale, si è dimenticata di questo suo figlio. Oggi, con questa produzione, torna in patria in maniera piuttosto sontuosa, una maniera finalmente degna di tutto quello che ci ha lasciato. In Francia – ha proseguito il direttore – viene eseguito stabilmente, il Paese dove del resto ha trovato la sua fortuna e ha creato la musica francese barocca; la Francia, almeno fino alla rivoluzione è stata impregnata dalla sua impronta fortissima, quindi è giusto che i francesi lo considerino un loro figlio e che lo celebrino. Ma anche noi italiani dobbiamo ricordarci di questo gigante.

Ma la cosa ancora più interessante è che la città di Firenze, tramite il suo sindaco Nardella, ha promosso un interessante progetto per riconoscere finalmente il posto che merita Gianbattista Lulli nella cultura cittadina e nazionale. Come dichiarato dallo stesso Sardelli è stata annunciata

… la creazione dell’istituto Gianbattista Lulli a Palazzo Vecchio, nella Sala dei Gigli, un luogo che, meglio di ogni altro, identifica questo connubio tra Firenze e la Francia. A settembre vedrà la luce e, a novembre, per il 390esimo compleanno di Lulli organizzeremo il primo grande evento. Che sarà concertistico sicuramente, ma forse anche una giornata intera di studi in cui ci dedicheremo a puntare il faro sui documenti della vita di Lulli; il capitolo dei suoi primi 14 anni è ancora da dissodare. Gli archivi fiorentini conservano documenti che ci aiuteranno a tracciare il suo profilo biografico. Insieme al Sindaco e al sovrintendente Pereira, al Centre de Musique Baroque de Versailles, all’Istituto francese qui a Firenze, all’Università, studiando la sua vita e le sue partiture, ed eseguendo le sue opere, vogliamo creare un connubio virtuoso di enti culturali che si dedicheranno a questo progetto.”.
Fig. 6 Acis et Galatée. Un momento del Prologo © Michele Monasta

Acis et Galatée di Lulli. Successo per uno spettacolo rispettoso della tradizione con una pregevole parte musicale.

Per riferire della messa in scena di Acis et Galatée ascoltata a Firenze c’è innanzi tutto da dire che si trattava della prima esecuzione non solo fiorentina, ma anche italiana, di questo capolavoro di Lulli che ne ha arricchito notevolmente la valenza culturale della proposta.

La messa in scena affidata al regista francese Benjamin Lazar è risultata rispettosa della tradizione e del significato di questa Pastorale Heroique en musique conservandone l’ambientazione campestre ed inserendo nello spettacolo anche degli elementi di attualità che, comunque, non sono risultati fastidiosi alla vista e, in un certo senso, anche piacevoli nell’insieme. Niente tute mimetiche ne personaggi in giacca e cravatta incorniciati in uno sfondo dominato da luci al neon, come spesso siamo costretti a vedere in molte (e ossessivamente frequenti) realizzazioni lirico-teatrali dei nostri giorni. Il tutto metteva in risalto una certa eleganza dell’insieme, a partire dai costumi per finire ai movimenti registici per una percezione del tutto piacevole e scorrevole che spezzava quel senso di monotonia dato da questa sorta di declamato caratteristico di questo periodo dell’opera francese. Funzionale a questa visione dello spettacolo sono state le scene di Adelin Caron, i costumi di Alain Blanchot e le luci di Christophe Naillet. Cospicua e ben realizzata la parte danzata grazie alle coreografie di Gudrun Skamletz che si è esibita anche come danzatrice assieme a Caroline Ducrest, Robert Le Nuz e Alberto Arcos. Quattro danzatori in tutto, non sappiamo se per scelta o per pura e semplice necessità rispetto all’originale, ma ci sono sembrati pochi per una parte coreutica così sostanziosa ed impegnativa.

Fig. 7 Acis et Galatée. Un momento del Prologo © Michele Monasta

Per quanto riguarda la parte musicale Federico Maria Sardelli ha trasfuso all’esecuzione tutta la sua grande e notevole esperienza di specialista del barocco, ruolo che ricopre con molto consenso di pubblico e di critica a livello internazionale. La sua direzione è parsa incisiva ed interamente dedicata a rendere nel migliore dei modi quelle caratteristiche strutturali dell’opera francese lulliana, curando particolarmente la parte vocale sia quella relativa ai cantanti solisti sia quella relativa agli interventi del coro collocato, per l’occasione, assieme all’orchestra. Una conduzione attenta ai colori orchestrali ed ai ritmi che, come da sua prassi consolidata, anche per un omaggio al grande Lulli, affidata nelle parti di danza e d’insieme, all’utilizzo del bastone strumento che fu fatale per il musicista fiorentino. Le sonorità sono risultate all’ascolto un po’ attutite a nostro giudizio non per demerito della conduzione musicale ma, piuttosto, per l’infelice collocazione dell’esecuzione ospitata nella Sala Zubin Metha, una sorta di piccolo Auditorium, una ‘sala minore’ di un grande teatro del tutto inadatta ad una rappresentazione di questo tipo soprattutto per l’innaturale collocazione del cosiddetto ‘golfo mistico’.

Fig. 8 Acis et Galatée. Elena Harsányi Galatèe e Jean-François Lombard Acis nella scena finale © Michele Monasta

Buona la prova del Coro del Maggio Musicale Fiorentino diretto da Lorenzo Fratini e dell’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino opportunamente rinforzata con degli strumentisti ‘specialisti’ per questo genere di musica come la viola da gamba di Bettina Hoffmann e la tiorba di Simone Vallerotonda entrambi provenienti dall’orchestra Modo Antiquo compagine fondata dallo stesso Sardelli proprio per l’esecuzione di questo repertorio.

Concludiamo con la parte vocale, anch’essa affidata a specialisti del repertorio, scelta in un certo senso obbligata vista la specificità della linea vocale di questa partitura. Nella parte di Acis c’era Jean-François Lombard un cantante in possesso di quelle caratteristiche di “haute-contre à la française” proprie di questo personaggio con sonorità apparentabili al tenore leggero ma necessarie di maggiore ‘corposità’ per un personaggio che ha saputo rendere in maniera del tutto soddisfacente. Al suo fianco la Galatée del soprano Elena Harsányi cantante in possesso di un repertorio vasto che va dalla musica antica al ‘900 che ci ha offerto comunque un personaggio elegante e delizioso nella vocalità quanto incisivo nella recitazione. Un buon successo personale l’ha ottenuto il basso Luigi De Donato un Poliphème dalla voce profonda che ci ha offerto un personaggio dai risvolti ‘terribili’ ma filtrati da una felice propensione al comico che lo ha reso vario ed accattivante nell’insieme. Buone le prove di Valeria La Grotta (Diane / Deuxième Naïade / Scylla), Francesca Lombardi Mazzulli (L’Abondance / Aminte / Première Naïade), Sebastian Monti (Apollon / Le Prêtre de Junon / Télème) e Markus Van Arsdale (Comus / Tircis).  Per quanto riguarda gli altri personaggi c’erano Guido Loconsolo Neptune, Francesca Longari Une Dryade e Davide Piva Un Sylvain. Una compagnia interamente in sintonia con l’impronta esecutiva impressa da Federico Maria Sardelli e dal regista Benjamin Lazar a tutto lo spettacolo.

Fig. 9 Luigi De Donato Poliphème © Michele Monasta

La recita alla quale abbiamo assistito (9 luglio) si è conclusa con un notevole successo.  A parte qualche sparuto ed incomprensibile dissenso rivolto a Sardelli soprattutto per la validità dell’esecuzione ascoltata e per la sua conclamata autorevolezza nel campo dell’esecuzione barocca, tutti, Sardelli compreso, sono stati applauditi a lungo e  singolarmente da un pubblico risultato entusiasta per la serata anche se, però, è risultato numericamente esiguo di fronte alla valenza artistica della serata cosa che colpisce particolarmente visto il notorio interesse dei fiorentini e della città di Firenze per la manifestazioni culturali ed artistiche.

Claudio LISTANTI Firenze  17 Luglio 2022