A Castel Sant’Angelo in corso “Le vie della Fede. Testimonianze d’arte e di pensiero”, in attesa del Giubileo 2025 (fino al 30 giugno).

di Nica FIORI

Da quando Bonifacio VIII istituì il primo Giubileo per il 1300, Roma ritorna ad essere ogni 25 anni il centro del mondo, in un’ansia di ricerca e rinnovamento spirituali che spingono nella città dei papi una quantità impressionante di pellegrini. L’attesa di questa massa di fedeli ha sempre stimolato la ridefinizione dell’immagine urbana nei suoi vari aspetti, non solo religiosi, ma anche funzionali e artistici. E Roma sembra rinascere ogni volta dalle sue crisi, come la fenice, con un aspetto nuovo.

Un evento che precede di poco l’inaugurazione del prossimo Anno Santo è la mostra “Giubileo 2025. Le vie della fede. Testimonianze d’arte e di pensiero”, promossa e organizzata dal Centro Europeo per il Turismo Cultura e Spettacolo presso il Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo (fino al 30 giugno 2024 nelle sale delle Armerie superiori).

1 Allestimento mostra Le vie della fede

L’esposizione, progettata e curata da Mariastella Margozzi (fino a pochi mesi fa direttrice del museo ospitante), con la collaborazione di Stéphane Verger e del cardinale Angelo Comastri, indaga il complesso rapporto tra arte e fede, ripercorrendo l’evoluzione di temi e figure dell’arte sacra (a partire dalle opere più antiche di Vittore Crivelli della fine del Quattrocento, fino ad arrivare al XXI secolo), e lo fa all’interno di un luogo come questo, la cui storia si intreccia strettamente con quella della Chiesa. L’edificio, in effetti, eretto come mausoleo di Adriano nel II secolo d.C., è stato trasformato in una fortezza pontificia, santificata dalla leggendaria apparizione dell’arcangelo Michele nel 590, nel corso di una processione voluta da san Gregorio Magno per chiedere la fine di una terribile pestilenza.

2 Castel Sant’Angelo, Statua di S. Michele nella Sala Biblioteca

Nel catalogo che accompagna la mostra, edito da Gangemi, il card. Comastri nel suo saggio introduttivo evidenzia subito che il motto del Giubileo 2025, scelto da papa Francesco, è “Pellegrini di speranza”. Speranza alla quale dovremmo appigliarci tutti, fedeli e non, in attesa di tempi migliori; del resto è bastato un virus come il covid per sconvolgere le nostre vite e, subito dopo, sono arrivate delle terribili guerre, tuttora in corso, per trasmetterci angoscia e paura per il futuro.

Voglio ricordare a questo punto che, così come l’attuale papa, anche i pontefici che si sono succeduti sul trono di Pietro dopo la Controriforma hanno cercato di imprimere un forte significato sacro alla città e, proprio a Castel Sant’Angelo, si è tenuta nel 2014 la mostra intitolata “I papi della speranza. Arte e religiosità nella Roma del ‘600”, quale segno di omaggio per papa Francesco nel primo anniversario della sua elezione.

Ovviamente non poteva mancare nell’attuale mostra il riferimento alla Speranza, una delle Virtù teologali (insieme a Fede e Carità), in un dipinto del senese Bernardino Mei (1612 – 1676), che è stato scelto come immagine per la quarta di copertina del catalogo (mentre sulla prima è la recente Assunta di Omar Galliani).

3 Bernardino Mei, Allegoria della Speranza

L’Allegoria della Speranza di Bernardino Mei (1656, olio su tela, cm 119 x 158,5 – Siena, Collezione Palazzo Chigi Saracini, proprietà Monte dei Paschi di Siena) raffigura una giovane donna con gli occhi rivolti al cielo, seduta su frammenti marmorei classici e caratterizzata dalla simbolica àncora (che aiuta nei pericoli), dal manto verde e dalle ghirlande di fiori portate da due putti.

Dello stesso Mei è in mostra l’Allegoria della Fede (1656, olio su tela cm 120 x 158,5 – Siena Collezione Palazzo Chigi Saracini), con la data e la sigla del pittore in un’iscrizione, individuata nel restauro del 1982, nel bordo inferiore del libro dipinto sulla sinistra. Oltre al classico attributo della croce, viene seguita sulla figura l’indicazione dall’Iconologia di Cesare Ripa della Penitenza (flagello) insieme ai simboli della Giustizia (bilancia e spada) retti da due putti, in modo da far avverare l’insegnamento morale scritto sul libro, “Fides sine operibus mortua est”, dalla Lettera di San Giacomo apostolo.

4 Bernardino Mei, Allegoria della Fede

Queste due allegorie sono inserite nella prima parte del percorso espositivo dedicata al culto delle immagini sacre, prime fra tutte quelle di Cristo e della Madonna, e poi quelle dei santi e dei martiri, come pure degli angeli. Dal XVI secolo, in seguito al Concilio di Trento (1545-1563), che stabilisce regole e modi della rappresentazione religiosa, si assiste a un rinnovamento dell’iconografia sacra: abbondano gli episodi della vita dei santi che esaltano la vicinanza con Dio e quindi le visioni, le estasi mistiche, le ascensioni al cielo e i cori angelici. La coscienza dei valori definiti dalla Controriforma impone un’arte nuova, potente, capace di capovolgere tutti i canoni preesistenti. E così nel Seicento nasce a Roma l’arte barocca, con artisti del calibro di Gian Lorenzo Bernini, Francesco Borromini e Pietro da Cortona. Grazie alla forza evocativa delle immagini, il Seicento rappresenta nell’arte quell’età dell’oro, della quale parla esplicitamente Giovan Battista Passeri a proposito del pontificato di Urbano VIII Barberini.

Proprio di quel periodo è un dipinto che colpisce la nostra attenzione, Riposo durante la fuga in Egitto” (olio su tela, cm 148 x 267, DYS 44 Lampronty Gallery) di Orazio Gentileschi. Databile tra gli ultimi anni ’20 e gli inizi dei ’30 del Seicento, questa grande tela non è finita e raffigura un tema trattato in almeno sei varianti dal pittore, una delle quali si trova al Kunsthistorisches Museum di Vienna. Vera protagonista è la Vergine che allatta il Bambino, la cui strana posizione sembra ispirata alla stampa tratta dalla Madonna con la gamba lunga di Raffaello. San Giuseppe non assiste alla scena, perché, stravolto dalla stanchezza, si è addormentato su manti e fagotti.

5 Orazio Gentileschi Riposo durante la fuga in Egitto

Un’altra grande tela nella stessa sala, raffigurante Cristo e l’adultera (1650 ca., olio su tela, cm 145 x 183 DYS 44 Lampronty Gallery), è opera di Valerio Castello, un artista genovese considerato uno dei più alti esponenti di un Barocco libero e visionario, creatore di composizioni dinamiche dalle pennellate vibranti. In questo dipinto, in particolare, l’inquadratura ravvicinata provoca nello spettatore un’intensa partecipazione emotiva.

6 Allestimento con a destra Cristo e l’Adultera di Valerio Castello

Una tela di chiara influenza caravaggesca è l’Incredulità di San Tommaso (olio su tela, cm 127 x 173, DYS 44 Lampronty Gallery) di Mattia Preti (1613 – 1699), probabilmente databile al periodo giovanile del grande pittore calabrese che, dopo essere stato a Roma e a Napoli, si trasferì a Malta, dove risiedette negli ultimi 40 anni della sua vita, lavorando per l’Ordine di Malta.

7 Mattia Preti, Incredulità di San Tommaso

Sempre di stampo naturalistico-caravaggesco sono l’intenso Ecce Homo di Bartolomeo Manfredi e il Martirio di San Sebastiano di Rutilio Manetti. Di un pittore anonimo senese del XVII secolo è una Maddalena penitente con teschio, che la Lampronty Gallery di Londra attribuisce a Bernardino Mei. La figura della santa è caratterizzata da una fortissima concentrazione emotiva, con una lacrima sgorgante da un occhio, che “ricorda certa pittura ‘degli affetti’ del Seicento fiorentino, che aveva il suo campione in Carlo Dolci”, come si legge nella scheda del catalogo (firmata M.O.).

8 Bartolomeo Manfredi Ecce Homo olio su tela
9 Pittore toscano seicenteso. Maddalena

Un quadro significativo per la presenza dell’arcangelo Michele, accanto alla Madonna col Bambino e San Giovannino è opera di Francesco Rustici, detto il Rustichino, mentre di Leonello Spada è la Decollazione del Battista. Indubbiamente le opere del Seicento predominano su quelle di altri secoli, quali il Quattrocento (con Vittore Crivelli), il Cinquecento (ricordiamo, in particolare, la presenza di opere di Bartolomeo Passarotti e di Federico Zuccari) mentre è del Settecento Un angelo appare a Santa Teresa d’Avila del bolognese Ubaldo Gandolfi (1728-1781).

10 Leonello Spada, La decollazione del Battista

Le imposizioni iconografiche nate nella temperie culturale riformista hanno traghettato l’arte sacra fino a tutto l’Ottocento e a parte del Novecento, ovvero fino all’epoca moderna, caratterizzata dalla contaminazione con movimenti di pensiero che avevano una propria visione laica del mondo, e quindi anche della rappresentazione sacra.

“Gli artisti della modernità e la rappresentazione religiosa” è il titolo della seconda parte dell’esposizione, che presenta un’opera del napoletano Domenico Morelli, Mater purissima (1878-80), caratterizzata da una sorta di evanescenza, e l’intenso Spasimo (1901) di Gaetano Previati, dal taglio prospettico originale che dà risalto al dolore delle tre Marie, collocate al centro della composizione.

11 Gaetano Previati, Spasimo, 1901
12 Venanzo Crocetti, Bozzetto in bronzo per la Porta dei Sacramenti, Fondazione Crocetti Roma

Questi due pittori moderni approdano entrambi alla ricerca di una profonda e rinnovata spiritualità che si manifesta in maniera ancora più intensa in alcuni artisti della seconda metà del Novecento: vengono evidenziati, in particolare, i sentimenti di angoscia di Mario Sironi, la ieratica serenità di Giacomo Manzù, grande amico di Giovanni XXIII, la religiosa visione di Venanzo Crocetti (autore della Porta dei Sacramenti di San Pietro, della quale è esposto il bozzetto definitivo in bronzo del 1958), quella tempestosa di Pericle Fazzini, lo spirito caustico di Giovanni Hajnal (autore di originali vetrate policrome). Con Omar Galliani (nato nel 1954), unico artista vivente, l’esposizione affronta la rappresentazione contemporanea della comprensione dei misteri della Fede e la loro oggettivazione visiva, sia nell’Assunta del 1998 (pastello blu e pigmento rosso su tavola), scelta come immagine guida, sia in opere precedenti, tra cui Ri-annunciazione di un’Annunciazione del 1976 e nel recentissimo trittico Per Santa Teresa d’Avila (2016 collezione privata).

13 Allestimento con opere del Novecento
14 Omar Galliani Assunta 1998 pastello blu e pigmento rosso su tavola 252×187 cm Collezione privata

Scrive a questo proposito Mariastella Margozzi nel saggio introduttivo:

Ci vorrà la sensibilità verso l’arte e la lungimiranza di papa Paolo VI, negli anni Sessanta del secolo scorso, per ristabilire il rapporto tra Chiesa e artisti ai fini di una nuova, più consapevole, rappresentazione per immagini dell’idea di Chiesa e religione cattolica”.

Se nelle opere più antiche l’aspetto iconico si fonde via via a quello narrativo, necessario per documentare la nascita della Chiesta e i suoi misteri

“in epoche più recenti si arriva – sempre secondo la Margozzi – a una dimensione più storica e terrena, fino a divenire di nuovo, nei lavori contemporanei, raffigurazione sacra intimamente sentita dagli artisti”.

Parallelamente alle opere pittoriche e scultoree, e sempre al fine di evidenziare le tante possibili vie della Fede, la mostra traccia infine nella terza parte, intitolata “L’anelito alla fede. Storie di ricerca di Dio”, i profili di uomini e donne, santi e beati del Novecento, che rappresentano la continua ricerca di Dio da parte dell’umanità. Le loro storie di fede assoluta nella salvezza, vengono sintetizzate attraverso brevi pensieri, esposti in una teca sotto i loro ritratti fotografici. Si tratta di Giovanni Battista Scalabrini, Padre Pio da Pietrelcina, Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein), Suor Faustina Kowalska, Madre Teresa di Calcutta, Chiara Lubich, Karol Wojtyla.

15 Allestimento con teca dedicata ai pensatori

Un’altra teca illustra la ricerca della spiritualità da parte di personaggi della cultura contemporanea (non necessariamente credenti), come necessità di confrontarsi con le prove dell’esistenza di Dio nel mondo e con il mistero della morte. Tra questi sono stati scelti Giovanni Papini, Indro Montanelli, Pier Paolo Pasolini, Abraham Heschel, Jacques Maritain, André Frossard.

Una frase esemplare potrebbe essere questa di Montanelli:

Se devo chiudere gli occhi senza sapere dove vado e cosa sono venuto a fare su questa terra … valeva la pena aprissi gli occhi? La mia è una dichiarazione di fallimento”.

Nica FIORI   Roma  28 Gennaio 2024

“Giubileo 2025. Le vie della fede. Testimonianze d’arte e di pensiero”

Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo, Lungotevere Castello, 50 – Roma

23 gennaio – 30 giugno 2024

Orario: dal martedì alla domenica, dalle ore 9.00 alle ore 19.30 (ultimo ingresso ore 18.30). Chiuso il lunedì.

Info: 066876600-066876448 (tutti i giorni ore 9.00-13.00)

info@centroeuropeoturismo.it

http://castelsantangelo.beniculturali.it/