4000 beni danneggiati tra Umbria, Marche e Lazio. A 4 anni dal terremoto, lo stato dell’arte (venuta giù!)

di Monica LA TORRE

S.Antonio Frascaro dopo la scossa del 30 ottobre

Nel’intervista esclusiva per #aboutartonline, il responsabile per la ricostruzione del beni culturali della regione dell’Umbria, Filippo Battoni, analizza lucidamente cosa non ha funzionato, nella ricostruzione post sisma 2016

Arch. Filipo Battoni

Con i terremoti del 26 agosto, 24 ottobre e 30 ottobre 2016 Umbria, Lazio, Marche e Abruzzo hanno perso un patrimonio inestimabile. E se la prima scossa ha di fatto minato, ma non abbattuto, le mura che avremmo visto venir giù e pianto amaramente neanche un mese dopo, la ferita inferta al patrimonio dagli eventi sismici che si sarebbero ripetuti di lì a poche settimane è ancora aperta, in tutta la sua drammaticità.

4000 beni danneggiati

Dei 4000 beni culturali danneggiati o distrutti nelle 4 regioni (cifra abnorme, che rende la misura della delicatezza di un patrimonio posato sopra un gigante che dorme) troppo pochi quelli ripristinati, o comunque interessati da un cantiere. Colpa di una governance complessa, di una burocrazia lenta, e dei legacci imposti da una normativa sulle opere pubbliche ben diversa da quella elaborata per il sisma del 1997.

«L’angelo dei beni culturali»

Ad entrare nel merito del fatto e non fatto, delle criticità e delle vie di indirizzo approntate per uscirne il prima possibile, Filippo Battoni: l’architetto appellato dalle alte gerarchie ecclesiastiche “l’angelo dei beni culturali”, la cui definizione, rilanciata a mezzo stampa dall’allora presidente del consiglio Matteo Renzi, è rimasta attaccata al funzionario pubblico. È lui, dirigente dell’Ufficio speciale per la ricostruzione delle opere pubbliche e dei beni culturali ed attualmente dirigente ad interim della ricostruzione privata, che ha vissuto in prima linea ben tre terremoti. E ha gestito, con ruoli diversi, le ricostruzioni dello sciame sismico dell’Umbria e delle Marche del 1997, del terremoto dell’Emilia e che purtroppo è dovuto tornare sugli stessi territori nell’appennino umbro marchigiano dopo le scosse del 2016.

Norcia: prima e dopo

«Una situazione unica al mondo»

«Nelle settimane frenetiche tra la prima scossa e le altre due, è successo di tutto. Quando sono venuti giù quei capolavori, è come se avessi perso dei figli. Una tragedia. Una perdita vissuta con rabbia, con amarezza. Quando venne giù San Salvatore mi sentii male. Sì,d’accordo: viviamo in un paese sismico. Ma in nessun’altra parte del mondo tale rischio convive con la nostra ricchezza culturale. Non possiamo far paragoni con paesi come Giappone, o la California. Territori che convivono col terremoto, ma in uno spazio vuoto. Qui, la densità unica del nostro patrimonio va difesa con interventi più coraggiosi e decisi. Se lo avessimo fatto, avremmo salvato molti dei capolavori perduti. Lo dimostra il fatto che le case hanno retto bene, ed i beni culturali sono andati per terra. E questo, non ce lo possiamo più permettere. Dobbiamo avere il coraggio, anche a livello di Soprintendenze, di aprirci ad una ricostruzione più solida, seppure rispettosa del bene. Per questo, il motto della attuale ricostruzione non deve più essere come nel 1997 “Dov’era, com’era”, ma “Dov’era, meglio di come era”».

San Salvatore, scossa 24 agosto 2016
San Salvatore dopo la seconda scossa

Una governance più coerente

«Questa ricostruzione ci ha insegnato che in un’area di territorio così vasta, con un cratere che comprende comuni così grandi, andava replicata una governance analoga a quella adottata per il terremoto del 1997, la cui ricostruzione sbloccò in modo estremamente più rapido e più efficace un gran numero di cantieri: pubblici e privati. In situazioni straordinarie occorrono norme straordinarie, altrimenti non si va da nessuna parte. Attualmente, il Commissario nazionale dipende direttamente dal Presidente del Consiglio dei Ministri, e con lui collaborano i quattro presidenti delle regioni coinvolte dal sisma, vice commissari. Ebbene: ad oggi, a 4 anni della ricostruzione, abbiamo avuto 4 commissari diversi. Ed ogni volta abbiamo dovuto ricominciare da capo. Si sono avvicendati Vasco Errani (PD), Paola De Micheli, attuale ministra dei trasporti, (PD), Piero Farabollini, geologo, (5 Stelle), ed infine l’attuale commissario, Giovanni Lignini (PD). Se pensiamo che nel 1997 ogni regione aveva nel Presidente il suo commissario, con poteri e autonomie ben maggiori, ci rendiamo subito conto di come e perché questa organizzazione abbia portato ad oggi molti problemi».

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Sant’Eutizio, l’abbazia prima terremoto
Sant’Eutizio, primo intervento dopo la scossa del 30 ottobre

Ci sarebbe stato il tempo di salvarli?

«Uno su tutti: con la scossa del 24 agosto, il Lazio ha contato 300 morti: ed i beni culturali erano ancora tutti in piedi. Errani, di conseguenza, ha impostato la sua governance per agevolare ed indirizzare le tante amministrazioni piccole e frammentate, assolutamente non in grado di far fronte a tale emergenza drammatica. A distanza di pochi giorni, con le scosse sismiche del 28 e del 30 ottobre, il cratere si allarga a città grandi, fortemente identitarie, ricche di opere d’arte. Spoleto, Camerino, Tolentino. L’impostazione e gli strumenti in essere causano immediatamente dei problemi di mediazione. Sussistono politiche urbanistiche differenti, esigenze ed emergenze diverse. Sarebbe dovuta incorrere una mediazione e degli strumenti più strutturati, che tenessero conto delle diverse identità, dei governi comunali. Così non è stato. O perlomeno, non all’inizio. E la burocrazia ha fatto il resto, avvitando la ricostruzione su se stessa in modo drammatico».

Sant’Eutzio dopo il 30 ottobre

Le aspettative: lo “Sblocca Italia”

Speriamo che le misure previste dallo “Sblocca Italia”, unite alla volontà del commissario di dare una spinta decisiva ai processi, ci mettano finalmente nelle condizioni di lavorare, di andare avanti in deroga ed al contempo in sicurezza. Perché, ripeto: in situazioni straordinarie servono misure straordinarie: con l’ordinario non si va da nessuna parte. Detto questo, un bravo funzionario è colui che sa applicare le leggi, e si prende suoi rischi. Oggi non si può andare avanti senza il buon senso. La burocrazia, lo ripeto spesso, siamo noi. I bravi funzionari esistono. Sono quelli che, pagati per assumersi le proprie responsabilità, ne prendono atto. E firmano, non fermano».

(FINE PRIMA PARTE)

Monica La TORRE    Foligno 1 agosto 2020