di Marco FIORAMANTI
LE FAVOLETTE DI WITTGENSTEIN
di Giuseppe Manfridi
Scene di Antonella Rebecchini.
Voce narrante di Marcantonio Lucidi
Regia di Paolo Boccaccini
fino al 30 marzo
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La cassetta degli attrezzi
Lo spazio scenico studiato da Antonella Rebecchini mostra alcune sagome a figura umana con l’immagine del filosofo viennese poste intorno a una sedia vuota. Quella sedia rappresenta la sdraio dove tutte le domeniche mattina, circondato dai suoi studenti preferiti, Ludwig Wittgenstein (Vienna, 1889 – Cambridge, 1951) teneva le sue lezioni “non accademiche” nella sua stanza o nell’appartamento di un suo amico all’università di Cambridge.
Era uso andare “a braccio”, senza appunti né testi alla mano. Le sue lezioni erano una sorta di conversazioni, lanciava aneddoti e stimolava gli studenti a possibili nuove soluzioni ai quesiti posti.
Sembra che, in punto di morte, Wittgenstein si fosse rammaricato
per non aver saputo costruire un sistema filosofico composto di sole battute di spirito e giochi di parole.
Da qui nasce l’idea di Giuseppe Manfridi – drammaturgo e sceneggiatore, noto per la sua capacità poetico/affabulatoria – di costruire un “alter ego” del filosofo viennese inserendolo nello stesso contesto, durante le sue lezioni mentre affronta l’irrazionalità del quotidiano alla luce della sua inossidabile razionalità.
Quelle che Manfridi definisce (ironicamente) “favolette” sono, seppur in chiave giocosa, delle vere e proprie “parabole”, in quanto finalizzate a stimolare modi differenti di guardare e considerare la realtà secondo la linea di un insegnamento morale. Obiettivo del filosofo era quello di liberare la mente degli uomini dall’ammaliamento “falso e automatico” del linguaggio tradizionale. Le parole acquistano e cambiano senso a seconda del contesto linguistico in cui sono inserite.
Scrive Wittgenstein nel suo Ricerche filosofiche:
Pensa agli strumenti che si trovano in una cassetta di utensili, c’è un martello, una tenaglia, una sega, un cacciavite, un metro, un pentolino per la colla, la colla, chiodi e viti. – Quanto differenti sono le funzioni di questi oggetti, tanto differenti sono le funzioni delle parole. (E ci sono somiglianze qui e là).


Giuseppe Manfridi, eccelso attore e narratore delle multiformi favole, diventa un altro “sé stesso” del filosofo, ne impersona i gesti, le movenze, perfino le smorfie arrivando con grande efficacia a trasmettere al pubblico con i cosiddetti “giochi linguistici” wittgensteiniani i differenti modi interpretativi della realtà. Uno spettacolo da non perdere.
Marco FIORAMANTI Roma 28 Marzo 2025