di M. Lucrezia VICINI
Vincenzo Camuccini (Roma, 1771- Roma, 1844)

ll dipinto, visibile nella prima sala del Museo, rappresenta l’unica opera certa entrata a far parte della Collezione Spada in epoca ottocentesca, dopo la dispersione cui essa fu soggetta a decorrere dal secolo precedente (1).
E’ menzionato per la prima volta nell’Appendice al Fidecommesso del 1862, dove risulta collocato nella prima sala del Museo e descritto come Ritratto del Cardinale Patrizi del Cav. Camuccini (2). Sempre esposto nella prima sala, dove è rimasto, e con gli stessi dati, è segnalato nella ricognizione inventariale del 1925 di Pietro Poncini, amministratore della famiglia Spada (3), e nella coeva stima di Hermanin che valuta lire 1.500 (4).
Al Camuccini viene pure attribuito dal De Montault (5), Falconieri (6), Porcella (7) e Zeri (8) che ritiene quasi con certezza autografa la scritta Vincentius Camuccini fecit segnata due volte a penna sul legno del telaio.
Il personaggio effigiato, già individuato esattamente da Falconieri (9), è Benedetto Naro (Roma 1744- Roma 1832) e non già Benedetto Naro-Patrizi Montoro, come erroneamente viene citato nelle argomentazioni in suo riguardo.
Gli altri due cognomi Patrizi-Montoro sono da attribuire al fratello del Cardinale, il Marchese Francesco Naro, che li assunse per contratto nuziale a seguito del matrimonio nel 1750 con Porzia, unica figlia ed erede della Famiglia Patrizi, già Chigi Montoro (10).
Nominato da Pio VII prima suo Maggiordomo (1807), poi Cardinale col titolo di San Clemente nel Concistoro del 1816, il Naro ottenne da Leone XII nel 1823, l’Arcipretura della Chiesa di Santa Maria Maggiore, dove era già vicario il prelato Alessandro Spada, che venne riconfermato nella carica proprio dal Naro ( 11).
Fu probabilmente Alessandro Spada (1787-1843), figlio di Giuseppe e di Giacinta Ruspoli dei Principi di Cerveteri, uditore di Sacra Rota nel 1817 per nomina di Pio VII (12), a commissionare il ritratto del Cardinale al Camuccini, quale atto di riconoscenza per l’incarico riconfermato, come suppone anche in una nota scritta Eleonora Villa (13).
La scelta del Camuccini da parte del prelato, o forse anche della sua famiglia, non dovette essere casuale, ma probabilmente legata al fatto che il pittore fosse conoscente comune, sia loro che dello stesso Naro. L’artista esperto di restauro e noto nell’ambiente romano per le cure che dedicava al recupero e alla salvaguardia delle opere d’arte, era stato nominato proprio dal Naro, nel 1809, quando era ancora Maggiordomo di Papa Pio VII, Soprintendente alle pitture dei Palazzi Apostolici. (14). E non a caso, il Camuccini in nota autografa non datata, ringrazia il Cardinale per aver ricevuto da lui alcune cortesie (15).
Con il successivo incarico di Ispettore alle pubbliche pitture di Roma e dello Stato, ricevuto nel 1814 e mantenuto fino al 1843 (16), il pittore ebbe la possibilità di accedere in tutti i luoghi ove si conservavano opere d’arte per verificarne lo stato di conservazione.
L’accesso del pittore presso Palazzo Spada è documentato dal restauro riguardante un dipinto della Collezione di famiglia, raffigurante La morte di Didone, del Guercino, come si legge in minute di lettere autografe del pittore, non datate (17).

Il restauro eseguito forse tra il 1814 e il 1823, periodo in cui il pittore fu particolarmente attivo a Roma, avvalendosi dei restauratori Pietro Palmaroli e Giuseppe Candida (18) fu sicuramente favorito dallo stesso Principe Giuseppe Spada, animato in questi anni da un eccellente spirito di conservazione, al punto di istituire nel 1823 il Fidecommesso per impedire ulteriori dispersioni delle opere e far si che quelle rimaste venissero sottoposte a tutela in base alla Legge Pacca, riproposta dallo Stato Italiano con la Legge dell’8 Luglio 1883 (19).
Frequentazioni del pittore presso la Collezione Spada, sono attestate anche da quattro suoi disegni eseguiti a matita e ad acquarello raffiguranti Mercurio che consegna Bacco alle Ninfe (20), che ripropongono in maniera sorprendente, specie nel nucleo centrale, la scena avente analogo soggetto del dipinto di Giuseppe Chiari esposto nella prima sala del Museo. Altra sua esercitazione a matita ripropone l’allegoria di un fiume tratta da decorazioni in stucco di Palazzo Spada (21).
Il Camuccini, compie gli studi di pittura presso lo studio di Domenico Corvi. Le sue prime opere risentono dello stile del Batoni. Poi un amoroso studio dell’antico e contatti con Canova, Benvenuti e Monti, lo spingono verso quel neoclassicismo del quale resterà uno dei maggiori interpreti italiani(22).
Nel dipinto Spada il Cardinale è raffigurato leggermente tre quarti e in età avanzata, con la beretta in mano e lo sguardo pensoso rivolto in lontananza, illuminato da una calda luce che ne esalta l’espressione acuta e bonaria insieme. Il gioco denso e disinvolto delle pennellate, modulate da tonalità rosate, vivacizza l’impianto misurato della composizione ancora di gusto settecentesco, in cui gli aspetti esteriori, se non la tenda rossa che si apre verso un cielo azzurro, perdono significato per meglio esaltare l’intensità espressiva e la dignità morale del personaggio, dati riscontrabili anche nel Ritratto di Thorswalden dell’Accademia di San Luca e nel Ritratto del figlio a Cantalupo in Sabina

Relativamente alla datazione appare probante quella fissata dallo Hiesinger(23), intorno al 1825 anche in relazione alla nomina dello Spada avvenuta nel 1823.
Maria Lucrezia VICINI Roma 11 Maggio 2025
NOTE