Un’Adorazione dei Magi e una Natura morta inediti riemersi a Padova.

di Francesco CARACCIOLO

Due dipinti inediti scoperti a Padova

In quest’articolo ho il piacere di condividere due dipinti antichi assolutamente inediti che ho ammirato per la prima volta nel centro storico di Padova presso l’antiquario Zotti in Selciato San Nicolò 5 (vicinissimo a Piazza dei Signori).

Intanto la settimana scorsa (il dì 27/09/25) ho avuto la soddisfazione di attribuire il primo dipinto, che a breve condividerò, al cospetto dell’antiquario Pietro Maria Zotti, titolare del negozio di antichità di cui ho appena detto.  Il secondo dipinto è stato visionato dal sottoscritto nella giornata odierna (04/10/25).

Veniamo al primo quadro che raffigura l’Adorazione dei Magi (fig. 1), un delizioso dipinto di scuola veneta del XVIII sec. che ha ricevuto dal sottoscritto una proposta di attribuzione, indicando il nome di Costantino Pasqualotto, detto il Costantini (1681-1755).

Costantino Pasqualotto, Adorazione dei Magi

Tale esponente della scuola vicentina – di cui verrĂ  pubblicata una monografia a cura del sottoscritto che uscirĂ  a breve – è riconoscibile per il suo linguaggio pittorico fresco e arioso che mutua il suo carattere marcatamente rococò da Sebastiano Ricci, in primis, e da Giulio Carpioni. L’artista vicentino si muove inizialmente nel solco della tradizione seicentesca per giungere in seguito a risultati di grande novitĂ  e freschezza: è il maggior pittore dell’incipiente stagione rococò a Vicenza prima dell’arrivo in cittĂ  di Giambattista Tiepolo, vero innovatore della pittura veneta durante il secolo dei lumi. Rispetto alle altre raffigurazioni costantiniane dell’Adorazione dei Magi[1], questa mi appare la piĂą pregevole tra tutte quelle che ho esaminato precedentemente in quanto essa mostra una sovrapposizione di piani in una sorta campo lungo che è un gioco di prospettiva tra le figure in primo piano, San Giuseppe, la Vergine con il Bambinello, i Magi vestiti all’orientale, e lo sfondo in cui compaiono altri quattro personaggi dipinti a monocromo, così evanescenti che paiono quasi trasparenti. Il cielo è terso, cristallino; la capanna, molto rustica, ha una prospettiva sghemba e quasi incombente.

Notevole è la ricchezza cromatica del dipinto in cui predominano i rossi brillanti, i verdi intensi, i rosa, il turchese, l’ocra gialla e il bianco luminosissimo di alcuni dettagli presenti nel quadro, tra cui il vessillo di un bianco molto intenso sorretto dalla fanciulla che compare all’angolo a sinistra.

Tutti e tre i Magi, Gaspare, Melchiorre e Baldassarre, sono accompagnati da piccoli paggi che a loro volta porgono ai loro signori i doni da offrire a Gesù piuttosto che sorreggere il mantello ad uno di loro. Reputo questo nuovo dipinto, assolutamente inedito, di un intenso lirismo e di una grande forza espressiva. Per quanto riguarda la datazione dell’opera, propenderei per assegnare l’opera alla fase media dell’autore, quindi intorno al 1730-35. Il gruppo dei personaggi, assiepati in corrispondenza del margine inferiore del dipinto, si scalano nello spazio dando vita ad una composizione ariosa e vivace, quasi tiepolesca. L’andamento obliquo del tetto della capanna fa convergere lo sguardo verso il re magio con la corona in testa che indossa un magnifico abito verde con la camicia sottostante bianca e il mantello rosa.

Tali dissonanze cromatiche sono tipicissime della maniera veneta, a partire dagli inizi del Cinquecento, e saranno una costante della pittura locale fino ad Hayez nell’Ottocento. La Vergine, che appare di profilo, è di una dolcezza infinita e squisitamente classica. Più defilato appare San Giuseppe, il quale si appoggia ad un bastone e mostra una postura molto composta con le mani una sopra l’altra. Non mancano i tocchi di biacca sulle vesti dei personaggi che sono una costante nella pittura di Costantino. Lo stile adottato qui da Costantino mostra reminiscenze degne dell’arte pittorica di Jacopo Bassano e dei figli, quali Francesco, Gerolamo e Leandro.

Invece il secondo dipinto è stato già attribuito in precedenza ed appare nella sua eccezionalità dopo un restauro recente che ne ha rinvigorito sia la superficie pittorica che il suo supporto. La natura morta con paesaggio e un fagiano misura cm 135 x 107,5 ed è un olio su tela con una splendida cornice intagliata a nastri e volute del XVII sec., quindi pressocché coeva al dipinto. L’opera è assegnata a Margherita Caffi (1647-1710), pittrice cremonese, famosissima per le sue nature morte ricchissime di dettagli e con elementi paesistici oltreché gli inserti di fiori e di frutti. Per molto tempo caduta nell’oblio, l’artista lombarda merita una riscoperta in quanto molto valente nelle sue composizioni nonché famosa alla sua epoca soprattutto per aver lavorato presso gli arciduchi del Tirolo e persino alla corte dei re di Spagna e dei granduchi di Toscana.

Margherita Caffi, Natura morta di fiori con paesaggio e un fagiano

La sua pittura ha un inclito caravaggesco con un riferimento molto puntuale alla pittura nordica. Dal fondo bruno emergono con grande vividezza cascate di fiori colorati, splendidamente variopinti ed eseguiti con una tecnica impeccabile.

La natura morta italiana mostra il suo avviarsi nella Roma degli anni ’90 del Cinquecento con il Maestro di Hartford, pseudonimo che nasce dalla costituzione di un gruppo piuttosto omogeneo di sei tele del medesimo soggetto, studiate nel 1976 da Federico Zeri, il quale attribuì quattro di esse al giovane Caravaggio[2]. Nel frattempo, sono state avanzate altre proposte per attribuire i quadri del maestro di Hartford a Prospero Orsi (C. Whitfield) piuttosto che a Giovanni Mario Gherardi (M. C. Terzaghi).

Ritornando al dipinto della Caffi, aggiungo che le misure con la cornice equivalgono a cm 150 x 122. La passione per la natura morta che possiamo riscontrare nelle tele di Margherita Caffi deriva da una tradizione tutta lombarda che approfondisce siffatta tematica grazie alle prove degli esponenti della famiglia Campi ma anche della pittrice Fede Galizia.

Francesco CARACCIOLO  Vicenza 5 Ottobre 2025

NOTE

[1] Il dipinto misura cm 87 x 67 senza cornice; con cornice cm 105 x 85 (la cornice è ottocentesca).

[2] Bibliografia: F. Moro, Caravaggio Sconosciuto, 2016, pp. 135-137; https://galleriaborghese.beniculturali.it/exhibition/lorigine-della-natura-morta-in-italia-caravaggio-e-il-maestro-hartford/