di M.Lucrezia VICINI
Dopo le interessanti considerazione e le novità su Annibale Carracci riportate dal Prof. Massimo Pulini in Abaut Art il 6 aprile 2025 (cfr https://www.aboutartonline.com/nella-prima-vita-di-annibale-carracci-una-metamorfosi-tra-amici-contadini-e-satiri/ ), ritengo utile far seguire la presentazione del Ritratto di un giovane uomo del Maestro bolognese, oggi visibile nella terza sala della Galleria Spada, al quale, proprio per evidenziarne la tipicità che lo fa rientrare nel menzionato genere delle “teste di carattere” sviluppato dall’Accademia degli Incamminati, dedicai un pomeriggio di studio presso il Museo il 13 giugno 2013.

Il dipinto andrebbe identificato nel Ritratto d’un giovane esposto in una stanza à volta contigua alla sala del Casino di Tivoli, dove il Cardinale Bernardino soleva trascorrere le vacanze estive (1). Non rintracciabile con precisione nell’inventario dei beni mobili del 1759, nel fidecommesso del 1823 va visto in quello elencato nella prima sala del Museo, così descritto: Altra mezza figura simile (di uomo giovane nd.r), abbozzo di Annibale Carracci (2). Anche nell’appendice al fidecommesso del 1862, nella ricognizione inventariale di Pietro Poncini del 1925 e nella coeva stima di Hermanin che valuta lire 10.000, compare esposto in prima sala e descritto sempre come: mezza figura di uomo di Annibale Carracci (3). Dal 1951, in occasione della sistemazione del Museo per la sua riapertura al pubblico da parte di Zeri, risulta esposto in fondo alla terza sala.
I riferimenti inventariali ad Annibale Carracci erano stati ripresi anche dal De Montault (4), seguito oltre che Hermanin, da Porcella (5) e da Longhi (6) che data il dipinto ai primi tempi del suo soggiorno romano. Opinione ribadita da Zeri che di fatto assegna al periodo 1598-1600 e che associa al dipinto presente nella Galleria Borghese raffigurante Ritratto di giovane che ride o giullare che ritiene coevo e di “analoga freschezza e scioltezza” (7). Anche Cavalli (8) attribuisce l’opera ad Annibale Carracci e la considera
un superbo misto fra osservazione diretta e virtuosità pittorica alla veneziana fra Tintoretto e Bassano.
Contrari all’autografia di Annibale Carracci si mostrano il Venturi (9) che definisce “opera di un insignificante imitatore di Michelangelo da Caravaggio”, e Lavagnino (10) che si rifà piuttosto ad Agostino Carracci. Voss (11) Mahon (12) e Posner (13), propendono a loro volta per un’opera secentesca estranea alla cerchia del pittore.
Nella mostra intitolata al pittore a cura di Daniele Benati ed Eugenio Riccòmini, tenutasi a Bologna nel 2006, il dipinto non viene preso in considerazione.
In realtà esso presenta una serie di connotazioni formali che danno ragione alla critica più antica. Gli elementi tipici del bozzetto rimandano in particolare a quei ritratti eseguiti nel corso dell’ultimo decennio del 500, caratterizzati da essenzialità del tratto veloce e compendiario, sobrietà cromatica, l’intenzione di conferire all’immagine una valenza psicologica e insieme una dimensione realistica, come il Giovane che gioca con una scimmia della Galleria degli Uffizi del 1588-1590 circa, nei quali il pittore si avvicina al soggetto in maniera più diretta e spontanea, con pennellate libere e larghe che sciolgono la gamma cromatica. Termine di paragone con l’opera di Annibale resta tuttavia il dipinto con I due bambini che giocano con un gatto del Metropolitan Museun di New York del 1588 circa, il cui volto del bambino, sia pure dai tratti più giovanili, richiama in modo speculare il volto del dipinto Spada.

Annibale nacque a Bologna nel 1560 da Antonio Carracci. Insieme al fratello Agostino e al loro cugino Ludovico, diede avvio alla fondazione, tra il 1585 e il 1588, di una scuola chiamata prima Accademia del Naturale o del Disegno e poi Accademia degli Incamminati o dei Desiderosi, aperta ai problemi dell’arte, della scienza e della letteratura e soprattutto volta a superare l’artificio manieristico tosco romano, come era da loro definito, a favore di un rinnovamento in senso lombardo e naturale.

La riforma assunse un carattere eclettico che mirava a togliere il meglio dai grandi maestri del passato: il disegno da Raffaello, il colore dai veneziani, la grazia dal Correggio e Annibale fu in tal senso il più rappresentativo.
Dopo aver collaborato con Agostino agli affreschi di Palazzo Fava a Bologna, entrambi si recano in viaggio a Parma e a Venezia, dove entrano in contatto con la grande tradizione cinquecentesca. Sono del 1585 le prime sue opere datate, consistenti nelle due pale ispirate direttamente al Correggio, il Battesimo di Cristo in San Gregorio e Siro a Bologna e la Pietà e santi della Galleria Nazionale di Parma. Del 1588 è la Madonna e santi, ora nella Gemaldegalerie di Dresda, dove ai ricordi parmensi si aggiungono le suggestioni delle grandi pale veneziane di Tiziano e Veronese.
Ma è già agli inizi del 1580 che Annibale risulta attivo, esordendo con paesaggi e una serie di ritratti e scene di indirizzo naturalistico che palesano influssi diretti con Bartolomeo Passerotti. Di ascendenza passerottiana sono la Grande Macelleria della Christ Church di Oxford, e la Piccola Macelleria del Forth Worth, Kimbell Art Museum, del 1582-83, e il Mangiafagioli della Galleria Colonna di Roma, del 1584-85.

Alla fine del 1595 e su invito del cardinale Odoardo Farnese, è a Roma con Agostino per dipingere a Palazzo Farnese un camerino con Storie di Ercole e di Ulisse e due anni dopo la volta della Galleria del Palazzo, con i Fasti del padre Alessandro, morto nelle Fiandre nel 1592, caratterizzati da una grande monumentalità di forte richiamo michelangiolesco. Contemporaneamente dipinge le sue ultime pale d’altare, la Natività della Vergine del Louvre, l’Assunta per la cappella Cerasi in Santa Maria del Popolo, e la Pietà, nelle due versioni del Museo di Capodimonte e del Louvre fino a quando non lo colpisce una grave malattia che lo conduce a morte a soli 49 anni, impedendogli di applicarsi perfettamente al lavoro. Per questo motivo fu indotto negli ultimi anni a richiedere la collaborazione dei suoi allievi chiamati a Roma, il Domenichino, l’Albani, Lanfranco. Con il Domenichino eseguì tra il 1604 e il 1605 la Madonna di Loreto, nella chiesa di Sant’Onofrio e la Madonna col Bambino e i Santi Nilo e Bartolomeo nella Abbazia di Grottaferrata.
Morì il 15 luglio 1609 e fu sepolto al Pantheon, secondo i suoi desideri (14).
Nel dipinto Spada l’artista escludendo ogni accenno ambientale o di costume, si concentra solamente sul volto a cui riesce a imprimere un’espressione particolarmente vitale grazie ai virtuosismi pittorici e luministici, e ai giochi formali, come il lieve scarto della testa rispetto al busto, l’incresparsi della fronte sotto la massa ricciuta dei capelli, il sorriso appena accennato e lo sguardo furtivo, rivolto di lato. Vistosi pentimenti emersi a seguito di un restauro eseguito nel 1988, palesano al contrario un busto eretto con la testa in su.
M.Lucrezia VICINI Roma 13 Aprile 2025
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