di Francesco CARACCIOLO
Una commovente raffigurazione del Compianto sul Cristo morto (fig.1) campeggia sulla parete di fondo di un ambiente attiguo alla sagrestia vecchia della chiesa teatina di San Gaetano in Via Altinate a Padova, edificio progettato da Vincenzo Scamozzi, valente architetto vicentino del Cinquecento.


Il Compianto sul Cristo morto (fig. 2) è un affresco inserito in una nicchia, dalla forma arcuata, che suscita enorme emozione non appena si accede in quell’ambiente tutto sommato di piccoli dimensioni con il soffitto a travi lignee di cui la parete di fondo, dirimpetto alla porta d’ingresso, confina con l’odierno vicolo di San Gaetano.
La scena, tratta dai Vangeli canonici, illustra l’episodio della Passione di Cristo in cui Nostro Signore viene deposto dalla Croce ancora sanguinante e disteso sul lenzuolo portato da Giuseppe d’Arimatea. Nella rappresentazione tradizionale del Compianto compaiono, oltre a Gesù, la Vergine Maria, San Giovanni, Giuseppe d’Arimatea, Nicodemo, la Maddalena e le due sorelle della Vergine (Cleofa e Salome).
Dario Varotari, stravolge la consueta iconografia inserendo due angeli che sorreggono le braccia di Nostro Signore e in alto la Madonna con un mantello azzurro e la cuffia bianca: il tema del Cristo morto sorretto dagli angeli (fig. 3) ha conosciuto una vasta diffusione nella pittura veneta del primo Rinascimento (tale iconografia probabilmente è stata diffusa a Venezia da Antonello da Messina che si stabilì in laguna negli anni Settanta del ‘400, si guardi l’esempio della Pietà con tre angeli del Museo Correr).

Dal punto di visto compositivo, l’affresco del Varotari colloca le figure all’interno di una piramide visiva sebbene i due angeli presentino un profilo arcuato che segue l’andamento della nicchia ad arco con una cornice in stucco bianco. I colori sono tenui e in particolare la figura del Cristo morto ricorda per la sua monumentalità le fisionomie dei volti rappresentati dal Romanino (fig. 4), che fu a Padova nel secondo decennio del ‘500 e che sicuramente influenzò la scuola pittorica locale, anche se Varotari entrò in campo tanti decenni più tardi, dopo una formazione presso Paolo Caliari a Verona.

A San Gaetano a Padova (fig. 5) il Varotari vi lavorò negli anni ’80 del Cinquecento durante la campagna decorativa della chiesa teatina voluta da Federico Corner alla fine del secolo.

Il pittore è ancora un punto interrogativo per quanto riguarda gli studi storico-critici poiché il corpus delle sue opere non è stato ancora indagato adeguatamente e mancano studi molto approfonditi sulla sua opera. Sappiamo tuttavia che la sua famiglia era di origini tedesche e che poi i suoi antenati si stabilirono a Verona cambiando il cognome da Varioter in Varotari. L’artista lavorò presso l’abbazia di Praglia e presso la Scuola della Carità a Padova. Fu anche architetto , progettando Villa Emo Capodilista (fig. 6) nei dintorni di Selvazzano Dentro (Padova).

Ebbe come figli due artisti: Alessandro, anch’egli pittore conosciuto con il soprannome di Padovanino e Chiara, abile ritrattista.
Francesco CARACCIOLO, Vicenza, 30 Marzo 2025
Fonti
-
Ridolfi, Le Maraviglie dell’Arte, ovvero Le Vite degli Illustri Pittori veneti e dello Stato, Soc. Multigrafica Ed. Somu, Roma, 1965
-
M. Dal Pozzolo, Pittura Veneta, 24 Ore Cultura, Milano 2004
-
Zuffi, Episodi e personaggi del Vangelo, collana i Dizionari dell’Arte a cura di S. Zuffi, Electa Milano 2002