Tra Mito e Sacro. Al Museo Carlo Bilotti Aranciera di Villa Borghese le opere dalle collezioni capitoline di arte contemporanea (fino al 14 Settembre)

di Gabriele PANDOLFELLI

Aperta a Roma la mostra “Tra Mito e Sacro, opere dalle collezioni capitoline di arte contemporanea” visitabile dal 17 aprile al 14 settembre 2025 al Museo Carlo Bilotti Aranciera di Villa Borghese.

Due parole, Mito e Sacro. Solitamente alludono alla dimensione storica, rituale e spirituale della cultura, nel caso di questa mostra però assumono un’accezione nuova, perché sono al centro dei diversi linguaggi degli artisti contemporanei che ne innovano iconografie e significati. L’idea che ha mosso i curatori Antonia Rita Arconti, Claudio Crescentini e Ileana Pansino è stata quella di mostrare al pubblico come questi temi siano importanti e centrali anche nell’arte contemporanea più recente, attraverso l’esposizione di opere delle collezioni capitoline, della Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e di altre istituzioni.

Fig. 1) Giorgio de Chirico, Orfeo, 1973 ca., olio su tela, Museo Carlo Bilotti

Alcuni di questi lavori (una trentina in tutto tra dipinti, sculture, fotografie e grandi installazioni) provengono dai depositi, per cui la mostra è anche una buona occasione di valorizzazione.

Il binomio, Mito e Sacro, dialoga felicemente non solo con la collezione permanente del Museo Bilotti, l’Orfeo di Giorgio de Chirico ne è il trait d’union (fig.1), ma si accorda anche alla congiuntura storica attuale dell’anno giubilare. Nello specifico il percorso espositivo si sviluppa su due piani e si articola in cinque sezioni tematiche, la cui disposizione purtroppo, non perfettamente riuscita, risulta piuttosto inefficace.

Certamente di grande impatto è il trittico Orestiade di Paola Gandolfi (fig.2), dove in un ampio spazio pittorico frammenti di corpi illustrano il dramma antico che si attualizza attraverso i temi della violenza, della vendetta e della riflessione psicologica.

– Fig. 2) Paola Gandolfi, Orestiade, 1998-1999, olio su tela, Collezioni di arte contemporanea della Sovrintendenza Capitolina, Roma.

Il dipinto Verso il tempio di Salvatore Pulvirenti (fig.3) rivela attraverso una pittura enigmatica la ricerca del sacro all’interno del Sé.

Fig 3 Salvatore Pulvirenti, Verso il tempio, 1999, olio su tela, cm 139×179,5Collezioni di arte contemporanea della Sovrintendenza Capitolina, Roma.©_800
– Fig. 4) Corrado Cagli, L’Angelo, 1958, olio su carta riportata su tela, Collezioni di arte contemporanea della Sovrintendenza Capitolina, Roma.

L’istallazione Cattedrale di Alessandra Tesi, in uno spazio dedicato, consiste in un video metafisico degli interni di Notre Dame a Parigi proiettato su una superfice rifrangente fatta di fili di perline, rendendo un omaggio moderno all’invenzione del Gotico di rendere esile e trasparente l’architettura del luogo di culto. L’arte astratta si presta particolarmente alla rappresentazione del divino che viene suggerito in maniera discreta dall’Angelo di Corrado Cagli (fig. 4). Da segnalare inoltre due opere di Leoncillo (San Sebastiano nero e Taglio rosso) che nobilitano con la sala del ninfeo con la loro concretezza materica.

Una menzione speciale va all’opera Stendardo antico di Sidival Fila (fig.6), frate francescano e artista, che taglia e ricuce brani di tessuto di uno stendardo araldico del Settecento alternandoli a frammenti di specchio, riflettendo sui temi del riuso, della non linearità della storia e della percezione di sé.

– Fig. 5) Sidival Fila, Stendardo antico, 2021, stendardo araldico di fine XVIII secolo dipinto a mano, destrutturato, incollato e cucito con frammenti di specchio, su telaio, Collezione dell’artista

Per quanto riguarda concetti direttamente collegati al mito e al sacro come quelli della morte, del dolore e della sublimazione, le opere più efficaci sono di certo la scultura bronzea Waiting for Godot di Marc Quinn (fig.7) che rappresenta una vanitas contemporanea con ironia macabra, alludendo alla costante dimensione di attesa dell’uomo, e la Maschera del dolore di Adolf Wildt che esprime immane sofferenza e angoscia nel suo autoritratto marmoreo.

Adolfo Wildt
– Fig. 6) Mark Quinn, Waiting for godot, 2006, bronzo patinato, Collezioni di arte contemporanea della Sovrintendenza Capitolina, Roma.

Infine, una sala è dedicata interamente alle opere di Benedetta Bonichi, in particolare To see in the dark. Banchetto di nozze (fig.8) racchiude le varie tematiche emerse nel percorso, abbinando in questa opera-istallazione l’atmosfera della cerimonia all’incombenza della morte; i commensali in festa, infatti, non sono altro che scheletri ai raggi X.

– Fig. 7) Benedetta Bonichi, To see in the dark. Banchetto di nozze, 2002, Collezioni di arte contemporanea della Sovrintendenza Capitolina, Roma.

Il Museo Bilotti, avendo un doppio ingresso, permette in realtà una fruizione della mostra in due sensi a seconda dell’entrata scelta dal visitatore, da qui la scelta di lasciare ampia libertà abolendo il criterio cronologico e privilegiando quello tematico. In conclusione, anche se sul piano museografico non risulta molto convincente, la mostra rappresenta però un’opportunità per godere di opere anche di altissima qualità normalmente non visibili, in un contesto ricco e raffinato come quello del Museo Bilotti.

Gabriele PANDOLFELLI  Roma 27 Aprile 2025