“Theatrum Mundi”, tra magia e moda la “poetica visione” di Antonella Cappuccio alla Casa Museo Boncompagni Ludovisi (fino al 30 Novembre)

di Carla GUIDI*

Personaggi della nostra storia letteraria, tra magia e “moda”, attraverso la poetica visione di Antonella Cappuccio

Antonella Cappuccio, nota per la sua vasta e sensibile produzione pittorica, espone al Museo Boncompagni Ludovisi di Roma fino al 30 novembre 2025, oltre settanta opere che testimoniano il suo legame storico-antropologico, poetico infine, con il teatro e la moda del Costume. Casa Museo Boncompagni Ludovisi, via Boncompagni, 18 – Roma (RM) Tel: +39 06 42824074 – Dal martedì alla domenica ore 9,00 19,30. https://direzionemuseiroma.cultura.gov.it/museo-boncompagni-ludovisi/

FOTO 1 Museo Boncompagni Ludovisi, mostra Cappuccio 2025

La cura della mostra è di Maria Giuseppina Di Monte, direttrice del museo, di Tiziano M. Todi, direttore della Galleria Vittoria di Roma e di Martina Casadio, Storica dell’Arte. Con il patrocinio Fondazione Premio Antonio Biondi, Sofy Gallery e dell’Associazione Caverna di Platone, infine con la collaborazione della Sartoria Farani e del suo Direttore Luigi Piccolo, la mostra vanta un ricco, imperdibile catalogo, con foto e schede tecniche, un lungo saggio critico di Marco Bussagli ed testi di Simona Baldassarre, Assessore alla Cultura, Politiche Giovanili, Pari Opportunità della Regione Lazio, Fabio Canessa, Antonella Cappuccio, Martina Casadio, Maria Giuseppina Di Monte, Katriona Munthe, Tiziano M. Todi.

FOTO 2 – Autoritratto, olio su tela, 2005 cm 120×90

Cominciando dal luogo che ospita la mostra e dalla stesse parole della direttrice del Museo Maria Giuseppina Di Monte, apprendiamo che il futuro della Casa Museo Boncompagni Ludovisi per il costume, la moda e le arti decorative, sarà denso di nuove interessanti proposte, a cominciare proprio dalla mostra in corso –

Antonella Cappuccio condensa in una miscela sorprendente la tecnica, il senso del colore e della decorazione e l’attenzione al dettaglio e all’atmosfera, ma soprattutto a un’idea di corpo che rappresenta il leitmotiv intorno a cui ruota la selezione degli abiti che svolazzano qua e là sulla tela, in un movimento vibrante che le anima come se dovessero, da un momento all’altro, spiccare il volo staccandosi dal supporto e vivere di vita propria. Le tele non sono come i bozzetti eseguiti per la realizzazione dei costumi di scena: sono dipinti autonomi ispirati dagli abiti anziché il contrario, come sarebbe stato prevedibile. Ecco il primo spiazzamento, la prima deroga alla consuetudine. La seconda sta nel fatto che le tele sono state dipinte dopo la realizzazione degli abiti, e di qui il loro fascino derivato dall’autonomia rispetto al modello confezionato e pronto per la messa in scena. La terza caratteristica sta nella singolare scelta di disabitare il vestito, che non è indossato da qualcuno ma è qualcuno: come un’anima senza corpo, fluttuante e volatile, flebile come un respiro e armonica come un canto. (…) Penso sia stata una proposta significativa che inaugura un percorso nuovo e una nuova visione della Casa Museo, il cui obiettivo, voluto e sostenuto dal Direttore Generale Prof. Massimo Osanna e dal Direttore del circuito Castel Sant’ Angelo e Pantheon e dei Musei Statali di Roma, Luca Mercuri, mira a reinterpretare la Casa Museo attraverso il recupero storico-filologico degli spazi facendo rivivere le atmosfere di un tempo anche grazie a mostre e un rinnovato allestimento delle sale del secondo piano dell’edificio, dove la storia dell’alta moda italiana troverà la sua giusta e tanto agognata collocazione.
FOTO 3 Museo Boncompagni Ludovisi, mostra Cappuccio, 2025

Ognuno dei tre curatori, continua ed amplifica questo felice contatto, come per esempio Tiziano M. Todi che sottolinea:

Dall’antica Grecia alla letteratura barocca, passando per Shakespeare e Pirandello, Theatrum Mundi è una metafora che ha attraversato le culture di tutte le epoche: il mondo è il nostro palcoscenico in cui ognuno entra in scena senza sapere se è protagonista o comparsa. La mostra Theatrum Mundi di Antonella Cappuccio trova così il suo palcoscenico a Roma, negli spazi del Museo Boncompagni Ludovisi per le Arti Decorative, il Costume e la Moda del XIX e XX secolo, un luogo che custodisce la storia del costume e della moda italiana del Novecento; al suo interno sono numerosi gli abiti di stilisti e sartorie che hanno tracciano quella che è stata l’evoluzione delle nostre radici culturali, e Antonella Cappuccio entra in dialogo con questo luogo con un’indagine sulla natura dell’abito, esplorando il costume teatrale come un oggetto vivo, creando un percorso e rendendo i costumi di scena protagonisti assoluti, scollegati dai corpi che li hanno abitati, elementi narrativi autonomi, capaci di evocare identità passate e (…) La scelta dei soggetti non è casuale, sono costumi che hanno segnato la storia dello spettacolo italiano e internazionale, costumi che hanno reso iconici i personaggi che hanno rappresentato, protagonisti di grandi rivoluzioni, testimoni delle tensioni estetiche e sociali di un’epoca e tutti realizzati dalla Sartoria Farani, eccellenza italiana nel mondo del costume. Fondata a Roma nel 1962, la sartoria è ancora oggi protagonista di alcuni dei momenti più alti del teatro e del cinema italiano. Da Visconti a Zeffirelli, da Pasolini a Ronconi, la storia del costume passa anche da queste mani sapienti
FOTO 4 La mante polaire, 1997, olio su tela, cm 160×120

Infine Martina Casadio, partendo sempre dal contesto museale, evoca la memoria che ci riguarda tutti, dall’ottica meno plateale ma più intima della Casa, eletta a “palcoscenico del contemporaneo”:

Qui si respira ancora l’atmosfera della dimora privata e si avverte la vocazione pubblica e culturale di uno spazio che da decenni raccoglie, custodisce ed espone testimonianze fondamentali della creatività italiana. Tra gli stucchi e i decori eclettici del villino di inizio Novecento, passato e presente dialogano costantemente. Le collezioni di moda, costume e arti decorative ci raccontano l’evoluzione del gusto, la storia del “vestire” come linguaggio identitario e sociale, ma anche la forza visionaria di quegli artisti e artigiani che hanno fatto della creatività il loro mestiere e la loro vita. Non poteva esserci spazio più adatto per ospitare la mostra di Antonella Cappuccio, artista che ha saputo trasformare l’esperienza del costume teatrale e cinematografico in una narrazione visiva che attraversa secoli di storia dell’arte, letteratura e mito. (…) È un dialogo che si muove su più piani: quello della ricerca estetica (con l’attenzione ai materiali, ai colori e alle tecniche), quello della memoria teatrale (con il rimando agli allestimenti scenici e ai personaggi immortali della letteratura) e quello più intimo della condizione umana, il nostro bisogno di maschere e al tempo stesso il desiderio di verità. Il percorso espositivo non si limita a presentare una sequenza di opere, ma invita a una riflessione sul rapporto tra arte e vita, tra costume e identità, tra memoria e invenzione.
FOTO 5 Lucio, dall’Asino d’oro di Apuleio, 1997, olio su tela, cm 150×100

Non possiamo non fare cenno inoltre al bellissimo testo – a brevi linee poiché la complessità della sua testimonianza è impossibile da riassumere – “I vestiti vuoti” di Katriona Munthe, psicoanalista, https://www.cavernadiplatone.it/ con la quale Antonella Cappuccio è legata da lunga amicizia. Si accenna infatti ad un mondo che ci riguarda, non solo sul palcoscenico, ma nella vita, in cui il “carattere” personale vive nel personaggio, del quale il costume è solo una rappresentazione, mentre l’artista Antonella Cappuccio in questi lavori, sembra averli trascinati via e riproposti animati di vita propria, ma vuoti, ovvero disabitati. A questo proposito cita lo studio e la ricerca di un grande Maestro del comportamento umano, lo psichiatra Claudio Naranjo:

“Applicando a questi dipinti la teoria degli Enneatipi di Claudio Naranjo (le nove strutture tipologiche che possono aprire le porte alla ricerca profonda di una verità ulteriore, un senso d’Essere, ad una integrità psichica) può rivelare le passioni che mascherano e si strutturano sopra di noi proprio come “Costumi” ma che non sono chi siamo davvero!”
FOTO 6  Arleccchino Servitore di due padroni, 2022, olio su tela, cm 120×80

Il lavoro accurato dell’artista, pieno di entusiasmo e facoltà comunicative forti, dense di competenza storica e letteraria delle fonti (verso le quali non mancano appuntamenti originali ma rispettosi della qualità delle forme e della bellezza come rapporto fisiologico proiettivo del corpo) infine attraversa la sottile intercapedine tra mito, sogno ed immaginazione riuscendone vittorioso.

Troviamo queste conferme nella sincera descrizione di se stessa e della sua poetica nel rapporto con le sue scelte artistiche e di lavoro, in una testimonianza davvero emozionante inclusa nel Catalogo della mostra, della quale riportiamo alcuni brani:

Mi sono affacciata giovanissima nel mondo del teatro, del cinema e della televisione. Ero poco più che una ragazzina quando iniziai a studiare costume nelle sartorie di Annamoda e Farani, ma ricordo che mi sentii incredibilmente “adulta” e felice quando divenni assistente personale di due grandi maestri nonché celebri costumisti: Dario Cecchi e Maria Baroni. Il Costume e la Scenografia necessitano di una profonda immersione culturale – storica, estetica, etica e psicologica – per poter realizzare spettacoli di tutte le epoche. Di volta in volta sono indispensabili approfondite documentazioni per sviluppare un rapporto stretto, non solo merceologico e sartoriale ma anche psicologico, con i vari registi e attori. Il dettato delle sceneggiature e le conseguenti interpretazioni di regia impongono un meticoloso studio delle fonti iconografiche fornite dalla Pittura, dalla Scultura e dall’Architettura. Solo successivamente arriva la creazione, la fantasia, la rielaborazione. Quello fu il mio “liceo” e dopo cinque anni trascorsi a fare da assistente, il mondo del lavoro mi spalancò le braccia offrendomi un contratto a tempo indeterminato alla RAI TV come costumista. (…) Il salto alla Pittura si palesò anni dopo come uno scandalo: fu per me una necessità, un’urgenza, un innamoramento prepotente e fatale. Per questo sentimento mi licenziai dalla Rai Tv.
FOTO 7 Papagheno, Il flauto magico, 2022, olio su tela, cm 125×85

Concludendo che la soddisfazione più grande è stata per lei non solo il fatto di aver ricevuto la nomina di Cavaliere, Commendatore e Accademico Pontificio dei Virtuosi al Pantheon, ma soprattutto di aver mantenuto il dono più grande della sua vita, cioè “il desiderio di poesia, di bellezza, di amore”.

Come ho accennato all’inizio, il Catalogo della mostra comprende un lungo ed accurato testo critico, al quale rimandiamo per approfondimenti, di Marco Bussagli dal titolo Il Theatrum Mundi di Antonella Cappuccio di almeno 30 pagine, nel quale esamina l’attività artistica di Antonella in toto, accennando a periodi precedenti e successivi a questo lavoro qui in mostra, dopo averne toccato alcuni punti fondamentali.

FOTO 8 Pierrot, 2022, olio su tela, cm 120×80
Fra la miriade di suggestioni che provengono dalla pittura colta di Antonella Cappuccio, non si può fare a meno di notare che esiste un filo rosso che unisce gli esordi dell’artista di Ischia con le sue opere più recenti: la dimensione teatrale. Come per la gran parte degli artisti che si sono cimentati su questo versante (si pensi a Bernini), anche per Antonella Cappuccio, si tratta di una metafora del mondo nella quale, in questo caso, è la pittura a giocare un ruolo primario perché si può dire che Antonella, nasca come ‘teatrante’, viste le sue prime esperienze in RAI da costumista e scenografa. (…) Da una parte c’è la riproduzione in vitro delle dinamiche del mondo, recitate nell’athanor del palcoscenico e, dall’altra, c’è l’indagine intorno al microcosmo umano e alla sua aspirazione verso una crescita spirituale. Entrambi i percorsi si ritrovano nella grande pittura dell’artista di Ischia che non si lascia sfuggire implicazioni e rimandi dispiegando con assoluta generosità una ricchezza culturale che va di pari passo con una perizia tecnica di rara capacità espressiva. Così, già in questa sintetica cernita di opere presentata per rendere concreto ed esplicito un percorso espositivo che coglie, fior da fiore, le premesse pittoriche di questa nuova impresa artistica, non sarà difficile individuare, fin dall’inizio, la scelta di guardare alla tradizione italiana che vede in Mantegna un primo punto di riferimento. (…) non stupisce che il suo Autoritratto del 2006 lasci il campo libero alla tuta da lavoro dell’artista, vuota, dove sono i colori ad olio, a tempera o quelli acrilici, che l’hanno schizzata, ad essere i protagonisti del racconto, mentre la notazione fisionomica del volto scompare nella delicatezza dello sfondo. (…)
FOTO 9 Polly, L’opera da tre soldi, 2022, cm 120 x 80
È nata così una vera e propria galleria di opere che prendono spunto da testi importanti, dall’antichità alla modernità, come L’asino d’oro di Apuleio o il Don Chisciotte di Cervantes, o la Lettera scarlatta di Nathaniel Hawthorne, oppure il Papageno di Mozart che hanno come primo attore della scena, non il protagonista in carne e ossa, ma il vuoto costume da indossare sul palcoscenico. (…) Antonella, però, non si accontenta mai e il supporto della tela e della tavola non le bastano più per trasformare il teatro in pittura e viceversa. Bisogna che i personaggi escano dalla cornice e prendano volume, appropriandosi dello spazio circostante. Nasce allora la serie Dar corpo ai sogni, dove s’intrecciano spunti da testi teatrali come L’opera da tre soldi, oppure da celebri novelle come Pinocchio, o Il Candido di Voltaire, con rivisitazioni di opere pittoriche, come L’incantatrice di Serpenti di Rousseau, oppure l’Annunciazione di Filippo Lippi o La Madonna del parto di Piero della Francesca. Per far questo, Antonella plasma il gesso e la gommapiuma, come se avesse le mani fatate. Il risultato è di grande suggestione e il teatro è servito, lì davanti ai nostri occhi. L’insofferenza per le formule scontate, poi, le farà fare dietro-front dalla plastica aggettante e dai suoi teatrini si passerà all’ultima serie qui presentata, quella dei RicAmanti, dove la pittura è reinventata a vantaggio di un’arazzeria di nuova generazione, che tiene conto del pop italiano e di Cesare Tacchi, qui gioiosamente interpretato in maniera del tutto originale.
FOTO 10 Pulcinella, 2002, olio su tela, cm 150×100

Non mancherò a questo punto di inserire due link riferiti ad articoli già pubblicati tempo fa del nostro giornale, che vedono Antonella Cappuccio protagonista di queste operazioni e del suo amore per i classici – Il primo è il mio ed il secondo di Sergio Rossi

https://www.aboutartonline.com/con-i-ricamanti-di-antonella-cappuccio-apre-la-stagione-lassociazione-culturale-lavatoio-storica-sede-del-contemporaneo-romano/ 

https://www.aboutartonline.com/sergio-rossi-e-antonella-cappuccio-un-critico-unartista-e-i-loro-cari-maestri-del-passato/

Concludono il catalogo i testi di Fabio Canessa “Dar corpo ai sogni”, di Luigi Canali Presidente della Fondazione Premio Antoni Biondi, e infine di Simona Baldassarre Assessore alla Cultura Politiche Giovanili Pari Opportunità della Regione Lazio.

Carla GUIDI  Roma 2 Novembre 2025

*Le foto dell’articolo sono di © Corrado de Grazia