“Tempo di Rinascita – Scenari, idee, progettualità”, un confronto in streaming per l’arte ai tempi, e dopo, il Covid-19

di Eleonora PERSICHETTI

L’arte del prossimo futuro sarà un’arte in presenza, pubblica, sociale, partecipativa, che non dimentica lo sviluppo digitale, ma che dovrà affrontarlo  sfruttando tecnologie esistenti, e dove lo stesso digitale saprà costituirsi  come materiale di creazione artistica. E mentre il collezionismo chiede un recupero del rapporto umano,  gli artisti ripartono dalla bellezza per salvare il mondo, si affermano realtà nate per tutelare i lavoratori del settore e i non-luoghi si candidano a diventare i prossimi musei.

Esperti di settore hanno fatto il punto nell’ambito della rassegna  di conferenze digitali Tempo di Rinascita – Scenari, idee, progettualità’, ideata dall’agenzia di comunicazione DOC-COM per riflettere a più voci sul mondo che sta cambiando. A confrontarsi sul tema: il professore Stefano Monti, partner del gruppo Monti&Taft; Stefano Baia Curioni, direttore della Fondazione Palazzo Te, professore associato al dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Università Bocconi di Milano; Simona Gavioli, critico d’arte, curatore indipendente, direttore della fiera di arte emergente BOOMing di Bologna; Tommaso Tisot, collezionista, avvocato esperto in diritto dell’arte e presidente di Professional Trust Company; Massimiliano Pelletti, artista e scultore; Daniela Furlani, presidente di Doc Creativity, la cooperativa parte della Rete Doc, che riunisce i professionisti del settore; Stefano Gris, architetto partner dello studio Gris+Dainese, specializzato nella progettazione di spazi museali.

Monti ha sottolineato in particolare la necessità di partire dall’uso di tecnologie e strumenti già conosciuti e a disposizione, ma ancora poco o quasi affatto utilizzati. Secondo una ricerca condotta da Monti&Taft, infatti, il 31% dei musei non ha neanche un profilo social, il 48% non ha un sito mobile-friendly e il 53% non ha un sito web esclusivo. Le percentuali salgono se ci si posta verso strumenti come il CRM informatizzato, non presente nel 64% dei musei, il sistema di e-ticketing, che risulta assente nell’80% dei casi, arrivando addirittura al 91% dei musei che non sono dotati di un sistema automatizzato a supporto dell’e-commerce.

Suggestivo l’intervento del professor Stefano Baia Curioni, direttore della Fondazione Palazzo Te:

«Ha fatto molto discutere la provocazione del direttore di Art Basel Marc Spiegler, che ha agitato lo spettro di una sorta di Amazon Art per sostenere la ripresa. Credo invece che la svolta per uscire dall’impasse in cui la pandemia ci ha lasciati sia proprio in una nuova modalità di entrare in contatto con le opere d’arte, un nuovo modo di immaginare la presenza».

Il direttore ha portato l’esperienza della Scuola Palazzo Te durante i mesi di lockdown:

«Girare per il Palazzo vuoto è stata toccante e mi ha portato a riflettere su come ci prepariamo di nuovo alla presenza. Investire sulla qualità della presenza diventa quindi il tema della ripresa, una presenza che significa saper stare nel tempo, in un determinato istante, e che così diventa dono».

Simona Gavioli, critico d’arte, guarda all’arte urbana come a quella più necessaria e precorribile in questo momento storico.

«Pensavo in questi giorni a Baudelaire che, ne Il Pittore della vita moderna racconta come la modernità sia contaminazione e consapevolezza che l’arte debba abbandonare l’aureo isolamento e l’artista diventare uomo della folla, flâneur. In questo momento più che mai, abbiamo la necessità di far emergere una nuova e rigenerata idea di opera d’arte, una nuova idea di arte pubblica e di arte urbana. È necessario ripensare una rilettura dell’opera che coinvolga sempre più persone, in presenza. Come ad esempio accade nel progetto Without Frontiers, Lunetta a Colori che ogni anno coinvolge oltre 50 street artist, associazioni e istituzioni nel territorio di Mantova. In questo periodo non solo l’artista ha incarnato questa figura baudelairiana, ma anche ogni cittadino, che dopo settimane di clausura forzata, è diventato osservatore di particolari, ha imparato ad analizzare e valorizzare il quotidiano. Una delle opportunità che ci ha dato il lockdown è stato toccare come mano situazioni in cui l’arte è tornata ad avere la sua funzione sociale, partecipativa e inclusiva nello spazio pubblico. Secondo me è questa la direzione sulla quale muoversi verso il futuro».

Le nuove frontiere del collezionismo guardano oltre la digitalizzazione, necessaria, ma non sufficiente, secondo Tommaso Tisot, collezionista

«Sono convinto che bisogna riportare l’arte in galleria, in strada, a contatto con le persone. La digitalizzazione non basta. C’è bisogno di una maggiore e rinnovata umanità, anche per dialogare con i più giovani che subiscono un approccio difficoltoso e poco coinvolgente alle stanze dell’arte.

E il futuro dei luoghi dell’arte? Per creare nuove opportunità di fruizione bisognerà anche portare l’arte in territori inesplorati.

È quello che sostiene l’architetto Stefano Gris, partner dello studio Gris+Dainese, specializzato nella progettazione di spazi museali.

«Quegli spazi finora immaginati come non-luoghi possano diventare aree dedicate alla fruizione artistica. Il nostro obiettivo – ha spiegato Gris – è creare uno spazio in cui il racconto che metteremo in scena spingerà il fruitore a riflettere su temi che si sviluppano a livello globale. Dove andranno quindi nei mesi a venire la cultura, l’arte e i musei? Andranno a occupare anche quegli spazi che, avendo un passaggio elevato di persone, è auspicabile possano assumere le sembianze di luoghi dedicati alla cultura.

di Eleonora PERSICHETTI    Roma 5 luglio 2020