Stona la regia, ma il pubblico applaude l’Idomeneo mozartiano al suo ritorno al Teatro dell’Opera di Roma.

di Claudio LISTANTI

Mancava a Roma dal 1983. Di buon livello la parte musicale guidata da Michele Mariotti. Perplessità per la regia di Robert Carsen. Valida la compagnia di canta nella quale si è distinto il tenore Charles Workman nel ruolo del titolo. Buona prova dell’Orchestra del Teatro dell’Opera e del Coro diretto da Roberto Gabbiani. Numerosi applausi al termine della recita.

Un buon successo di pubblico ha salutato l’esecuzione al Teatro dell’Opera di Roma del capolavoro di Wolfgang Amadeus Mozart, Idomeneo Re di Creta affidato alla direzione d’orchestra di Michele Mariotti ed alla regia di Robert Carsen.

Innanzi tutto vogliamo lodare sotto tutti gli aspetti la scelta della Direzione Artistica del Teatro dell’Opera di inserire questo capolavoro nell’ambito della stagione 2018-2019. Tale decisione rende certamente giustizia a questa splendida opera che a dispetto dell’indiscutibile valore musicale è purtroppo, ovunque, poco eseguita. Qui a Roma, nella gloriosa storia del Teatro Costanzi/Opera di Roma è stata eseguita, prima delle recite di questi giorni, solamente nel gennaio 1983. Tale condizione si verifica anche al di fuori della nostra città ed è un fatto veramente strano perché Idomeneo Re di Creta è senza dubbio opera stimata sia dalla critica che dagli storiografi musicali, dai valori artistici sicuramente incontrovertibili, che ottiene, quando ascoltata, un incondizionato gradimento anche da parte del pubblico che solitamente gremisce i teatri nei quali si esegue.

Fig. 1 Una immagine di Wolfgang Amadeus Mozart

Scritta da Mozart nel 1780 su libretto di Giambattista Varesco, cappellano di corte dell’arcivescovo di Salisburgo, che prese ispirazione dal dramma Idoménée di Antoine Danchet, un libretto che il francese André Campra musicò, nel 1712, per Parigi. Commissionato dal Principe Elettore Karl Theodor per la stagione di Carnevale andò in scena il 29 gennaio 1781 presso il Teatro Cuvilliés di Monaco di Baviera. Qualche anno dopo, nel 1786, Idomeneo venne ripreso a Vienna, grazie ad un’esecuzione in forma di concerto, nel palazzo del principe Karl Auersperg. Per l’occasione Mozart apportò dei cambiamenti, il più importante dei quali è costituito dal fatto che trascrisse la parte di Idamante per tenore dall’originale per castrato.

L’opera ebbe un deciso successo ma le sue fortune durarono fino ai primi anni dell’800 per cadere in un ingiusto e immeritato oblio che terminò nei primi anni del ‘900 grazie a versioni il più delle volte rielaborate. Solo a partire dal secondo dopoguerra, con la riscoperta dell’opera seria settecentesca, Idomeneo è stato rappresentato con frequenza sempre maggiore nei principali teatri del mondo, in edizioni fedeli agli originali di Monaco e di Vienna.

L’opera possiede un valore musicale immenso. Collocata più o meno a metà dell’attività compositiva di Mozart può essere considerato un vero e proprio spartiacque tra la giovinezza e la maturità del compositore salisburghese, evento propedeutico ai grandi capolavori che, pur se di genere diverso, conclusero alla grande la parabola operistica di Mozart: la cosiddetta trilogia e Da Ponte e Die Zauberflöte.

Fig. 2 Il soprano Adriana Ferfecka (Ilia) in un momento del primo atto di Idomeneo. © Yasuko Kageyama

Con Idomeneo Mozart riesce a condensare varie esperienze che caratterizzarono gli anni precedenti nel campo del teatro in musica. In particolar modo risente dell’influenza di Gluck e della sua riforma, soprattutto per il ruolo fondamentale del coro nello sviluppo della trama e dell’utilizzo particolarmente espressivo del recitativo accompagnato. Ma questi elementi stilistici non impedirono a Mozart di fare anche tesoro di quanto l’opera italiana aveva insegnato nell’utilizzo delle arie in funzione drammaturgica. Miscelando queste esperienze, anche procedendo ad una sperimentazione stilistica, Mozart riesce ad ottenere una efficace differenziazione dei personaggi, non solo per i ‘solisti’ ma anche per quelli di ‘insieme’ (Coro di popolo e soldati) evidenziandone per ognuno lo stato d’animo ma anche la condizione ‘psicologica’ interna rendendoli del tutto credibili ed affascinanti, determinanti per l’intelligibilità dell’azione. Idomeneo risulta all’ascolto opera monumentale, massiccia del senso di robustezza espressiva, rafforzata anche da pezzi d’insieme di notevole intensità (terzetto del secondo atto e quartetto del terzo) strumenti che mettono in risalto contrasti e affetti per rendere l’azione incalzante e coinvolgente.

Questa partitura, arricchita anche da eleganti numeri di Danza, possiede una strumentazione particolarmente raffinata favorita dal fatto che l’orchestra disponibile a Monaco per la prima assoluta era giudicata all’epoca la migliore d’Europa, elemento che ha stimolato l’abilità compositiva di Mozart regalando particolare spessore ed eleganza alla sezione dei legni e degli ottoni ed estrarre dall’orchestra straordinarie sonorità raffinate e coinvolgenti. Per tutte queste caratteristiche Idomeneo resta un’opera fondamentale, soprattutto per la sua teatralità che in un certo senso guarda al futuro per i suoi evidenti connotati di ‘dramma in musica’ che sarà finalità assoluta per i compositori che animarono l’opera lirica italiana per tutto l’800.

Fig. 3 Adriana Ferfecka (Ilia), Joel Prieto (Idamante), Miah Persson (Elettra) e Charles Workman (Idomeneo) nel quartetto del terzo atto di Idomeneo © Yasuko Kageyama

In estrema sintesi, l’azione di Idomeneo Re di Creta si volge nel periodo storico corrispondente alla fine della Guerra di Troia, nel momento in cui gli eserciti stavano tornando in patria. Idomeneo, nel suo ritorno, è sorpreso da una tempesta marina nella quale teme di soccombere. Per impedire ciò fa voto a Nettuno di sacrificare il primo che incontrerà al momento dello sbarco a Creta. La sorte però gli fa incontrare per primo suo figlio Idamante, che in patria sostituisce il padre. E’ innamorato, ricambiato, di Ilia, principessa troiana rifugiata a Creta. Nell’isola c’è anche Elettra, figlia di Agamennone, sua rivale in amore. Idomeneo, terrorizzato dal voto fatto, cerca un modo di salvare il figlio. Con il contributo del suo confidente Arbace, per neutralizzare gli effetti di quanto promesso a Nettuno, decide di far partire Idamante assieme ad Elettra; fuga favorita anche dalle lusinghe amorose della donna. Nettuno scatena una tempesta che terrorizza tutti ed impedisce la partenza dei due. Il sacrificio di Idamante sembra inevitabile anche se Ilia cerca di sostituirsi all’amato. Quando tutto sembra finire interviene Nettuno che neutralizza il voto di Idomeneo. Idamante sarà salvo ma il re, suo padre, dovrà cedergli lo scettro. Elettra fugge ed il lieto fine trionfa.

Per quanto riguarda la costruzione dello spettacolo Robert Carsen ha abbandonato l’ambientazione originale del XII secolo A.C. per fare un lungo salto fino ai giorni nostri evocando il dramma dell’immigrazione e dei rifugiati costretti a trasmigrare a causa della ferocia della guerra e degli spietati effetti che il liberismo economico produce sui popoli di tutta la terra. Soluzione alquanto prevedibile vista la smania dei registi di oggi di attualizzare i contenuti delle varie opere liriche anche a costo di forzature su testi originali che, autonomamente, sono di per sé capolavori inossidabili in quanto prodotti da artisti geniali.

Fig. 4 Joel Prieto (Idamante) e Charles Workman (Idomeneo) nel terzo atto. © Yasuko Kageyama

Ovviamente la scena dall’originale si spostava su una di quelle spiagge teatro delle tragedie dell’immigrazione, proprio come le vediamo in televisione ogni giorno. C’è però una specie di militarizzazione perché i cretesi sono immaginati tutti facenti parte di un esercito, producendo l’effetto di appiattire l’elemento narrativo dell’opera. Sa Segnalare, per questa scelta, il contributo offerto dalla Comunità di Sant’Egidio consistente nel mettere a disposizione persone appartenenti alla propria organizzazione per i ruoli di ‘comparsa’, operazione rivelatasi particolarmente efficace per la realizzazione scenica ma anche per favorire quella auspicata ‘integrazione’ che porti risvolti sociali favorevoli per la gestione di questo fenomeno che caratterizza, drammaticamente, i nostri giorni.

Erano quindi abbandonati quegli elementi di classicità che la trama originale evoca. Un ‘voto’ come quello di Idomeneo ha un effetto particolarmente efficace se si conserva l’ambientazione prevista ma perde di significato, a nostro giudizio, se la si inserisce in un contesto attuale come prima citato. Inoltre si va incontro a delle forzature come la fuga di Idamante ed Elettra effettuata tramite un gommone che ha dato dei risvolti al limite del grottesco. Non vogliamo certo dire che un’opera come Idomeneo debba rappresentarsi con gli stessi stilemi dell’epoca di Mozart ma le modernizzazioni sono certo possibili, ed auspicabili, lasciando intatto però i contenuti e lo spirito originale del creatore.

Ci dispiace dire questo perché Robert Carsen dimostra di essere regista di gran classe come dimostrano le numerose scene d’insieme presenti nell’opera dove tutti i movimenti sono calibrati ed evidentemente facenti parte di un meccanismo perfettamente oliato per essere teatralmente incisivi senza dimenticare anche la cura prestata per i movimenti dei singoli personaggi che, ovviamente, agiscono nell’ambito della sua particolare visione.

Fig. 5 Miah Persson (Elettra) in un momento di Idomeneo. © Yasuko Kageyama

La parte visiva dello spettacolo ruotava intorno a questa concezione. Carsen ha curato anche le scene assieme a Luis F. Carvalho che ha curato i costumi e le luci con la collaborazione Peter Van Praet. Nell’economia dello spettacolo importante era la parte video affidata a Will Duke con i movimenti coreografici di Marco Berriel. Il tutto è risultato felicemente omogeneo e funzionale con la visione di Carsen offrendo uno spettacolo, da questo punto di vista, godibile con momenti particolarmente suggestivi che abbinavano le spiagge all’orizzonte marino che si incontra con il cielo tempestoso.

La parte musicale è risultata senz’altro valida sotto tutti gli aspetti, come raramente accade. Il merito principale è da attribuire indiscutibilmente a Michele Mariotti, direttore di grande esperienza anche se ancora giovane. Ha prestato particolare cura a tutte le componenti di questa difficile partitura a partire dalla parte vocale preparando con dedizione la realizzazione dei recitativi che, come detto prima, hanno in quest’opera notevole importanza drammaturgica così come le linee vocali di ognuno dei protagonisti. Buoni anche i tempi adottati e le dinamiche dei suoni che hanno reso l’ascolto particolarmente coinvolgente e, a tratti, entusiasmante, esaltando al meglio quelle raffinatezze orchestrali che la partitura contiene. Di grande efficacia anche gli interventi del coro sempre puntuali nel sottolineare il ruolo teatrale a lui affidato. Il tutto grazie all’Orchestra del Teatro dell’Opera ed al Coro sempre magistralmente diretto da Roberto Gabbiani. Purtroppo l’esecuzione presentava l’inspiegabile taglio delle due arie di Arbace e della parte ballettistica, di grande pregio in questa partitura. Non sappiamo se la scelta è prettamente musicale, quindi da attribuire a Mariotti oppure registica imposta da Carsen che in altre occasioni è stato autore di operazioni simili. Troppo spesso le cospicue parti danzate presenti in alcune opere vengono espunte dalle esecuzioni di oggi anche se effettuate in luoghi, come l’Opera di Roma, dove c’è a disposizione una valida compagnia di balletto. Dimostrazione di una inspiegabile idiosincrasia verso una forma d’arte, la Danza appunto, che merita di essere alla pari con le altre che compongono la variegata struttura di molte opere liriche.

Fig. 6 il tenore Charles Workman (Idomeneo) in un momento del primo atto. © Yasuko Kageyama

Concludiamo con la compagnia di canto rivelatasi anch’essa elemento determinante per la riuscita musicale dello spettacolo ricordando che ci riferiamo alla recita di giovedì 14 novembre. Il tenore americano Charles Workman è stato del tutto convincente nella difficile parte di Idomeneo mettendo in evidenza un timbro ed una tecnica adatta alla linea di canto del personaggio, realizzata con una discreta pronuncia italiana e con un volume di voce di notevole qualità e quantità, potente quando necessario ed autorevole scenicamente, a suo agio con gli abbellimenti previsti per il suo ruolo. Per lui un buon successo personale. L’altro tenore, Joel Prieto, ci ha offerto un Idamante dai giusti fremiti giovanili; dotato di una voce fresca e precisa è riuscito a dare giusto impulso al suo personaggio.

Il soprano Adriana Ferfecka ha interpretato la parte di Ilia; è una cantante ancora giovane in possesso di una interessante linea di canto utile in questo caso per i fremiti giovanili del personaggio ma ha mostrato qualche imperfezione nell’emissione degli acuti elemento che, con l’esperienza e le sue caratteristiche vocali, può in futuro migliorare. Il soprano svedese Miah Persson ci ha dato una Elettra convincente non solo per la presenza scenica utile a caratterizzare il ruolo di ‘rivale’ in amore ma anche per una vocalità rivelatasi efficacemente calda e sensuale.

Negli altri ruoli il tenore romano Alessandro Luciano ha confermato interpretando Arbace le doti dimostrate in questi ultimi anni soffrendo però la mancanza delle due arie a lui destinate che avrebbero potuto mettere in risalto le sue qualità. Oliver Johnston è stato un efficace Gran Sacerdote assieme a Andrii Ganchuck bravo nella brevissima e significativa parte de La Voce ricordando che fa parte del progetto ‘Fabbrica’ Young Artist Program del Teatro dell’Opera di Roma.

Fig. 7 Joel Prieto (Idamante) e Charles Workman (Idomeneo) nel secondo atto di Idomeneo. © Yasuko Kageyama

La recita è stata salutata al termine di lunghi e decisi applausi dal numeroso pubblico affluito in teatro per assistere all’esecuzione di Idomeneo, capolavoro troppo spesso dimenticato.

Claudio LISTANTI    Roma 22 novembre 2019