di Francesco PETRUCCI
Ariccia: riemergono resti del Forum Aricinum sullâAppia Antica
Recentemente, in occasione dei lavori di allargamento dello svincolo tra via di Mezzo e via del Crocifisso con lâAppia Antica, nella valle di Ariccia (Vallericcia), sono venuti alla luce resti di fabbriche e manufatti da mettere in relazione con il foro di Aricia, insigne cittĂ latina e poi municipio romano che diede i natali alla famiglia materna di Augusto, gli Azii.[1]
Tali ritrovamenti, emersi in un piccolo tratto praticamente inesplorato per la presenza di un manufatto rustico poi demolito, rivestono un notevole interesse finalizzato alla conoscenza della topografia della zona, integrando la dettagliata analisi di Manlio Lilli confluita nel suo volume del 2002.[2]
Gli scavi, eseguiti dallâimpresa appaltante sotto la direzione della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per lâarea Metropolitana di Roma, a ridosso dellâantica strada consolare, hanno fatto riemergere il basamento di costruzioni di etĂ tardo repubblicana (I sec. d.C. circa), con murature in opera incerta, opera pseudo-reticolata e blocchi in opera quadrata (fig. 1).

Sono ricomparsi anche due diverticoli dellâAppia Antica, uno trasversale, lâaltro in direzione parallela, con tratti del caratteristico basolato in selce della strade romane, che per la loro limitata larghezza dovevano essere di servizio interno al fondo (fig. 2).

Sono visibili anche due piccoli archi in muratura – uno perpendicolare allâAppia, lâaltro parallelo -, di epoca imprecisata e sicuramente successiva (XVI-XVIII secolo), che davano accesso ad ambienti sotterranei, forse per il ricovero di attrezzi o prodotti agricoli.
Si tratta di unâarea limitrofa allâAppia Antica non toccata dalle campagne di scavo archeologico che interessarono la vallata tra XVIII e XIX secolo,[3] dato che nel sito era presente una vecchia costruzione rurale con pianta ad âLâ, formante angolo tra via di Mezzo e lâAppia, parzialmente crollata a seguito di un incidente stradale nel 2018 e poi demolita. Tale manufatto compare nella mappa catastale  di Ariccia del 1819 e in successive planimetrie, compresa la pianta archeologica del Florescu del 1925 (figg. 3, 4, 5).[4]




Adiacente allo scavo è presente un maestoso arco in muratura a blocchi lavorati di peperino, sovrastato da fastigio a volute con cippo piramidale datato 1708, recante sul fregio lâiscrizione âIOANES ANTONIVS DE MATTEISâ, che documenta la proprietĂ del capitano Giovanni Antonio Mattei, priore di Ariccia nel 1704 (fig. 6).[5]
Nella seconda metĂ del â700 la vigna, âpiantata tutta sopra antiche rovineâ, apparteneva al Barone dâAste, come ricordava lo storico locale Emmanuele Lucidi nel 1796. Qui era stata ritrovata nel 1779 una lapide con iscrizione, cui era annesso un bassorilievo con due consoli e due figure stanti di barbari, riferita alla Gens Valeria, probabile antica proprietaria del fondo.[6]
Mentre nel tratto precedente dellâAppia Antica scendendo a valle dalla cosiddetta âTomba degli Orazio e Curiaziâ nel territorio di Albano, probabile Sepolcro di Marco Azio Balbo come ho cercato di dimostrare (fig. 7),[7] sono presenti varie tombe ed edifici sepolcrali, subito dopo la prima Porta Urbica di accesso al Forum Aricinum, prossima allâarea oggetto di scavo, sorgevano edifici a destinazione pubblica, religiosa e di accoglienza.


Di tale perduta Porta Urbica, âdirimpetto alla porta del Parchettoâ, parla il Lucidi, osservando che allâepoca se ne conservavano solo lunghi blocchi di peperino. Lâaltra porta di accesso al Foro, piĂš avanti nella valle verso Genzano, nota come âBasto del Diavoloâ, è ancora conservata, sebbene parzialmente e inspiegabilmente interrata, dato che sottoterra ancora è presente la pavimentazione della strada consolare, come mostra una vecchia foto (fig. 8).[8]
Le fondazioni dei manufatti rinvenuti nello scavo individuano piccoli ambienti rettangolari e contigui, posti parallelamente allâAppia Antica, forse riferibili a Tabernae o negozi a destinazione commerciale per il passaggio dei viandanti, che dovevano essere tipologicamente simili a quelli dei Mercati Traianei. Potevano anche esserci strutture funzionali al cambio dei cavalli o comunque unâarea di servizio, tipo Casa del Viaggiatore, trovandosi allâingresso nel Foro.

Infatti esattamente in questa zona, a pochi metri dal vicino portale del âParchetto Savelliâ (a sinistra scendendo nella valle, oggi sommerso dalla vegetazione), fu rinvenuto nel 1891 il XVI miliario della via Appia risalente ai tempi di Massenzio – come registrò il Lanciani -, che fu portato subito dopo nel Parco Chigi, ove ancora si trova (fig. 9).[9]
Ad Aricia, proprio in questo punto, câera infatti il primo cambio di cavalli da Roma, prima Statio della Regina Viarum, e dovevano sorgere osterie, stazioni di posta e servizi al viaggiatore.
Tra questi il celebre Hospitio modico ricordato da Orazio nel suo viaggio da Roma a Brindisi (Satire, lib. I, V, 35 a.C.), ove si fermò a dormire con il dotto retore greco Eliodoro, poi identificato con la cosiddetta Osteriaccia, poco piĂš avanti lungo lâAppia.
Francesco PETRUCCIÂ Ariccia, 20 gennaio 2020
NOTE
