Sir Winston Leonard Spencer Churchill. Non solo un politico, la storia poco nota di un valente pittore

di Mario URSINO

Chartwell House e Winston Churchill pittore  

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Sir Winston Leonard Spencer Churchill (1874-1965) [fig. 1], come è noto, è stato il personaggio politico più importante nel governo imperiale di Sua Maestà Britannica tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento. Storico, giornalista, militare, ha ricoperto i più alti incarichi nella storia dell’Inghilterra, soprattutto durante la Seconda Guerra Mondiale, nel momento in cui la sua Nazione stava per essere travolta dalla furia nazista, trovando la forza di incitare gli inglesi a resistere, sia pure con “lacrime, sudore e sangue”, secondo le sue stesse famose parole, pronunciate nel suo discorso da Primo Ministro alla Camera dei Comuni il 13 maggio 1940, trasmesso successivamente dalla BBC al popolo inglese nel momento più drammatico della guerra. E, come sappiamo, ne uscì vincitore.

Ma la figura di questo aristocratico, discendente da una delle più antiche famiglie britanniche, i Duchi di Marlborough, nato nel monumentale settecentesco Blenheim Palace [fig. 2] a Woodstok nell’Oxfordshire,

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è immagine di un personaggio intellettualmente vitalissimo, lettore instancabile, e autore di testi famosi, basti citare il suo più noto testo (ormai un classico della storiografia), La Seconda Guerra Mondiale, in sei volumi editi tra il 1948 e il 1953, l’anno in cui gli fu assegnato il Premio Nobel  per la letteratura;  purtroppo egli soffriva di gravi crisi depressive, come ha scritto il giornalista britannico, ex direttore del Times, William Rees-Mogg, nel suo articolo del 2007, “Portrait of the artist with black dog”, ovvero che nella sua vita ha dovuto subire il “cane nero” della depressione. Per tale motivo, all’inizio della Prima Guerra Mondiale, nel 1915, Churchill si dimise da Primo Lord dell’Ammiragliato per la sconfitta della famosa Campagna di Gallipoli contro i Turchi per il controllo dei Dardanelli, ma non per questo si allontanò dai suoi impegni politico-militari, e restò comunque nel Consiglio di Guerra. La sua lunga storia politico-militare è narrata da molti studiosi in una sterminata bibliografia sul grande statista, e Sir Martin Gilbert (1936-2015) è stato il suo maggiore biografo.

Meno nota è invece, soprattutto in Italia, anche tra gli addetti ai lavori (ma non in Inghilterra e in America), la sua passione per la pittura, alla quale si iniziò appunto oltre cento anni fa, allorquando si dimise, come si è detto, da Primo Lord dell’Ammiragliato.

La storia è questa: secondo alcune fonti http://(http://www.albanyfineart.co.uk/maze/biog.html) , Churchill fu persuaso a dipingere dal suo amico artista anglo-francese Paul Maze (1887-1979), buon pittore post-impressionista, conosciuto durante la Prima Guerra mondiale che gli insegnò l’arte pittorica. Maze esercitò una grande influenza sulla pittura di Churchill e lo assistette nel suo hobby per tutta la vita. La lunga amicizia è testimoniata in un discorso commemorativo, a dieci anni dalla scomparsa di questo artista, dalla figlia di Churchill, Lady Mary Soames nel 1989, con queste affettuose parole:

The «Chair Maitre», as well all came to call this charming man, remained a regular visitor to Chartwell for many years” (in: Albany Fine Art. “Paul Maze”, Stephanie Connell, 21 Sep 2012).
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Churchill, in quel primo decennio del secolo non si era ancora stabilito nella splendida dimora a Chartwell, nel Kent, acquistata successivamente nel 1922; secondo altre notizie (cfr. Winston Churchill pittore-statista, in “Stilearte.it”, 23.8.2018), egli nel 1915 si trasferì con la famiglia nella campagna del Surrey prendendo in affitto col fratello Jack la Hoe Farm [fig. 3] per trascorrervi il fine settimana. Contemporaneamente entrò in contatto con un altro pittore, l’irlandese Sir John Lavery (1856-1941), residente a Londra non molto distante dalla casa di Churchill (Lavery era un noto e raffinato pittore tardo impressionista, paesaggista e ottimo ritrattista, si vedano i due Ritratti di Churchill, 1915, in borghese e in divisa figg. 4-5, ndA.);

da questo artista egli apprese molte regole sulla pittura. Lo statista però aveva tentato dapprima a dipingere ad acquarello: una domenica alla Hoe Farm Churchill notò sua cognata, Gwendeline, lavorare ad acquerello, si incuriosì, cosicché ella lo incoraggiò a provare; ma rimase insoddisfatto di questa tecnica che non ammette correzione, e decise di tentare con la pittura ad olio, certamente più consistente nella resa dei colori, per la possibilità di correzioni e di effettuare trasparenze e luminosità, di cui all’inizio il celebre personaggio non aveva ancora conseguito la tecnica.

Si sostiene che Churchill sia stato anche stimolato dalla consorte, Lady Clementine, la quale si rese conto che il marito trovava nella pittura ad olio il più completo rilassamento fisico e mentale. Si sbaglierebbe comunque a considerare Winston Churchill un dilettante pittore della domenica, poichè questa sua passione durò tutta la vita; non è stato un grande artista, come lui stesso ammetteva con rammarico:

Ho avuto una meravigliosa vita, piena di molte conquiste. Ogni mia ambizione è stata ottenuta, tranne una: non sono un grande pittore”.
fig 6

Ma a parte la sua onestà intellettuale, a mio giudizio Churchill va considerato come un autentico, diligente e gradevole pittore; e ovunque andasse, per viaggi personali o di lavoro, recava sempre con sé gli attrezzi necessari per dipingere, sia al chiuso nello studio, ma soprattutto en plein air, alla maniera degli impressionisti, per il suo amore per la natura. Della Hoe Farm egli eseguì un abile scorcio dal giardino di questa casa di campagna [fig. 6] dai colori piuttosto intensi: in seguito, di fronte alla luce e ai colori mediterranei, la sua palette si schiarirà alquanto. E’ stato calcolato che in tutta la sua vita abbia dipinto più di 500 quadri, tra paesaggi [fig. 7], interni [fig. 8], nature morte [fig. 9], e ritratti [fig. 10] a partire appunto da oltre cento anni fa.

fig 10 Ritratto di Lady Castlerosse
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fig 12 Churchill e Roosevelt

La maggior parte furono dipinti tra il 1920 e 1940, ma durante la Seconda Guerra Mondiale dipinse un solo quadro rappresentante la Torre di Villa Taylor a Marrakech, 1943 [fig. 11], completandolo nella stessa città del Marocco, in occasione della Conferenza degli Alleati a Casablanca (come lui stesso ricorda nel quarto volume della sua Seconda Guerra Mondiale, dal titolo The Hinge of Fate, New York, 1950, p. 622). Churchill aveva poi convinto Roosevelt a visitare anche Marrakech, e a condurlo in cima alla Torre [fig. 12] di quella sfarzosa  residenza del vice-console americano, dalla quale si poteva vedere il panorama di tutta la suggestiva città marocchina. Poi fece dono al presidente americano di un altro suo dipinto di questa città da lui molto amata, raffigurante l’altra famosa torre di Marrakech, The Tower of Kataubia Mosque, 1943 [fig. 13].

fig 13

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I dipinti più noti di Churchill quindi sono paesaggi imprssionsti (punto di riferimento Cèzanne, Monet e Manet), molti dei quali sono stati eseguiti durante soggiorni nel sud della Francia [fig. 14], in Egitto, in Marocco [fig. 15], in Normandia, in Italia a Venezia [figg. 16-17], sul Lago di Como [fig. 18].

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Per esporre le sue prime opere, a Parigi nel 1921, presso la Galleria Drouet, vendendo anche sei quadri, usò lo pseudonimo di “Charles Morin” (cfr. Winston Churchill pittore-statista, in Stilearte.it, 23.8.2018). Un maggiore riconoscimento della sua pittura avvenne nel 1925, quando Lord Duveen (famoso antiquario), Sir Kennet Clark (celebre storico dell’arte) e Sir Oswald Birley, noto ritrattista reale e dello stesso Churchill (v. Ritratto dello statista del 1946, fig. 19), selezionarono il suo Winter Sunshine, Chartwell [fig. 20], decisamente monettiano, come vincitore di un concorso per artisti dilettanti anonimi (cfr. Paul Johnson, Churchill, 2009, pp. 46-47).

Alcuni dei suoi dipinti sono oggi visibili nella Wendy and Emery Reves Collection al Dallas Museum of Art. Emery Reves (1904-1981), di origine ungherese, era l’editore americano di Churchill, oltre che un suo amico intimo (per i rapporti Churchill-Reves, si veda: Martin Gilbert, Emery Reves: Retrospect and Prospect, in “The Churchill Centre”, 1993); lo statista visitava spesso Emery e sua moglie Wendy Russell Reves (1916-2007) nella loro villa, La Pausa, nel sud della Francia residenza che era stata originariamente costruita nel 1927 per Coco Chanel dal suo amante, il duca di Wenstminster. La villa fu ricostruita e trasformata in museo nel 1985 con una galleria di dipinti e cimeli di Churchill, poi trasferiti, come detto, nel Dallas Museum of Art. (cfr. “Dallas Art News”, 20.10.2010). Villa La Pausa, sita in Roquebrune-Cap-Martin (Alpi Marittime), fu venduta da Coco Chanel nel 1953 a Emery Reves. Churchill fu a lungo ospite a Villa La Pausa tra il 1956-1958, insieme ad altri illustri personaggi, come Nöel Coward, W. Somerset Maugham, i principi Ranieri e Grace di Monaco, i duchi di Windsor (Edoardo e Wally Simpson), attori famosi, come Greta Garbo, Errol Flynn, Clark Gable (cfr. Mary Lovell, The Churchills, Little Brown Book Group, 7.4. 2011; pp. 486 e segg.).

Chartwell House

 “I do not presume to explain how to paint, but  only to get enjoiment

S. Churchill, 1932

Chartwell è una country house sita nei pressi di Westrham, nel Kent, Sud Est dell’Inghilterra, dove Churchill ha vissuto per oltre quarant’anni con la moglie Clementine e i suoi quattro figli, che lì crebbero felici insieme ai genitori. Come accennato più sopra, lo statista acquistò la proprietà nel 1922, ma poté abitarla dal 1924, dopo aver fatto i lavori di restauro e adattamento per le sue esigenze, contribuendo persino manualmente ad erigere muretti e oasi di stagni con pesci rossi [fig. 21] nei giardini della grande tenuta,

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dove amava dipingere en plein air, come già detto, alla maniera degli impressionisti. Egli descrisse nel primo volume della sua storia della Seconda Guerra Mondiale, The Gathering Storm (1948), come si dilettava a Chartwell negli anni Trenta:.

I had much to amuse me. I built … two cottages, … and walls and made … a large swimming pool which … could be heated to supplement our fickle sunshine. Thus I … dwelt at peace within my habitation” (p. 62).
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Nel 1932, egli scrisse anche un breve saggio, Painting as a Pastime, apparso per la prima volta in Thoughts and Adventures, poi pubblicato separatamente in edizioni inglesi e americane (ma mai tradotto in Italia). Ne acquistai una copia per i tipi della Penguin Book [fig. 22] nei primi anni Settanta in una visita alla Chartwell House, da studente in una prolungata vacanza-studio a Londra, e rimasi incantato da questa country house, dai suoi giardini, scoprendo nello stesso tempo che Winston Churchill era anche pittore. Non ero ancora in grado di giudicare la sua pittura, affascinato come ero, e maggiormente attratto, dallo spirito del luogo che aleggiava nello studio [fig. 23],

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nella biblioteca [fig. 24], e in un angolo di uno stagno dove sedeva e dipingeva il grande statista [fig. 25]. In quel piccolo saggio che conservo da più di quarant’anni, ho potuto poi capire il senso della sua riflessione sulla Pittura, sintetizzata nella frase che ho posto in epigrafe a questo paragrafo “… but only to get enjoiment” .

Il testo comunque non è privo di acute osservazioni tra pittura impressionista e letteratura, laddove Churchill scrive:

Have not Manet and Monet, Cézanne and Matisse, rendered to painting something of the same service which Keats and Shelley gave to poetry after the solemn and ceremonious literary perfections of the eighteenth century? They have brought back to the pictorial art a new draught of  joie de vivre; and the beauty of their work is instinct with gaiety, and floats in sparkling air” (pp. 31-32).

E più avanti afferma sul benessere del dipingere:

Painting is complete as a distraction. I know of nothing which, without exhausting the body, more entirely absorbs the mind” (p.36).

In questo modo Churchill aveva vinto la sua depressione. Ed è stato osservato giustamente che nei suoi dipinti, riposanti e luminosi, non ci sono tracce di angosce esistenziali, come in taluni grandi artisti (basti solo pensare a Munch).

Ma per tornare a Chartwell House [fig. 26],

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durante la Seconda Guerra Mondiale la dimora fu quasi del tutto inutilizzata, e i Churchill vi ritornarono nel 1945, per rivenderla al National Trust nel 1946, a causa dei notevoli costi di mantenimento, rimanendo però affittuari fino alla scomparsa dello statista nel 1965. Dopo la morte di Churchill, la vedova, Lady Clementine Spencer Churchill, divenuta poi Baronessa di Chartwell, cedette i suoi diritti sulla casa al National Trust, cosicché la dimora venne aperta al pubblico dal 1966. Nel 1968 il National Trust diede alle stampe una circostanziata e concisa pubblicazione per i visitatori, Churchill and Chartwell, di Robin Fedden; l’autore, con l’aiuto della famiglia Churchill, descrive le trasformazioni di questa antica proprietà (risalente alla metà del XIV secolo) dal 1922, ancora  oggi sistemata in modo da evocare l’atmosfera in cui visse lo statista con la sua famiglia, ed è considerata tra le più significative dimore inglesi, non tanto per lo stile architettonico, quanto per la sua importanza storica ed è una delle più visitate country-houses inglesi.

Dei numerosi dipinti conservati a Chartwell nello studio dello statista [fig. 27] fanno parte 37 quadri che Churchill aveva firmato con lo pseudonimo “Charles Morin”;

fig 27

in seguito li firmerà solo con le sue iniziali “W.S.C.”. Nel 2015 i nipoti di Churchill, suoi eredi, li cedettero allo stato britannico in pagamento delle tasse di successione dopo la scomparsa dell’ultima figlia di Churchill, Lady Mary Soames (1922-2014); lo stato ha disposto che dette opere continuassero a rimanere esposte a Chartwell nello studio dello statista. Tutte le opere di Churchill (500 dipinti e due sculture) sono state catalogate da David Coombs nel suo volume Churchill: his paintings, Hamish Hamilton, 1967, e successive edizioni.

Mario URSINO    Roma  18 ottobre 2019 

Nota fuori testo 

A proposito di dimore di artisti, intellettuali, scrittori, scienziati, è apparso recentemente un libro di Paolo Pagani, I luoghi del pensiero. Dove sono nate le idee che hanno cambiato il mondo, Neri Pozza, 2019. L’autore esamina brillantemente in sette capitoli le città e le residenze di personaggi nei diversi secoli; i luoghi di Spinoza e Cartesio, i luoghi di Leibniz e Newton, i luoghi di Darwin e Marx: i luoghi perduti di Wittgenstein, i luoghi di Keynes, il luoghi di Heidegger e Arendt, i luoghi di Mann. Un lungo viaggio dell’autore nel tempo e nello spazio, tra profili biografici e descrizioni delle località ove i personaggi avevano abitato (il più impervio, tra questi, quello del famoso filosofo viennese Ludwig Wittgenstein (1889-1951), che si era andato a rifugiare, fuggendo da Cambridge, in Irlanda, sul profondo fiordo di Killary, in una casa-capanna, ora non più esistente. Mi chiedo come mai l’autore, pur avendo perlustrato la casa di Newton nel Linconshire,  e quella splendida Down House di Darwin nel Kent, non troppo distanti da Westerham, dove si trova Chartwell, non abbia incluso e considerato la storica residenza di Winston Churchill come rilevante luogo del pensiero.