Simone Peterzano a Bergamo; Stefania Macioce: “Una mostra di rilevante interesse critico”

di Stefania MACIOCE

Tiziano e Caravaggio in Peterzano

La mostra in corso all’Accademia Carrara di Bergamo è la prima esposizione interamente dedicata a Simone Peterzano (1535c/a–1599), la cui opera è proposta tra due poli significativi, Tiziano e Caravaggio.

In particolare al grande pittore veneto, Peterzano si lega subito per formazione e, verosimilmente, per autentica vocazione, mentre al secondo si collega il suo ruolo decisivo di maestro nella formazione di un artista geniale. La giovinezza di Simone Peterzano, Titiani alumnus, gravita dunque nell’orbita della grande pittura veneta come comprovano i suoi dipinti di soggetto musicale ed erotico.

La pratica del disegno tra Veneto e Lombardia fino all’affermazione, con particolare riguardo alla Milano di Carlo Borromeo, porta in luce un sensibile mutamento di indirizzo in quel contesto destinato ad accogliere la formazione di Michelangelo Merisi da Caravaggio.

La mostra di Bergamo apre una pagina di rilevante interesse critico, restituendo innanzitutto un’autonoma fisionomia ad un pittore forse troppo costretto nel ruolo di maestro di Caravaggio. L’esposizione nella Pinacoteca di Brera, che ha preceduto la mostra di Bergamo, della Venere e Cupido con due satiri in un paesaggio,

correttamente annoverata tra i capolavori del museo milanese, ha aperto una riflessione  critica. Il dipinto, realizzato infatti quando Peterzano si trovava ancora a Venezia, dichiara la conoscenza della Venere del Prado di Tiziano la cui pittura è del resto un suo punto di riferimento costante.

La mostra bergamasca offre una lettura lineare, anche se non agevole, del percorso artistico di Peterzano, un pittore che crea un ponte tra Venezia e Milano, tra la pittura sacra e quella profana. Dai dipinti esposti affiorano con nitidezza i rapporti tra due centri nevralgici dell’Italia settentrionale nel XVI secolo, configurando la statura di un pittore  di indubbio interesse. Effettivamente tra le 64 opere, di cui 27 disegni, la personalità del maestro di origine bergamasca esce irrobustita da un tratto distintivo legato al suo dialogo costante con la cultura pittorica veneta. Ne sono la riprova i due straordinari teleri con la Vocazione dei santi Paolo e Barnaba eseguiti tra il 1573 e il 1574 per la chiesa di San Barnaba a Milano.

La dimensione, il respiro grandioso delle composizioni, le cromie splendenti, la dinamicità che lega la folta schiera di personaggi al paesaggio intriso di un vibrante senso atmosferico, rivelano una sensibilità pittorica di indubbia matrice veneziana. Le “immagini viventi”, per dirla con il decreto del vescovo Ragazzoni emanato nel 1580, hanno tuttavia una concretezza che dialoga con altrettanta franchezza con il mondo lombardo, che ben si sa è quello tra gli altri dei Campi e di Figino, entrambi presenti nella mostra. La radice veneta è  allora indubbia, per cultura e segno pittorico, nelle opere di soggetto musicale cronologicamente precedenti ai teleri come il Concerto degli Staatliches Museum di Schwerin, datato indicativamente tra il 1555 e il 1565, precedentemente dato a Parrasio Micheli e strettamente legato alla più tarda (1580-90) Allegoria della musica di collezione privata, ora entrambe assegnate a Peterzano, opere queste che definiscono un esordio contiguo per tematica e gusto pittorico ai veneti Micheli e Licinio.

Un’analoga affinità si riscontra nei dipinti mitologici dagli echi  quasi giorgioneschi dalla Venere del Museo di Copenaghen del 1565-70 alla tizianesca Venere e Cupido con due satiri di Brera (1568-70) fino all’Angelica e Medoro di collezione privata parigina, del 1571-72.

Quest’ultima tela fu realizzata per il milanese Gerolamo Legnani, ricco e raffinato collezionista descritto da Giovan Paolo Lomazzo nelle Rime (1587) e ancora nei Rabisch (1589), che svolge un ruolo significativo per l’affermazione di Peterzano nell’ambiente ambrosiano. Il dipinto, decantato da Lomazzo, raffigura un rinomato episodio dell’Orlando Furioso che tra i soggetti ariosteschi ebbe una notevole fortuna figurativa del XVI secolo.

Le acquisizioni critiche maturate negli ultimi anni non permettono ancora un riferimento cronologico che consenta di fissare dei punti fermi precedenti il 1572, all’interno del catalogo di Peterzano, il cui percorso veneziano, che si presume protrattosi per circa quindici anni, viene gradualmente ricostruito sulla base di indizi stilistici offerti dalle opere recuperate, ma ancora lacunose circa il suo rapporto con Tiziano. Nel notevole autoritratto (Roma collezione M. Calvesi) del 1589, il pittore si firma ”SIMON PETERZANUS VENETUS TITIANI ALUMNUS” il che è sorprendete visto che, come nota Francesco Frangi nel catalogo della mostra, l’artista ha oramai 54 anni ed è uno degli artisti più affermati di Milano. Si tratta di una dichiarazione consistente poiché il milanese Lomazzo, all’incirca coetaneo del pittore, nella Tavola dei nomi allegata al Trattato dell’arte della pittura, scoltura et architettura del 1584, registra “Simone Peterzano Venetiano, pratico e dilettevole pittore discepolo di Titiano”.

Ancora Frangi precisa come l’etichetta “allievo di Tiziano” non fosse al tempo garanzia di un autentico discipulato, ma piuttosto registro di una dimestichezza umana oltre che professionale. Quanto sopra tuttavia conferma una sostanziale dipendenza dai modelli di Tiziano sostenuta da riscontri  figurativi affatto superficiali e non soltanto pittorici.  Riscontri che informano il clima profano delle opere del periodo veneziano di Simone, che ancora nel 1596 continuerà a ricevere pagamenti.

Simone Peterzano de’ Tiziani pittore è dunque orgogliosamente allievo del Vecellio. La maturità è segnata dal suo stabilirsi a Milano nel 1572 dove quasi subito, tra il 1572 e il 1573, egli ottiene una prima commissione pubblica per San Maurizio al Monastero Maggiore.

Nella narrazione degli eventi, dal Cristo che scaccia i mercanti dal tempio al Ritorno del figliol prodigo, il ritmo è efficacemente vitale, animato da una quasi irrefrenabile tensione con brani di un gusto precaravaggesco ante litteram.

Considerando la quantità dei disegni preparatori nel fondo del Castello Sforzesco, Peterzano inizia una radicale trasformazione nel processo di elaborazione delle immagini orientato verso una graduale semplificazione. Tale indirizzo implicherà negli anni Ottanta anche una diversa attenzione verso un’espressione cromatica scevra dall’imperante influenza dei maestri veneti tanto decantati da Lomazzo: Giorgione, Tintoretto, Veronese, Palma fino a Tiziano considerato il vertice della pittura e uno dei sette Governatori nell’Idea del Tempio della pittura (1590).

Nella Milano di Carlo Borromeo infatti, avamposto settentrionale della Controriforma, si verifica una congiuntura culturale che modifica radicalmente il linguaggio delle immagini  sottoposte ad una severa politica di controllo. Inizia in Peterzano quella pittura seriale entro la quale si possono ascrivere numerose opere fino all’ideazione della pala con Sant’Ambrogio tra i santi Gervasio e Protasio saldata nel 1595, un’opera rigorosissima di gusto quasi neoquattrocentesco (si veda S.Facchinetti in catalogo) destinata al duomo cittadino e ora nella Pinacoteca Ambrosiana.

Particolarmente raffinato ed elegante si rivela,  per la sua arditezza compositiva, il piccolo olio su ardesia con la Deposizione di Cristo dalla croce che Peterzano realizza tra il 1572-1575 oggi al Musee de Beaux Artes di Strasburgo. La scena raffigura il momento in cui Giuseppe di Arimatea e Nicodemo affiancati dalla Maddalena che sorregge la mano di Cristo con devota affezione, trasportano il corpo esanime del Maestro verso il sepolcro; il gruppo è assecondato dalla Vergine sopraffatta dal dolore e da San Giovanni nell’atto di pregare attraverso una gestualità larga, corrispondente ai canoni retorici. Sorprendente è poi lo stagliarsi delle tre croci sul Golgota contro il fondo nero dell’ardesia: si tratta di una prospettiva audace di straordinaria efficacia, che pur derivando dai contemporanei esperimenti di Lomazzo, supera gli orientamenti manieristici, pur presenti nel linguaggio di Peterzano, per focalizzare soluzioni di ardimentoso virtuosismo.

La lucida riflessione condotta nel percorso della mostra, forse penalizzato da una sede espositiva tortuosa, termina focalizzando l’alunnato di Caravaggio con Peterzano. Ne emerge con trasparenza il tanto analizzato venetismo della prima pittura romana del Merisi, ove confluisce anche la pratica ritrattistica che il grande lombardo apprende nella bottega milanese del maestro.

La dipendenza di Caravaggio dai modelli di Peterzano si evince da diversi esempi, come dalla Cena in Emmaus, dipinta da Peterzano tra il 1560-1565 oggi alla Galleria Palatina di Palazzo Pitti a Firenze  che preannuncia particolarissime rielaborazioni merisiane nella Cena in Emmaus dei Londra. Ma un confronto tangibile e sorprendente  nasce dall’accostamento proposto in mostra tra il Bacchino malato della Borghese e lo studio con il braccio della Sibilla Persica realizzato da Peterzano tra 1578 e 1582, per gli affreschi della Certosa di Caregnano, oggi nel Gabinetto dei Disegni al Castello Sforzesco di Milano, Anche i Musici del Metropolitan Museum di New York che  rappresentano una novità assoluta per la pittura romana di fine Cinquecento, si fanno al contempo eredi di quel venetismo assimilato nella bottega milanese.

Il quadro complessivo di questo articolato contesto culturale è analizzato in dettaglio da M. Cristina Terzaghi che suggerisce inoltre una possibile esperienza del giovane Merisi nell’Accademia dei Facchini della Val di Blenio, un’istituzione costituita principalmente da poeti, pittori, musici, intagliatori, ricamatori, nobili e comici di professione che, fingendosi facchini, si riunivano sotto l’egida di Lomazzo nominato abate a vita della stessa Accademia fin dal 1568.

Alla funzione iconografica dei modelli formulati in tale ambito si aggiunge il carattere plasmante di un’esperienza a contatto con il linguaggio del mondo comico e teatrale che forse accompagna Caravaggio nei primi anni romani, come dimostrerebbero le due versioni della Buona Ventura. Una suggestione di indubbio interesse per individuare una non facile gravitazione del grande lombardo nel mondo del teatro comico e all’improvvisazione teatrale.

Stefania MACIOCE   Bergamo 22 febbraio 2020

 TIZIANO e CARAVAGGIO in PETERZANO

a cura di Simone Facchinetti, Francesco Frangi, Paolo Plebani e M. Cristina Rodeschini

Progetto Fondazione Accademia Carrara. Catalogo Skira

Bergamo, Accademia Carrara, via San Tomaso, 53 (6 febbraio – 17 maggio)

orari: lunedì > venerdì 9.30 –18.00ultimo ingresso: individuali 17.15 | gruppi 16.45 sabato e domenica 9.30 -19.00ultimo ingresso: individuali 18.15 | gruppi 17.45; giorno di chiusura: martedì

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