Sesso e morale nel Cinema americano ed italiano. Le “Storie di peccato” di Roberto Campari

di M. Cristina CHIUSA

Il Cinema merita un ruolo importante nel quadro delle Arti visive:

una disciplina che, ancor più oggi, offre una relazione-comunicazione fra artista (regista, attore, produttore) e pubblico. In tale prospettiva, da estendere all’aspetto conoscitivo ed estetico, è forse consentito anche allo storico d’arte esprimere il proprio apprezzamento e tentare un’analisi convincente. E’ questo il caso presente.

Le note che seguono nascono dalla lettura,tutta d’un fiato’, del lavoro ultimo di Roberto Campari, già Professore ordinario di Storia del Cinema presso l’Università di Parma, e noto studioso di chiara fama internazionale: il libro Storie di peccato, pubblicato  per La nave di Teseo, tratta il  problema della rappresentazione  del  sesso e  della  morale  conseguente  nelle  cinematografie  americana  e  italiana   per gli  anni  1930-1968.

E’ proprio l’autore a guidarci nella soluzione dei due interrogativi sul perché delle  due  cinematografie  e,  soprattutto, sulla scelta di questa delimitazione cronologica. Il testo scorre con la chiarezza e la semplicità di chi, come Roberto Campari, ha saputo pervenire alla sintesi ideale di estrema conoscenza e metodo.

Roberto Campari

E’  ormai  un  dato  storicamente  acquisito  che  il  Cinema è stato, nel secolo  scorso,  il  mezzo di rappresentazione  più  forte  per  impatto  sui  pubblici  di tutto il  mondo, dopo il Teatro e prima della Televisione, a sua volta destinata forse ad  essere  sostituita  dal  Web.

E  il  periodo  di  maggiore  impatto  del  mezzo  filmico si  può  considerare quello  compreso tra l’inizio del sonoro (circa  1930) e la grande trasformazione  culturale, ma  anche industriale (perché  il  Cinema  è  anche  e  soprattutto Industria, oltre  che  Arte)  degli  anni  Sessanta  del  Novecento. Va  detto anche che proprio  dal 1930 inizia in  America la censura.

Gli  Stati  Uniti, a  cominciare almeno dalla Grande  Guerra, che rappresentò la  crisi  dell’Europa  da  molti  punti  di vista, hanno incontrato nel  Cinema  il  linguaggio  artistico  ideale  per  diffondere la loro cultura,  tanto  che Hollywood diventò una  specie di capitale dello spettacolo atta ad attirare i maggiori talenti di tutto il  mondo. Anche le cinematografie minori dunque, nonostante le diversità  culturali, furono  quasi  obbligate a seguire gli schemi di successo del  cinema  americano. Il libro prende  in  considerazione  soltanto  i  film italiani nello  stesso contesto cronologico, che se per l’America sono gli anni di Roosevelt  e  dell’uscita  dalla  grande  depressione  fino  alla  guerra, per  l’Italia  sono  gli  anni  del  Fascismo  e  poi  del  Neorealismo  e  della  rinascita.

Sia per la cultura un po’ puritana degli  Stati  Uniti  che per quella cattolica (e  fascista) alla  base  del  nostro cinema, la rappresentazione  del  sesso implica censure ,  omissioni ,  ipocrisie.  In  termini  leggeri e  spesso  ironici, il libro di  Campari  percorre  le  narrazioni  dei  film  su temi  che,  di  capitolo  in  capitolo  riguardano  l’adulterio, i  rapporti  prematrimoniali, l’omosessualità o  la prostituzione,  per  verificare  quanto  mentalità  e  mutamenti  del  costume sessuale  abbiano  avuto  la   loro  espressione  nel  cinema.

Né manca un  capitolo sul  capovolgimento  rappresentato  dal ’68, che si estende all’ulteriore  cambiamento  odierno,  col  fenomeno Me Too.

Da tutte le accattivanti argomentazioni che, pur dense di indicazioni specifiche, di orientamenti metodologici e tecnici, si rivelano di chiara e semplice lettura, emergono i tratti dell’indole dell’autore, la cui proverbiale modestia è certo direttamente proporzionale, come molto spesso accade, alla sua grandezza. Una grandezza che egli ama trasmettere, nella vita come nei suoi libri, in sordina.

Maria Cristina CHIUSA    Parma 27 ottobre 2019