“Roma. Le passeggiate giubilari”. I migliori itinerari d’arte al tempo del Giubileo nell’ultimo libro di Paola Mangia

P d L

E’ da qualche settimana in libreria l’ultimo libro di Paola Mangia Roma. Passeggiate giubilari (De Luca Editori d’Arte, Roma, 2025, 16 Euro); 95 pagine, con le immagini di Niccolò Ara, presentato lo scorso 5 Giugno alle 17 alla Sala Tenerani di Palazzo Braschi, da Stefania Macioce e Nino Crescenti.

L’intento divulgativo è con tutta evidenza già ratificato nel titolo che inserisce la pubblicazione nell’odierna contingenza segnata dal venticinquesimo giubileo universale ordinario della Chiesa cattolica, a cui peraltro si è aggiunta la scomparsa del Pontefice, papa Francesco, che lo aveva indetto, con la successiva proclamazione del successore, Leone XIV. Eventi, insomma, che rendono questo libretto estremamente attuale e perfino essenziale per molti. Del resto lo sottolinea esplicitamente l’autrice quando lo descrive come un “libretto guida” ripartito in Giornate e Rioni della Roma di oggi, utile per “rispondere alla logistica temporale e spaziale di una visita della città … entro la ricchissima descrizione dei luoghi sacri e non”.

Insomma un instant book opportuno che ha però molto di più del volume redatto a spron battuto a ridosso di un grande  evento, spesso a scopo commerciale o meramente didascalico e che va oltre la contingenza che dicevamo, presentandosi bensì come una vera e propria pubblicazione storico artistica, in forza innanzitutto delle conoscenze e competenze specifiche dell’autrice che, lo ricordiamo, è stata per anni responsabile della Didattica alla Galleria Borghese e poi Direttrice per diverso tempo della Galleria Corsini di via della Lungara, nonché autrice di studi e pubblicazioni d’arte di notevole importanza. La quale, detto per inciso, prende spunto dal “Ritratto di Roma moderna MDCXLV” di Filippo de Rossi, “sulle Magnificenze dell’Urbe”, scritto “per accompagnare il pellegrino nel Giubileo del 1650”, utile però a suo parere anche al pellegrino di oggi.

Quella che la studiosa ci propone insomma è una disamina precisa ed esauriente, ancorché concisa, delle funzioni e dei significati dei giubilei che, nel corso del tempo “sono stati occasione di rinnovamento delle liturgie” laddove “ogni anno santo è stato caratterizzato da specifiche finalità spirituali”. E già con queste premesse l’interesse del lettore si apre oltre l’aspetto della semplice spiegazione o illustrazione di cose ed eventi d’attualità per affrontare la questione dei significati che gli anni giubilari ci hanno trasmesso: a partire dalle inevitabili ricadute che, considerando l’importanza e il rilievo assunto dalla chiesa di Roma per secoli e secoli, si sono riverberate sul terreno sociale e religioso in larga parte d’Europa, con rimarchevoli effetti sulla cultura in generale e sulle arti.

E’ un tema affrontato con molta chiarezza da Paola Mangia quando apre il capitolo de i Papi protagonisti dei Giubilei dal 1300 ad oggi passando in rassegna sinteticamente le figure dei pontefici da Bonifacio VIII (primo pontefice ad indire un giubileo nel 1300) fino a papa Francesco con il suo “giubileo per la grazia e per la speranza” tuttora in corso, ed illustrando in “Brevi Cenni” il sostanziale contributo della cultura e delle arti grazie al quale si è venuto man mano delineando quello che l’autrice chiama “l’obiettivo giubilare” consistente nel

legittimare attraverso l’eredità e la continuità dell’Antico, l’unione indissolubile dei due poteri, lo spirituale e il temporale”.

Ed è questo in verità il filo conduttore del libro: un percorso che ha attraversato la storia della chiesa e dell’intera società dal Medioevo fino al Cinquecento e poi molto oltre, come vedremo, nonostante le voci che sostenevano la necessità della separazione dei due poteri, ovvero dei due “soli”, come denunciava Dante nei ben noti versi del XVI canto del Purgatorio:

Soleva Roma, che ’l buon mondo feo, 
due soli aver, che l’una e l’altra strada 
facean vedere, e del mondo e di Deo.
L’un l’altro ha spento; ed è giunta la spada 
col pasturale, e l’un con l’altro insieme 
per viva forza mal convien che vada.
Papa Niccolò V Parentucelli (Sarzana, 1395 – Roma, 1447)

Ma proprio quello dell’unione della “spada col pasturale” fu l’obiettivo ‘politico’ che i pontefici si ponevano di raggiungere utilizzando tutto ciò che attraverso lo sviluppo artistico e architettonico convalidasse “la continuità della città con il mondo classico”.

A partire, sottolinea l’autrice, dal riordino urbanistico avviato da Niccolò V Parentucelli, negli otto anni di pontificato (1477 -1455) funzionale alla affermazione “del primato del papa re” nella logica di proiettare una immagine più significativa e valida della Roma Caput Mundi divenuta ancor più urgente dopo la caduta di Costantinopoli.

Sarà però tra il 1500 e il 1600 – lo sottolinea con forza l’autrice- che si assiste ad un’autentica fioritura artistica, grazie in primo luogo ai pontificati di Sisto V Peretti (1585 – 1590) e poi di Clemente VIII Aldobrandini (1592 – 1605). Quest’ultimo riprese il piano urbanistico varato dal Damasceno il quale, va rimarcato, si valse del suo architetto di fiducia, il ticinese Domenico Fontana, che riuscì ad interpretare al meglio le idee del pontefice collegando le basiliche giubilari, inserendo obelischi e colonne quali “signa Christi” e le fontane “quali sorgenti di acqua salvifica”.

Va detto che la rinascita architettonico urbanistica e artistica promossa da Sisto V nel corso di un pontificato assolutamente votato al ridimensionamento del collegio cardinalizio, per non dire al potere assoluto, s’inserì in un periodo segnato da gravi e pericolose contingenze di carattere finanziario e sociale in specie riguardo all’ordine pubblico e, non certo per ultimo, religioso.

Un evento determinante fu il Concilio di Trento, tema questo fatto oggetto di ricerche, studi, analisi, pubblicazioni tanto valide e imprescindibili quanto impossibili da riassumere, almeno in questa sede. L’apologetica luterana lascia intendere che quando nel 1510 il monaco di Eisleben varcò Porta del Popolo s’inginocchiò alzando le mani quasi urlando “Salute a te, Santa Roma”, anche se non pare però che rimanesse particolarmente estasiato davanti ai numerosi capolavori che già contrassegnavano la città e neppure dalle nascenti opere di Michelangelo o Raffaello. Quando poi passati una decina di anni compose i “Detti Conviviali” -dopo che nel 1517 ebbe appeso sulla porta della Cattedrale di Wittemberg le sue 95 Tesi teologiche con cui abiurava il cattolicesimo- attaccò frontalmente la stessa città che aveva esaltato definendo ora essa “una abominazione”, la corte papale una “mandria di asini e maiali” e il papa stesso “l’anticristo”.

Alessandro VI Borgia (Xativa, 1431 – Roma, 1503)

Vero è che la Roma governata dai papi allora non godeva di buona fama; se leggiamo le cronache del tempo se ne hanno testimonianze precise e numerose, e tuttavia anche i pontificati più discussi sotto questo aspetto non mancarono di apportare cambiamenti e arricchimenti che, sotto Alessandro VI Borgia, durante il Giubileo del 1500, riguardarono ad esempio la “risistemazione di Castel Sant’Angelo e della Piazza di Ponte … l’innalzamento della Chiesa di Trinità dei Monti” nonché il restauro di fontane e rioni; per non dire del pontificato di Clemente VII Medici, segnato com’è noto dalla tragedia del Sacco del 1527, ma ricordato -come scrive Paola Mangia- per le iniziative concernenti la Fabbrica di San Pietro dove Antonio da Sangallo il giovane e Baldassarre Peruzzi furono impegnati al progetto della planimetria della basilica, ma poi con la realizzazione della via Paola, del palazzo dei Conservatori, del Tridente di Piazza del Popolo, e soprattutto, prima del flagello del Sacco, con una vera fioritura di opere d’arte, grazie a Michelangelo, Sebastiano del Piombo, Giulio Romano, Perin del Vaga.

L’autrice mette in rilievo come la Riforma e poi il Concilio tridentino fu “uno spartiacque fondamentale” per rimontare la corrente che stava allontanando dalla chiesa di Roma intere popolazioni. E l’arte e la cultura ne furono strumento basilare.

Bonifacio VIII Caetani

Detto questo, va dato atto alla studiosa di aver organizzato un percorso per quanto sintetico comunque chiaro ed esauriente su quali fossero i “programmi” dei pontefici, su come impattassero le “intenzioni spirituali espresse nelle Bolle papali ” a livello sociale e religioso e nei comportamenti e nelle realtà dei tempi in cui venivano emanate. Ad esempio, quando venne indetto da Papa Bonifacio VIII Caetani il primo Giubileo, nel 1300, Roma si mostrava “pronta a competere con le famose città di Firenze e Siena” divenendo “capitale culturale dell’Italia”. E da allora un susseguirsi di straordinari capolavori grazie alla presenza degli artisti più importanti arrivati in città a seguito di una non declinabile chiamata del papa. Ne abbiamo visto alcuni appena sopra, ma l’elenco -neppure esaustivo- è perfino conturbante: s’inizia con Giotto e Pietro Cavallini, per proseguire con Gentile da Fabriano, Pisanello, Masolino da Panigale, Masaccio, Benozzo Gozzoli, Beato Angelico, Piero, assieme a Brunelleschi, Donatello, Leon Battista Alberti, per arrivare a Raffaello, autentico “interprete” del programma ideologico di Leone X quando nel ciclo delle Stanze

“realizza -scriva la Mangia- la glorificazione di una Chiesa che ricerca le sue radici nell’Oratoria e nella Filosofia dell’Antichità”.

Accade insomma come se l’arte s’innestasse all’edificio pagano e riprendesse le sue forme regali, colorate, sontuose, nella forma e nella sostanza

Con le imprese di Michelangelo vale a dire in particolare le “Storie dell’Umanità della Volta e il Giudizio della Cappella Sistina” si vennero a configurare e confrontare le due correnti figurative del tempo “incentrate sulla liceità dell’immagine sacra”, un tema sorto a seguito degli scritti di vari apologeti tra cui poi di volta in volta emergeranno Paleotti, Borromeo, Bellarmino e altri, e protrattosi oltre il XVI secolo.

Michelangelo, Volta della Cappella Sistina

Saranno infatti Carracci, Reni, Rubens e tutta una serie di artisti geniali a far da corona ad una realtà che grazie ad una fenomenale padronanza dei mezzi espressivi lanciarono Roma come vero centro focale della cultura e delle arti, laddove fu il genio di Caravaggio a “chiudere la grande stagione rinascimentale aprendo un nuovo capitolo della pittura”.

Il Giubileo di Clemente VIII Aldobrandini del 1600 segna un periodo cruciale per la trasformazione di Roma, già avviata da Sisto V, come detto, tanto più che venne di poco anticipato dalla clamorosa conversione al cattolicesimo del re di Francia, Enrico di Bourbon Navarra (colui che era solito apostrofare Sisto V come ”monsieur Sisto, soi-disant Papa”): un eclatante successo sul terreno politico, ma altrettanto sul piano artistico, laddove si aprivano occasioni formidabili alla creatività e alla estrosità degli artisti.

Clemente VIII Aldobrandini
Sisto V Peretti Damasceno

Certamente però fu Felice Peretti che ebbe l’idea che la Riforma cattolica dovesse, soprattutto in Roma, rendere possibile se non perfetto l’accordo fra ciò che resisteva nelle costruzioni del culto pagano e quello che invece sarebbe dovuto nascere per la gloria definitiva e stabile del papato: come dire che tre secoli prima del dogma di Pio IX del 1870 Sisto concedeva di fatto a se stesso il diritto all’infallibilità, senza neppure chiedere il parere del collegio cardinalizio.

Ma per non restare però dentro un argomento già tanto studiato e sviscerato quanto ancora oggetto di numerose ricerche e indagini, e che ci condurrebbe assai distanti dall’analisi del lavoro di Paola Mangia che è l’oggetto delle nostre note, ci si consenta in questa sede quanto meno un richiamo in particolare ad alcuni giubilei, come quello del 1450 di Niccolò IV Parentucelli già citato e che possiamo definire urbanistico, o quello drammatico, per non dire disperato, di Clemente VII Medici, dal carattere più politico, se si può dire, che religioso, arrivando a quelli di Paolo III Farnese e Giulio III Ciocchi del Monte che videro protagonista Michelangelo, fino al Giubileo ‘straordinario’ di Sisto V Peretti del 1585 – 90; su questi e altri eventi sicuramente i lettori che sfoglieranno il libro della Mangia avranno modo di apprendere o anche aggiornare le loro conoscenze grazie alla sapienza e alla profondità della trattazione della studiosa.

Ci appare invece opportuno mettere in rilievo le note con cui l’autrice fa cenno a quella che è conosciuta come l’epoca della Ecclesia Triumphant che vide artefici in particolare Urbano VIII Barberini con il Giubileo del 1625, e poi Innocenzo X Pamphilj con quello del 1650, dove va segnalata la simultanea presenza di eccezionali interpreti quali Bernini, Borromini e Pietro da Cortona.

Urbano VIII Barberini
Innocenzo X Pamphilj

Vale qui in realtà fermare sia pur in breve l’attenzione su temi ed eventi ancorché più volte affrontati e riproposti dalla critica d’arte, certo di assoluto rilievo perché è qui a nostro parere che si evidenza la raffinatezza di questo lavoro da poco licenziato da Paola Mangia, che – come si accennava- si conferma concepito alla stregua di una vera operazione culturale, dato che la riproposizione di un periodo di particolare fulgore che vide i Papi esserne attori, accanto ad artisti ritenuti con ogni evidenza e a ragione tra i più significativi del tempo, si unisce ad un metodo  di lavoro in cui l’autrice ha magistralmente fatto combaciare e a volte giustapporre le fonti scritte e quelle visive, cioè i documenti e le immagini, i testi e le iconografie. In un campo, come scriveva Erwing Panofsky, in cui, alla fine possiamo ben dire che “le varie discipline umanistiche vengono ad incontrarsi” (cfr E. Panofsky, Il significato nelle arti visive, To, 1962, p. 43) e dove quindi una pubblicazione così impostata trova la sua piena legittimazione.

Si evidenzia in buona sostanza, scorrendo le pagine di queste “Passeggiate giubilari come la nuova stagione della decorazione chiesiastica che vide protagonisti, oltre ai tre citati, artisti del livello di Carlo Maratti, il Baciccio, Giaconto Brandi ed altri, descritta in modo sintetico ma non senza una certa acribia dalla Mangia, rispondesse ad una autentica -e si dovrebbe dire conclamata-  dimensione propagandistica che peraltro negli ultimi trent’anni del Seicento e agli inizi del secolo successivo trovava la sua ragion d’essere nell’apparire svincolata da ogni categoria precostituita, presentandosi ai nostri occhi come un ricco amalgama di linguaggi plurimi e compresenti.

E in conclusione non possiamo non dire perchè abbiamo volutamente tralasciato in questa disamina il ‘grosso’ del libro, per quanto esso sia paradossalmente il cuore della pubblicazione, vale a dire la descrizione dei “luoghi” protagonisti delle “passeggiate giubilari”, che l’autrice presenta articolate nelle sei Giornate in cui si sviluppano gli itinerari proposti. Abbiamo voluto insomma evitare di dare un’idea che sarebbe risultata grossolana di quanto la studiosa passa in rassegna, cioè a dire i Rioni da Borgo a Trastevere, da Ripa a Sant’Angelo, da Regola a Parione a Ponte, da Trevi a Campo Marzio, da Pigna a Sant’Eustachio, per concludersi con Monti, con le basiliche, con i Palazzi, le chiese, i conventi, i monumenti i Giardini, le fontane. Saranno come sempre lettori a valutare e certamente ad apprezzare quel vero e proprio turbillon di nomi ed eventi presentati in modo completo e tale da rimarcare storie e circostanze che crediamo possano essere di grande aiuto persino ad un esperto d’arte.

P d L  Roma 4 Giugno 2025