I Ritratti di Elisabeth Peyton a Villa Medici e le sculture Camille Claudel e Auguste Rodin: un triangolo coinvolgente

di Giorgia TERRINONI

Ha inaugurato lo scorso 12 ottobre all’Accademia di Francia a Roma – Villa Medici la mostra Éternelle Idole, terzo appuntamento di Une, ciclo di esposizioni tutto al femminile. Ideato dalla direttrice Muriel Mayette-Holtz e curato da Chiara Parisi, Une ambisce a far sì che grandi artiste internazionali s’impossessino degli spazi della Villa e li impieghino per condurre lo spettatore  all’interno del loro universo artistico.

Elisabeth Peyton

Ad aprire il ciclo di esposizioni è stata, lo scorso febbraio, Annette Messager (Messaggera), seguita in primavera da Yoko Ono e Claire Tabouret (One day I broke a mirror). Adesso è la volta di Elizabeth Peyton e Camille Claudel; all’inizio del 2018, l’esperienza di Une si chiuderà con una mostra dedicata a Katharina Grosse e Tatiana Trouvé.

Ma veniamo a Éternelle Idole, una mostra che raccoglie dipinti, disegni e stampe dell’americana Elizabeth Peyton (nata nel 1965) insieme a sculture dell’artista francese Camille Claudel (1864-1943). Le opere delle due artiste, alle quali si aggiungono niente meno che alcune sculture di Auguste Rodin, sono state messe in relazione al fine di rivelare due approcci diversi al ritratto, al mito e al gesto. E non solo.

La notorietà di Elizabeth Peyton, artista americana che vive e lavora tra New York e Berlino, è esplosa nel corso degli anni ’90 ed è legata alla produzione di ritratti. In un certo senso, l’artista si colloca nel solco della ritrattistica contemporanea di matrice anglosassone, che vanta punte di diamante del calibro di Francis Bacon, Lucian Freud e – perché no ?– anche Andy Warhol! E, come nella migliore tradizione contemporanea, i soggetti di Peyton sono tratti dalla sua vita privata, ma anche dalla storia e dallo star system dell’epoca. E va da sé che alcuni soggetti sono ripresi dal vero, altri si basano invece su immagini fotografiche. Ma, in ogni caso, siamo in presenza di ritratti che veicolano una potente cifra intimista. Che a essere rappresentati siano amici e familiari, ma anche Napoleone e David Bowie!

David Bowie

Da un lato, Peyton ricorre a una gamma talmente ampia di espressioni da esaurire la vita interiore e psicologica di qualsiasi soggetto raffigurato; dall’altro, dà corpo a una pittura estremamente minimale. Questo vuol dire che l’artista, all’interno di un ritratto, lascia un certo spazio libero, quasi una dimensione sospesa. E tale dimensione tende a lasciare anche un certo spazio sentimentale allo spettatore. Così, si genera una sorta di triangolazione tra l’artista, il soggetto ritratto e lo spettatore, entro la quale circolano molte e diverse sensazioni; proprio queste contribuiscono a far emergere quell’empatia che è tipica della migliore ritrattistica.

Anche l’accostamento tra Peyton, Claudel e, en abîme, Rodin si può intendere nel senso di una triangolazione. Camille Claudel ha sfidato, finché le è stato possibile, l’establishment sociale e artistico ottocentesco. Ha provato ed è riuscita a essere non solo un’artista, ma anche una scultrice. All’età di diciotto anni, inizia a studiare presso Alfred Boucher che, a sua volta, la affida a Rodin. Tra Claudel e Rodin si stabilisce un intenso sodalizio artistico e sentimentale durato un decennio. Mentre posa per Rodin e lo aiuta a modellare alcune delle sue grandi opere, (come la Porte de l’Enfer, 1880-1917), Claudel inizia a esporre il suo lavoro, caratterizzato da uno stile personalissimo e audace. Smetterà di esporre nel 1905 e nel 1912 distruggerà molte delle sue opere. Nel 1913 sarà internata in ospedale psichiatrico per volontà della madre; qui morirà trent’anni dopo, senza mai più aver scolpito.

Opere come Abandon (1886-1905), Etude pour Sakountala (1886) e Portrait de Rodin (1888-89) – tutte esposte a Villa Medici – testimoniano la passionalità di Claudel che emerge attraverso la potenza del gesto scultoreo; un gesto che si misura con una varietà di materiali, dal gesso al marmo e al bronzo. Ancora oggi sorprendente è la capacità dell’artista di rivitalizzare il mito, mediando tra le storie antiche e la sua vita presente, spesso mescolandole come accade in Perseo e la Gorgone (1899), dove ella usa i suoi stessi caratteri somatici per ritrarre la testa di Medusa.

Con Éternelle Idole Peyton non immagina di recare una testimonianza storica o un omaggio, bensì di riflettere sulle modalità in cui gli artisti si relazionano l’uno all’altro nel tempo, ma anche con il tempo. Nell’esposizione le tre figure costituiscono una triangolazione sentimentale, artistica e, nel caso di Peyton, immaginaria. Ma, pur essendo in relazione, restano tre presenze artistiche distinte.

Oltre alle opere in mostra, Peyton ha realizzato un intervento monumentale per la facciata principale dell’edificio, attualmente in corso di restauro. Si tratta di un telo, un drappo, un sipario, che è anche un assemblage d’immagini disparate. Così, la foto di un’opera andata perduta di Claudel, intitolata Les Amants, è affiancata dall’emblematico ritratto di David Bowie, realizzato da Peyton nel 2016. Di fianco, una foto della Masque di Claudel scolpita da Rodin – una Camille con i cappelli corti e gli occhi grandi – e scattata da Elizabeth al Musée Rodin di Parigi. All’estremità opposta l’immagine della porzione della mano sinistra di Pierre de Wissant che, nella scultura originaria, sfiora il volto di Camille. Queste immagini sono interrotte da altri frammenti: la foto della veduta sul giardino di Villa Medici dipinta da Vélasquez nel 1630; alcune foto scattate da Elizabeth nel giardino della Villa, in cui si scorgono dettagli delle sculture della Fontana di Niobe.

È significativo, per antitesi, il rimando tra il gigantismo del drappo – che tende a perdere nitidezza a seconda della distanza dalla facciata della Villa – e le abituali ridotte dimensioni che caratterizzano la pittura dell’artista americana.

Così, l’assemblage del sipario dà corpo a un percorso non lineare attraverso il tempo, che fa eco a quelle relazioni sovratemporali già messe in opera da Peyton all’interno della mostra.

Giorgia TERRINONI               Roma ottobre 2017