Rinasce la fontana “Venezia sposa il mare” nel cortile di Palazzo Venezia, un virtuoso esempio di partnership pubblico-privato

di Nica FIORI

Restaurata la fontana “Venezia sposa il Mare” a Palazzo Venezia

La fontana Venezia sposa il mare dopo il restauro

Roma, giustamente famosa per le sue monumentali fontane che ornano le principali piazze cittadine e i parchi delle ville storiche, ne possiede molte altre più esclusive e riservate, in quanto inserite all’interno di dimore patrizie. Una di queste fontane “interne”, situata nel cortile di Palazzo Venezia, è molto più di una fontana, perché simboleggia Venezia stessa in quest’edificio che è stato Ambasciata della Serenissima Repubblica a Roma (dopo essere stato nel Quattrocento la residenza del cardinale Pietro Barbo, divenuto papa con nome di Paolo II). La figura allegorica della città lagunare, con il leone di San Marco su una conchiglia sorretta da tritoni, è rappresentata mentre getta un anello nella vasca sottostante, alludendo così al suo sposalizio con il mare.

La Fontana nel Giardino di Palazzo Venezia

Fino a qualche anno fa questa bellissima fontana, realizzata nel 1730 su disegno di Carlo Monaldi, vincitore di un concorso voluto dall’ambasciatore veneziano Barbon Morosini, era di fatto quasi sconosciuta perché collocata all’interno di un cortile-giardino che fungeva da parcheggio. Quando nel luglio 2015 il palazzo è passato sotto la gestione del Polo Museale del Lazio, la direttrice del Polo Edith Gabrielli ha pensato bene di restituire dignità e bellezza al giardino, che è stato restaurato e aperto su tutti i lati, come era in origine, trasformandolo così in una piccola oasi verde, dove poter sostare durante il giorno e assistere nelle sere d’estate a spettacoli musicali nell’ambito della manifestazione “Il giardino ritrovato”. Negli ultimi mesi, grazie a un contratto che il Polo Museale del Lazio ha stipulato con la società di comunicazione veneziana Fondaco Italia e al supporto economico della società Rigoni di Asiago, si è provveduto al restauro della fontana, che è stato fatto a cantiere aperto, per far vedere ai visitatori i restauratori all’opera. In più, con una webcam, si sono potute seguire le fasi anche da casa, grazie alla piattaforma Skyline Webcams, attraverso i social di Rigoni di Asiago e il sito di Fondaco Italia.

Non è la prima volta che la Rigoni di Asiago, azienda leader nella produzione biologica di miele e confetture, finanzia un restauro: risale al 2015 l’intervento di recupero dell’Atrio dei Gesuiti al Palazzo di Brera, a Milano, e al 2017 il restauro dell’originale della statua di San Teodoro, primo patrono di Venezia, nel Palazzo Ducale. Questa volta è stata scelta la fontana romana, perché, come ha spiegato Andrea Rigoni, amministratore delegato della Rigoni di Asiago

“abbiamo voluto contribuire a ridare il giusto valore ad un monumento e ad un luogo che da sempre sintetizzano e rappresentano il legame tra il Veneto e la Capitale, convinti che le aziende abbiano il dovere di restituire al territorio quello che il patrimonio culturale italiano ci offre in termini di bellezza e notorietà nel mondo”.

Il gruppo scultoreo Venezia sposa il mare è il simbolo e il ricordo della vittoria delle navi venete sulla Dalmazia, durante il dogato di Pietro Orseolo II nell’anno Mille: una vittoria che regalò alla città il dominio incontrastato sull’Adriatico. Le navi partirono il giorno dell’Ascensione, e per ricordare l’impresa Venezia istituì la Festa della Sensa, lo Sposalizio del Mare, che veniva celebrato dal Doge sulla nave dogale, il Bucintoro, alla presenza del Patriarca, degli Ambasciatori, dei Capi del Consiglio dei Dieci e altre autorità.

Particolare della mano con l’anello

L’ultimo Sposalizio avvenne nel 1796 sotto il doge Ludovico Manin, ma la cerimonia si ripete tradizionalmente ancora oggi la prima domenica dopo l’Ascensione.

Sulla fontana si sono succeduti nel tempo degli interventi che ne hanno in parte modificato l’aspetto. Da un’incisione del 1735 vediamo che all’epoca non c’era il muretto di recinzione che funge da sedile intorno alla fontana. Presumibilmente questo venne realizzato dopo il passaggio del palazzo all’Austria, quando nel 1857 l’ambasciatore Franz Colloredo Wallsee intraprese dei lavori di ristrutturazione del giardino, come si vede in un dagherrotipo di Robert MacPherson datato 1858. Nella stessa immagine si vedono una fontanella a pilone quadrangolare, posta davanti al gruppo scultoreo centrale e i due leoni medievali che si trovano attualmente ai lati dell’adiacente basilica di San Marco.

Quattro putti con emblemi di possedimenti della Repubblica Veneta (Dalmazia, Morea, Candia e Cipro) completano attualmente il muretto-sedile. La loro vicenda appare piuttosto complessa. Nella foto di MacPherson appare solo quello con la scritta Dalmatia. Tre putti, forse opera di Monaldi, trovati mutili nei sotterranei del palazzo al momento del passaggio allo stato italiano, sono stati affidati per il restauro allo scultore Giovanni Prini o, secondo altre fonti, a Roberto Melli, mentre il quarto putto, quello con la scritta Morea (cioè il Peloponneso), sarebbe stato rifatto ma non si sa da chi, perché troppo frammentario.

Sonia Martone, direttrice del Museo di Palazzo Venezia, ha curato il coordinamento dei lavori di restauro eseguiti da una ditta incaricata dallo sponsor. L’intervento è durato sette mesi e, come ha precisato la stessa Martone, è stato elaborato sulla base di un “cantiere della conoscenza”, le cui attività non si sono limitate alla pulitura e all’integrazione materica, ma hanno coinvolto architetti, esperti di paesaggio, tecnici delle luci, impiantisti.

Nonostante la fontana fosse stata oggetto di un restauro 20 anni fa, le sue condizioni non erano buone, dato il degrado dovuto all’acqua e agli agenti atmosferici, che avevano fatto perdere nitore alle superfici scultoree. Dopo la mappatura sullo stato di conservazione e il montaggio dell’impalcatura (trasparente), come prima cosa si è proceduto al recupero di tutti i frammenti lapidei, che sono stati catalogati per poter essere poi reinseriti nell’opera.

Tritone

Le superfici lapidee sono state dapprima bonificate per contrastare l’azione degradante di alghe, muffe, licheni e piante infestanti, quindi sono state rimosse le spesse concrezioni calcaree, che celavano e alteravano il modellato, e infine si è proceduto alla fase di consolidamento, di sostituzione di materiali non compatibili col substrato materico della fontana (travertino), dovuti a precedenti restauri, e di integrazione delle parti mancanti.

Tutti i materiali usati per la pulitura e per le integrazioni sono naturali e compatibili, come ha precisato il restauratore Luca Vincenzo Pantone. Si è usato in particolare l’olio di essenza di origano, atossico per gli operatori e per l’ambiente, e come malta un materiale studiato ad hoc per avere caratteristiche cromatiche e morfologiche uguali. Alla fine si è proceduto all’impermeabilizzazione con un protettivo trasparente, traspirante e impermeabile.

Ovviamente è stato risistemato l’impianto idrico, che verrà regolarmente monitorato. Non bisogna dimenticare, infatti, che le fontane sono “monumenti vivi”, che hanno bisogno di una conservazione programmata, ovvero un controllo costante nel tempo.

Nica FIORI    Roma settembre 2018