di Marco FIORAMANTI
Roma, Spazio Rossellini
IL SOGNO DI UNA COSA
di/con Elio Germano e Teho Teardo
liberamente tratto dal capolavoro di Pier Paolo Pasolini
Produzione Pierfrancesco Pisani per Infinito Teatro e Argot Produzioni; coproduzione con Fondazione Teatro della Toscana con il contributo di Regione Toscana
TENTATA EVASIONE ovvero “QUANDO QUALCOSA DI FELICE CADE”
Millenovecentoquarantotto. Da Ligugnana, da Rosa e da San Giovanni che erano i loro paesi, senza ancora sapere l’uno dell’altro, Nini Infant, Milio Bortolus ed Eligio Pereisson si erano mossi fin dalle prime ore del pomeriggio con le loro compagnie alla volta della festa. […] Il 14 luglio il Nini ed Eligio con Antonio e Pietro Nonis, con Basilio e Germano Giacomozzi, partirono da Ligugnana per andare in Jugoslavia. […] E per la gioventù cominciava la vita.

Con queste parole Elio Germano, accompagnato dalle sonorità elettroniche di Teho Teardo, dà inizio e voce – calda e affabulante – a Il Sogno di una Cosa, romanzo d’esordio di Pier Paolo Pasolini, rappresentato stasera – 5 marzo – nell’anniversario della sua nascita.
Scritto e ambientato ai suoi giorni – biennio 1948-49 – esprime tutto il calore e le emozioni legate alle antiche radici appartenenti alla sua terra di Casarsa, friulana e materna e viene narrata la condizione umana nell’Italia del dopoguerra. La polvere di macerie del modello reazionario fascista, pur liberato dal respiro della Resistenza – insieme alla fame, alla mancanza di lavoro, allo sfruttamento dei braccianti – esigeva la necessità di un riscatto. È un canto poetico, quest’opera, che dà voce e spinge tre ragazzi friulani, ventenni, durante una festa (“Andarono in osteria e lì crismarono l’amicizia. Ognuno aveva molti pensieri in cuore e pochi soldi in tasca”) a modificare i loro destini. Due di essi si legano ad altri e tentano di oltrepassare il confine slavo, illuminati dal sogno del socialismo reale e di una giustizia sociale.
“Il mondo ha da lungo tempo il sogno di una cosa”, scrive Karl Marx ad Arnold Ruge (1843).
Un racconto di cronaca, vivo e vivace, nel quale egli stesso si immedesima e vive, con tensione passionale, il dramma e l’epilogo di un presente “che gli succhiava il sangue e l’anima”. Architettato magistralmente con un impianto scenico-auditivo di altissima resa sensoriale, lo spettacolo affascina il pubblico per tutta l’intera ora. Il gioco sinestetico dei due artisti agisce su un tappeto musicale preregistrato da Teho Teardo nel quale si inseriscono suoni e voci fuori campo a sostenere l’impatto realistico della scena.
Racconta Teardo in una intervista:
“Nello spettacolo utilizziamo registrazioni di fiumi, del Tagliamento, degli uccelli della zona… ma anche materiale raccolto dall’etnologo Alan Lomax, che nel 1954, assieme a Diego Carpitella, girò per tutta Italia, casa per casa, chiedendo alle persone di cantare le canzoni tradizionali che conoscevano”.
Puramente coreografica la simulazione all’organetto dell’attore romano, in evidente fuori tempo con la base sottostante.
Uno spettacolo poetico – quello visto stasera, con un pubblico gremito e applaudente – che in futuro dovrebbe, a mio avviso, essere diffuso e restare agli annali anche come radiodramma, a immortalare quest’opera giovanile del poeta corsaro.
Marco FIORAMANTI Roma 7 Marzo 2025