redazione
In un’affollata conferenza stampa svoltasi mercoledì scorso alla sede della Stampa Estera in Palazzo Grazioli è stato presentato il documentario prodotto da Paolo Alberti e curato da Valentina Antonioli che ricostruisce “lontano dai miti e dalle leggende” la figura e l’opera di uno tra gli artisti più importanti e conosciuti, tanto problematico quanto innovatore, della scena artistica del Primo Novecento.
Il documentario che a partire da oggi 11 Aprile per dieci puntate sarà trasmesso su San Marino RTV (digitale terrestre Ch 831 – Sky Ch 520 – Tivùsat Ch 93, on demand su http://www.sanmarino tv.sm ) promette di essere molto significativo anche dal punto di vista storico artistico se è vero che verranno presentatati documenti inediti oltre ad oggetti e opere del tutto diverse rispetto alle immagini divenute proverbiali delle modelle dai “colli lunghi”. Inoltre verrà indagato, da parte di Paolo Bensi, anche il tema delle tecniche artistiche, come pure quello del restauro con Giovanni Giovannelli, nonchè quello dell’analisi diagnostica, da parte di Davide Bussolari; approfondisce il tema dell’Archivio a memoria dell’artista l’avv. Gloria Gatti, del Foro di Milano.
Il filmato, che affronta temi quali la biografia dell’artista e l’eccezionale contesto culturale in cui si svolse la sua vicenda umana e artistica, è presentato da Paolo Mieli e si avvale di contributi di Corrado Augias e Tomaso Montanari, oltre che della partecipazione di Riccardo Scamarcio.
Ma per tornare all’evento dello scorso mercoledì, alla presidenza si sono alternati autentici specialisti; in primo luogo Christian Parisot che, oltre ad essere assieme a Giancarlo Graziani, il consulente artistico del programma, è stato autore, come vedremo in seguito, di una vera e propria lezione di critica d’arte; gli altri pur autorevolissimi intervenuti invece non sono critici d’arte ed esegeti dell’artista strictu sensu, certamente però valentissimi studiosi e cultori di arte, cultura e storia. Come Paolo Mieli che ha sottolineato tra l’altro come la vita di Modigliani abbia nel tempo preso i caratteri di
“una favola forse distorta … un thriller in cui gioca un ruolo determinante l’inconscio, un gorgo dove verità e bugia si fondono nel mito dell’artista romantico”.
Tema questo dell’artista “romantico” assai ben noto a Corrado Augias che ne ha trattato brillantemente nel volume “Modigliani l’utlimo romantico” pubblicato nel 2020 per i tipi dell’editore Einaudi.
Augias certamente non finisce di meravigliare per la scienza e la profondità delle sue analisi davvero a 360°, qualsiasi sia l’argomento che deve trattare; un autentico ‘sapiente’ del nostro tempo, come ce ne sono pochi nel nostro paese e non solo, capace peraltro di un eloquio sempre gradevole e affascinante. E’ lui che ha affrontato il tema dell’artista “maledetto” un epiteto -se possiamo dire così- che, com’è noto, Modigliani ha condiviso insieme ad altri sommi artisti di genio quali Caravaggio e Van Gogh:
“Con il romanticismo -ha osservato Augias- comincia la figura emblematica dell’artista maledetto, opposto alla società borghese, un ribelle dalla vita tumultuosa, possibilmente infelice, cosa del tutto sconosciuta all’artista classico o neoclassico; una sorta di corpo estraneo spesso ostile”.
Non a caso, ricostruendo in breve l’avventurosa vita dell’artista nella Parigi dell’epoca tra Montmarte e Montparnasse, alla vigilia di eventi tragici che avrebbero sconvolto l’Europa (da Sarajevo allo scoppio della 1^ guerra mondiale) segnando la fine della Belle Epoque, Tomaso Montanari ne sottolinea la figura “di straordinario rigore” nei cui 36 anni di vita si snoda “una parabola artistica che sembra perfettamente compiuta”.

Dentro la quale tuttavia non si può non sottolineare come Modì (come veniva chiamato) ebbe a subire un destino davvero beffardo, caratterizzato prima dall’indigenza poi da una serie di drammi, quali i suicidi di due delle sue donne, Beatrice Hastings e Jeanne Hebuterne, sua musa ispiratrice, gettatasi incinta dal balcone della loro abitazione il giorno successivo alla morte di Amedeo.
Un interesse particolare ha avuto la discussione che è seguita alle brevi note di presentazione che abbiamo sommariamente riportato, caratterizzata dalle precisazioni di Christian Parisot (che – va doverosamente ricordato- è stato oltre che autore di pubblicazioni e curatore di eventi sull’opera di Modigliani, presidente degli Archivi Modigliani, oltre che collaboratore e archivista della figlia Jeanne) intervenuto su una domanda circa l’uso di un particolare pigmento da parte dell’artista, in particolare il Bianco di Titanio che secondo alcune analisi scientifiche (in particolare quelle condotte dal Nucleo Tutela patrimonio artistico dei Carabinieri di Roma) è stato commercializzato ben oltre la scomparsa di Modigliani e dunque rimetterebbe in discussione l’autenticità di varie opere.
Parisot ha spiegato innanzitutto che le analisi dei Carabinieri si erano limitate a indagare solo gli strati delle pittura in superficie mentre i dipinti vanno analizzati più in profondità, su strati più profondi, tanto più che Modigliani utilizzava spesso tele già dipinte che quindi doveva ricoprire. I laboratori del Louvre, ha detto Parisot, hanno confermato che diverse tele erano di recupero e i colori erano comprati in polvere dai mercanti del tempo, attestando tra l’altro che un dipinto quale il “Ritratto di Diego Rivera” risalente al 1914 presenta il Bianco di Titanio su tutta la parte dipinta ad olio. Inoltre secondo quanto appare presso il Museo di Berlino e da ulteriori ricerche più recenti fatte in laboratori francesi, il pigmento noto come Bianco di Titanio era stato scoperto e commercializzato artigianalmente già ne 1908 poi in ben maggiori quantità nel 1918.

Parisot ha anche chiarito che il prodotto era esportato anche in tempo di guerra, al contrario di quanto affermato da altri critici d’arte propensi a ritenere false alcune opere di Modigliani. Lo studioso poi ha avuto occasione di mettere in chiaro anche molti degli aspetti ancora oscuri collegati alla vita dell’artista, ad esempio i suoi movimenti dopo gli anni di apprendimento in Italia, tra Firenze e Venezia, fino all’approdo a Parigi; si sa – ha sostenuto lo studioso- che Modigliani ebbe a comporre decine di opere e album di disegni che sono ancora da far emergere.
Per chiudere va doverosamente detto che le idee di Christian Parisot sono state a suo tempo contestate dall’altro esegeta della figura di Modigliani, riconosciuto dalla comunità internazionale, cioè Marc Restellini, autore anch’egli di pubblicazioni ed eventi dedicati all’artista livornese, e soprattutto autore della contestazione della mostra del 2017 a Genova quando segnalò – assieme all’appassionato livornese di Modì Carlo Pepi– come false, a carabinieri e Procura, alcune delle opere poi sequestrate e che erano state esposte. Va pure detto che durante il processo in cui venne chiamato a testimoniare, due collaboratori dello studioso francese -secondo le contestazioni mosse- gli avrebbero suggerito alcune risposte e soprattutto vennero messe in discussione tanto le sue valutazioni quanto la sua carriera pregressa.
Marc Restellini, è stato spesso in disaccordo con Christian Parisot, anch’egli testimone a Genova e sostenitore dell’autenticità di diversi quadri nel mirino dei carabinieri, tanto che il loro scontro è arrivato anche in altre aule giudiziarie.
Di Restellini, noto studioso transalpino, però a tutt’oggi si sono perse le tracce: secondo qualcuno proprio in relazione alle conclusioni del processo presso il tribunale genovese che ha del tutto smentito le sue affermazioni, sentenziando che non ci fu truffa e mandando assolti i sei imputati “perchè il fatto non sussiste” .
Roma 11 Aprile 2025