P d L
Thomas Clement Salomon dirige le Gallerie Nazionali di Arte Antica di Roma (Palazzo Barberini-Galleria Corsini) dal gennaio 2024, è storico dell’arte, giurista e museologo; si avvale di una lunga esperienza internazionale nel campo della organizzazione di eventi espositivi e culturali, è stato altresì consulente per la Galleria Borghese nonchè direttore scierntifico del gruppo MoMo Skira. Lo abbiamo incontrato nel suo ufficio a Palazzo Barberini nel pieno del grande successo della esposizione Caravaggio 2025 che sicuramente costituisce uno dei fiori all’occhiello della sua gestione.
-Direttore Salomon direi che le prime domande da porle non possono non partire dall’evento espositivo che certamente si candida ad essere il più importante dell’anno. Lo hanno detto in molti a cominciare da Rachel Campbell-Johnston che credo conosca come chief art critic del Times e del Sunday Times ma anche altri, più modestamente anche il sottoscritto su About Art. E partirei dunque dal chiederle l’origine di questa esposizione, cioè quando l’ha pensata e perché e con chi ne ha parlato all’inizio.
In effetti è un evento che ha avuto e sta avendo una risonanza mondiale, da ultimo mi risulta se ne è parlato su varie testate americane. L’ho pensata da tempo certamente da quando ho assunto la direzione delle Gallerie Nazionali di Arte Antica ed è stata per me un’impresa che ho sempre immaginato potesse avere i risultati che sta avendo.

L’dea era che dovesse trattarsi di un evento preciso, unico, cioè senza precedenti, concernente l’artista italiano certamente più conosciuto e discusso per i motivi che sappiamo anche all’estero – e lo dimostrano oggi i rilevi sulla stampa internazionale- senza mettere in campo i seguaci o i contemporanei e così via, ma dedicata esclusivamente alla pittura di Caravaggio: l’esposizione di 24 capolavori, senza pause, ci permette di concentrarsi sulla sua figura e sulla sua opera senza ulteriori sovrapposizioni o valutazioni; e per questo mi hanno affiancato e hanno avuto un ruolo determinante due autentiche specialiste come Francesca Cappelletti e Maria Cristina Terzaghi
–Parliamo di numeri. Nella presentazione della mostra io stesso le avevo chiesto quanto pensavate di realizzare, in considerazione che la precedente mostra su Caravaggio, quella del Quattrocentenario alle Scuderie del Quirinale, aveva raggiungo quasi mezzo milione di ingressi; ad oggi a che punto siete, se ha dei numeri?
I miei collaboratori mi hanno aggiornato proprio in questi giorni, le posso dire con certezza che ad oggi abbiamo superato i 400 mila accessi e credo proprio che supereremo i 500 mila. Ma anche se sono numeri straordinari mi fa piacere sottolineare come tutto nasca da una logica precisa e dall’ impegno quotidiano davvero certosino mio e dei miei collaboratori oltre ovviamente ad un’attenta valutazione delle realtà che avevamo di fronte e dei problemi da affrontare, perché nulla è stato lasciato al caso, primo fra tutti il dover fare i conti con un afflusso enorme di visitatori, una straordinaria novità per le Gallerie.

Lei avrà notato la ristrutturazione della facciata, il riadattamento del giardino e dell’ingresso, da ultimo l’allungamento dell’orario di ingresso e così via; non ci sono file spropositate di gente in attesa. Dopo di che certamente il fatto che questo grande evento incrociasse il Giubileo certo è stato un vantaggio ma credo pure che decisiva sia stata la possibilità di avere in prestito capolavori provenienti da prestigiosi musei internazionali.
–Ecco a questo proposito evidentemente hanno pesato anche i suoi contatti personali. E’ evidente che per presentare opere di musei europei e americani in Italia come pure per progettare eventi espositivi in altri paesi è necessaria una grande rete di relazioni internazionali.
Si non c’è dubbio; chiaro che ho potuto valermi della grande esperienza fatta in giro per il mondo quando ho potuto intrecciare relazioni ad alti livelli con direttori di musei, studiosi ecc, ma le sottolineo pure che senza abbinare a questo dei progetti di grande rilievo scientifico, e senza la curatela di studiosi di altissima qualità e comprovate competenze professionali riconosciute a livello internazionale avere dei prestiti tanto significativi e prestigiosi non sarebbe affatto facile al di là delle proprie esperienze.
–Su questo non c’è dubbio, però vorrei insistere su questo punto perché, ad esempio, su About Art la prof.ssa Anna Lo Bianco, che come certo sa a suo tempo è stata direttrice di Barberini, ha fatto cenno ad un suo eventuale preciso ruolo per il prestito della Santa Caterina della Thyssen Bornemisza, che com’è noto, difficilmente esce dalla Spagna; può chiarircelo? Lei ha promesso qualche capolavoro in cambio? E comunque è favorevole allo scambio di opere d’arte?
Si certo che sono favorevole, purché, come ripeto, si sia di fronte a progetti di rilevanza scientifica acclarata e a curatori e comitati scientifici di primo piano in fatto di capacità e competenze, come è il caso della mostra Caravaggio 2025. Ottenere un Caravaggio in prestito è quasi un’estradizione, ho seguito tutti i prestiti. Quanto alla Santa Caterina non devo rivelare chissà quale segreto, mi creda, sono andato a Madrid a presentare il progetto; si è operato come al solito tra professionisti alla testa di grandi istituzioni museali, c’è stata una trattativa ovviamente con promesse di eventuali prestiti futuri ma poi argomento decisivo posso credere sia stato soprattutto aver sottoposto un progetto come quello che abbiamo poi portato avanti con tematiche e opere tanto considerevoli.
– Insomma significa che tra qualche tempo vedremo uscire da Barberini o Corsini un Caravaggio, o un Raffaello o un Rubens ?
Certo, non posso negarlo, è giusto se possibile sostenere i grandi progetti di ricerca dei musei internazionali, soprattutto quando loro sostengono in nostri in Italia.
-Senta mi può spiegare com’è stato progettato il business plan per questa grande mostra dedicata a Caravaggio? E più in generale come progettare un business plan per una mostra di rilevo.
La ringrazio per la domanda perché mi dà modo di spiegare meglio quello che accennavo poco fa, cioè il massimo impegno che è stato necessario da parte mia e dei miei collaboratori per mettere in campo un evento di questa portata. Si parte dalla convinzione che il progetto possa essere realizzato vale a dire che sia dentro la sensibilità storica e culturale del tempo e del luogo in cui si deve operare e per Caravaggio ovviamente il discorso è scontato in partenza: Roma e in particolare Palazzo Barberini e non sto qui a ripeterle le motivazioni; quindi si ragiona in termini di risorse (umane e finanziarie) necessarie, e ovviamente in termini di marketing ossia di partner potenzialmente interessati; può immaginare quanto lavoro in termini di impegno da parte del personale è stato necessario. Per realizzare una mostra del genere, se ci si riesce, ci vogliono tre anni almeno, ci siamo riusciti in un anno e due mesi, avevamo solo un quinto dei fondi necessari e abbiamo trovato il resto, parliamo di cifre cospicue.
–A questo riguardo lei ha dichiarato più volte che è stato essenziale trovare sponsor e mettere in campo partnership e che in questa occasione espositiva vi siete valsi del sostegno fondamentale di Intesa Sanpaolo (che ha prestato il «Martirio di sant’Orsola» di sua proprietà; NdA) e della fattiva collaborazione della Galleria Borghese; siccome però quando si portano a Roma -tralasciamo pure i prestiti da Napoli, Milano, Firenze e Roma stessa- capolavori di Caravaggio da Stati Uniti, Irlanda, Spagna, l’impegno finanziario non è un optional, ma credo si aggiri almeno per l’assicurazione sull’ordine di miliardi di euro mi chiedo se avete calcolato ab ovo un vostro margine di rischio per questa mostra? Mi chiedo cioè soprattutto a quale livello di spettatori paganti avete creduto di poter collocare il break-even point di questa mostra?
Detto che l’impegno finanziario come lei giustamente sostiene è assolutamente significativo posso dirle che il nostro punto di margine è intorno ai 200 mila visitatori. Sapevo che non rischiavamo, anzi è uno dei pochi progetti di mostra in attivo e sottolineo che è stato gestito interamente da noi in co-produzione con la Galleria Borghese, ad esclusivo beneficio del Ministero e del pubblico.
–Quindi siete già molto avanti con i ricavi! Pensando che la mostra raggiungerà più o meno 500 mila visitatori possiamo parlare di un successo senza precedenti per Palazzo Barberini?
Certo, nel 2023 i visitatori erano 173.00, l’anno scorso oltre 300.000, ora siamo a quasi 600.000 in soli sei mesi, però poi tenga presente le tempistiche di gestione di un bilancio pubblico e le spese consistenti.
-In una intervista all’Ansa appena insediato lei veniva presentato come storico dell’arte, giurista, museologo, responsabile scientifico di progetti espositivi in Italia e all’estero, nonché consulente dei Progetti per la Direzione alla Galleria Borghese di Roma e direttore scientifico del Gruppo MoMo-Skira. Ma chi è davvero Thomas Clement Salomon? Mi chiedo poi come ha ricevuto la notizia di questo incarico, cioè proprio personalmente come l’ha presa.
Parto da qui per dirle che l’ho presa proprio come una sfida, con l’obiettivo di valorizzare al massimo istituzioni museali che lo meritano ma che non hanno ancora quel riconoscimento che spetta loro; Palazzo Corsini e Palazzo Barberini devono diventare un cruciale punto di riferimento per la grande pittura, perfezionando il brand dei musei, accrescendone la dimensione nazionale ed internazionale, anche attraverso la puntuale analisi dei flussi dei visitatori. Rispetto alla trascorsa gestione dirigenziale posso già dirle che nel 2024 abbiamo superato del 40% il numero di visitatori. Quanto al sottoscritto, io sono laureato in Giurisprudenza, ma non mi sento un giurista, sono laureato in storia dell’arte, sono stato responsabile di progetti oltre che ideatore, coordinatore e project manager di molteplici progetti espositivi in ambito museale. Aggiungo che sono impegnato in questo lavoro qui in questo ufficio non meno di una decina di ore giornaliere perché credo che sia una vera missione dare ai musei il rilievo che meritano.
-D’accordo, ma di questo parleremo dopo se consente. Adesso insisterei su questo tema della sua figura professionale e di come questo abbia impattato sulla direzione di Palazzo Barberini e ancor meglio sulla realizzazione della mostra Caravaggio 2025. Credo non se la prenda se posso definirla un direttore-manager anche considerando che nella recensione che abbiamo pubblicato sul nostro sito la Prof.ssa Danesi Squarzina ha scritto che lei si sarebbe comportato in questa occasione come uno dei grandi direttori di musei internazionali europei o americani che ha scelto il ruolo di regista delegando alle curatrici i contenuti scientifici. E’ d’accordo o le pare un giudizio un po’ riduttivo?
No non mi pare riduttivo e nella sostanza sono d’accordo, del resto alle curatrici tutti riconosciamo una competenza sulla figura e sull’opera di Caravaggio che possono rivendicare in pochi, si vedano le pubblicazioni, le mostre, le conferenze che hanno realizzato.
-E tuttavia vedo su facebook che lei si applica non di rado all’analisi testuale di alcuni capolavori esposti in mostra, proprio come farebbe uno storico dell’arte. Mi chiedo quindi se una qualche sovrapposizione con le curatrici non ci sia mai stata; quale è stato il vostro rapporto?
Sul primo punto: certo, ogni tanto mi si chiede di commentare un’opera che è in esposizione e lo faccio volentieri; quanto al rapporto con le curatrici che dire? E’ stato ed è ottimo
-Ovviamente mi aspettavo la risposta Direttore, tuttavia la domanda nasce perché come lei sa bene su Caravaggio sono intervenuti e intervengono (non sempre a proposito) numerosissimi studiosi, alcuni certificati altri purtroppo improvvisati, dunque mi chiedo se quel convegno di qualche settimana fa non sia nato come una sorta di compensazione per quanti non sono stati direttamente coinvolti magari per smorzare qualche voce critica.
No assolutamente, avevamo previsto da tempo una giornata di studi su cui chiamare ad intervenire studiosi da ogni parte del mondo; in effetti hanno partecipato un centinaio di storici dell’arte, venuti davvero da ogni dove e ho potuto verificare che anche chi spesso si fa notare come voce critica ha trovato la mostra importante e assai ben strutturata; mi faccia citare in questo senso almeno il Prof Tomaso Montanari che mi ha effettivamente mostrato tutta la sua soddisfazione, riconoscendo la piena validità tanto della mostra che del convegno.
–Mi sa dire se saranno pubblicati gli atti del convegno? D’altra parte mi pare che in questa occasione la parte del leone l’abbia fatta il nuovo Ragazzo che sbuccia il melangolo presentato da Gianni Papi come la versione originale; lei era presente al suo intervento, che ne pensa ?.
Riguardo al convegno, stiamo valutando nell’ambito delle diverse future pubblicazioni delle Gallerie; certo, ero presente all’intervento di Papi, del quale conoscendo la valenza come studioso e esperto di Caravaggio e caravaggeschi posso dire che merita considerazione e attenzione, però per quanto riguarda la sua idea non posso pronunciarmi, anche perché ha affermato che rimandava ogni ulteriore riscontro ad una pubblicazione prevista per ottobre.
–Detto ciò passiamo ora alle dolenti note che riguardano proprio i contenuti scientifici che in questa mostra secondo il parere di alcuni sarebbero stati deludenti; glieli cito in progressione così mi può dire la sua; intanto prendo spunto da quanto riportato da Michele Cuppone su About Art, che tra gli altri cita ad esempio Arnold Nesselrath (che com’è noto ha avuto ruoli di rilevo per l’arte antica ai Musei Vaticani e mi pare ora insegni a Berlino) il quale su The Art Newspaper ha messo in discussione la campagna di comunicazione e i disattesi (a suo dire) propositi scientifici. Ma non è il solo; si è scritto che almeno un paio di dipinti o anche tre, erano (sono) di dubbia autografia caravaggesca (il Narciso, di cui peraltro è nota da tempo la controversia con chi lo accredita di mano dello Spadarino) a seguire il Ritratto di Maffeo Barberini (quello con caraffa di fiori ndA), ed infine la versione di Hampton Court del Ragazzo che sbuccia un melangolo (su cui poi come abbiamo detto è arrivata la novità di Gianni Papi); si è detto poi che l’allestimento non ha tenuto conto della grande affluenza di visitatori e dell’illuminazione non consona a scapito della piena fruizione di alcuni dipinti;

critiche anche allo stesso Ecce Homo -autentica novità e sicuro richiamo della esposizione- che, esposto accanto alla Flagellazione, mostrerebbe debolezze tali tanto da rimetterne in discussione l’autografia, soprattutto è stato scritto che non si è tenuto conto delle voci critiche che già ne negavano l’autenticità; inoltre è stato criticato il fatto che mancassero dei confronti (o comunque degli approfondimenti) tra dipinti recentemente apparsi in mostre e pubblicazioni che contendono l’autografia a quelli già noti (si è fatto il ‘caso’ della Cattura di Cristo, ma ne sono emersi anche altri) senza contare, e questa ulteriore riserva riassume un po’ il punto di vista dei critici, che manca praticamente del tutto la ricostruzione del contesto in cui Caravaggio operò e visse, su cui si sarebbe potuto impiantare un vero percorso critico nuovo e produttivo. Un giornalista studioso preparato come Federico Giannini si è spinto a dire che si tratta di una mostra Blockbuster, che non è proprio un complimento.
Allora vediamo di precisare; una esposizione che porta a Roma capolavori di sicura mano del Maestro più conosciuto, studiato e dibattuto, che ha mosso interessi in ogni parte del mondo, che ha fatto affluire centinaia di migliaia di persone, che ha soddisfatto gli studiosi più rigidi come ho verificato nel convegno che ho citato prima (ho fatto il caso di Montanari, ma ne potrei citare altri) recensita dalla stampa internazionale ….
–Aspetti Direttore, la devo interrompere, perché su questo sono tutti d’accordo, questi sono i meriti della esposizione, io le ho citato critiche non alla unicità dei pezzi esposti o alla straordinarietà della mostra ma ai suoi -supposti- limiti scientifici.
D’accordo, allora sa cosa le dico? Mi sta bene così, sono personalmente felicissimo di ogni riflessione riguardante la mostra perché è mia convinzione che quando arrivano delle critiche queste sono comunque utili per verificare dove si è mancato e poter migliorare; ma andando nello specifico, iniziamo dall’allestimento e dalla illuminazione, che al contrario di quello che mi riferisce lei, credo che abbiano in realtà funzionato anche se naturalmente si può anzi si deve sempre migliorare: abbiamo collaborato con i migliori in questo campo, considerando che abbiamo potuto utilizzare stanze dall’ampiezza limitata la cui struttura ovviamente non era né è modificabile dove peraltro grava la questione connessa alla sicurezza, tanto più quando c’è un afflusso importante come in questo caso. Quanto ai tre quadri diciamo così dubbi, che dire? Del Narciso sappiamo che la comunità scientifica è ancora lontana da un accordo circa l’autografia caravaggesca e lo stesso si deve dire del Ritratto di Maffeo Barberini da lei citato; si tratta di cose risapute, ma per questo si mette in dubbio la validità scientifica dell’esposizione?

Per non dire dell’Ecce Homo; abbiamo il parere positivo dei più grandi esperti internazionali, abbiamo uno studio completo e a mio parere del tutto adeguato dal punto di vista filologico e scientifico che ne attesta l’autografia, poi se due o tre studiosi e qualche giornalista non ne sono convinti ce ne sono molti altri favorevoli. Quanto ai confronti, come lei ha sottolineato, oltre alla Cattura altri dipinti contendono l’autografia ad alcuni quadri di Caravaggio che però da tempo stanno nei musei, che sono studiati e documentati, dei quali si conosce la storia pregressa e la committenza, per quegli altri invece – tutti di collezione privata- si fa conto dello stile e di determinati particolari; però le chiedo: ma lei ha visto la Cattura di Dublino? Ma si può davvero discutere qual è di Caravaggio?

Insomma che dirle? Noi abbiamo inteso proporre una nuova riflessione sulle innovazioni che Caravaggio ha portato non solo a livello iconografico ma anche relativamente alla produzione artistica in quegli anni che vanno tra fine ‘500 e inizi ‘600 presentando nuove riflessioni e nuove idee su vari temi, ad esempio quello delle modelle di Caravaggio (per la prima volta sono esposte assieme la Santa Caterina già in collezione Barberini, con Marta e Maddalena di Detroit e la Giuditta Barberini: qui si, chiunque può fare i confronti sulle somiglianze delle donne che hanno posato per l’artista) per non parlare di un tema come quello che abbiamo definito della nascita del ritratto moderno con l’eccezionale Ritratto di monsignor Maffeo Barberini per la prima volta esposto al pubblico e messo a confronto con l’altro Ritratto di Maffeo Barberini con caraffa di fiori.
Lei mi dice che in questo caso secondo alcuni l’avvicinamento dei due suona a bocciatura per quest’ultimo, non sono d’accordo ma ne prendo atto; ma aggiungo che con tutto il rispetto per le varie opinioni altri prestigiosi studiosi sono del parere opposto. Insomma torno a ribadire che il successo della mostra, oltre ad aver dato modo di godere di una serie di capolavori per la massima parte certamente autografi, dipenda anche dal fatto che ci consente di capire bene quale fu il carattere assolutamente innovativo del prorompente linguaggio caravaggesco e della sua progressiva evoluzione, per non dire del rapporto dell’artista con i suoi mecenati, peraltro nel particolare clima sociale e religioso del tempo; devo anche rimarcare che questa è una mostra diversa dalle altre, specie da quella da lei citata del Quattrocentenario con cui viene solitamente anche da lei paragonata, perché si basa sulle novità emerse dagli studi più recenti che ci consentono di vedere l’arte di un genio come Caravaggio in una chiave nuova: questo era l’obiettivo, se poi per qualcuno ciò qualifica la mostra come mostra blockbuster, che dire?
-Anche le schede del catalogo sono state oggetto di critiche perché in qualche caso ritenute da alcuni assegnate a studiosi non propriamente caravaggisti. Per farle un esempio, lei sa che da una importante associazione culturale svizzera proprietaria di una versione del Ragazzo che sbuccia il melangolo è in corso un’azione giudiziaria nei vostri confronti e verso l’editore Marsilio ? perché nella scheda di catalogo firmata da Giovanni Morciano il dipinto si dà per copia mentre è riconosciuto e più volte pubblicato come versione autentica di Caravaggio da gran parte degli esperti del Merisi. Lo stesso Gianni Papi nel presentare la versione che lui reputa prima ed originale del Maestro non esclude affatto che ce ne siano altre successive di sua mano. Ha saputo di questa cosa? Non crede che si sia andati un po’ troppo leggeri -per così dire- nell’affidare la redazione delle schede?
Si so che è stata sollevata una questione di questo tipo di cui si stanno occupando gli uffici competenti, ma su questo posso dirle poco e non per evitare il discorso o per scaricarmi di responsabilità che non mi competono, ma perché effettivamente non mi sono occupato della stesura delle schede in catalogo, che è di stretta pertinenza delle curatrici che hanno la mia massima stima e fiducia.
–Adesso passerei più specificatamente al museo, anzi ai musei. Se pensiamo a Firenze ci vengono subito in mente gli Uffizi, per Milano Brera, Napoli Capodimonte, Venezia le Gallerie dell’Accademia, e così via, per Roma la situazione è diversa; non solo non viene in mente Palazzo Barberini e meno ancora Corsini ma tra i cittadini questi luoghi non sono neppure tanto conosciuti. Ovviamente lo stesso discorso vale per i Capitolini, per la Galleria Spada e così via, unica eccezione probabilmente la galleria Borghese. Lei come pensa di portare i cittadini a vivere Palazzo Barberini pienamente come il loro più importante museo, a considerarlo come una seconda casa visto che è al centro di Roma e facilmente raggiungibile?
Ecco vede, lei mi parla di Brera, Capodimonte, Uffizi, Gallerie dell’Accademia ma occorre tener conto che a Roma per quanto concerne l’offerta museale oltre a Barberini e Corsini e ai siti che ha indicato lei vanno aggiunti anche la Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea, il Maxxi, Palazzo Braschi e numerosi altri, per non dire dei Vaticani. Noi abbiamo in corso iniziative di grande profilo come il riallestimento della Sala Pietro da Cortona, un progetto interamente rivolto ai capolavori archeologici (‘Barberini archeologica’) alla valorizzazione delle collezioni permanenti, un altro progetto che riguarda il Mitreo Barberini. Sono tutte iniziative di grande rilievo, attualmente in corso; le ho citato già prima quali cambiamenti strutturali abbiamo realizzato, dopo di che non voglio apparire come il classico Direttore che appena assume le redini di una istituzione la prima cosa che pensa di fare è riallestire le sale per lasciare la sua impronta, e tuttavia se pensa a quanto stiamo realizzando col riallestimento della sala Pietro da Cortona, col Mitreo e con gli straordinari affreschi che contiene, nell’ambito del progetto già citato ‘Barberini Archeologica’ che prevede altresì la schedatura dei pezzi di archeologia e dei marmi …
-D’accordo, ma i tempi ?
Insisto nel sottolineare il gravoso impegno quotidiano del sottoscritto e degli straordinari collaboratori che mi sostengono su questi temi senza mai trascurare la dedizione quotidiana nell’organizzazione di eventi e nel favorire la ricerca, perché questo è anche il compito di una istituzione museale e tuttavia posso dire che entro i primi mesi del prossimo anno molte iniziative saranno completate.
-Certamente si tratta di provvedimenti importanti e significativi ma teniamo presente un dato piuttosto disturbante Direttore, che è stato misurato e che consiste nel fatto che mediamente un visitatore di museo passa davanti ad un’opera non più di 8 secondi, ossia uno sguardo e via; insomma si possono adottare le migliori strategie possibili ma poi i dati non sono confortanti. In una intervista che feci al Direttore di Brera James Bradburne dopo il periodo del Covid gli posi la stessa domanda e mi spiegò quale strategia avessero adoperato loro affinché il visitatore restasse davanti ad un quadro a riflettere, a porsi delle domande e perfino a scrivere cosa se ne pensasse … “Come abbiamo fatto? -mi disse- Con le didascalie, che ora sono scritte da autori diversi, con punti di vista differenziati. Abbiamo inserito anche didascalie olfattive; per esempio la mirra davanti ad una adorazione dei Magi, per far capire cos’è la mirra, perché non tutti lo sanno; inoltre a Palazzo Strozzi per la mostra La Bellezza divina, feci deliberatamente metter in evidenza due didascalie per uno stesso quadro, una scritta da una studiosa protestante, l’altra da una storica dell’arte cattolica perché l’arte deve trasmettere il rispetto per ogni diversità”. Non saprei dirle se ancora a Brera funziona così ma lei che ne dice?
Dico che certamente va salvaguardata la diversità dei punti di vista ma non mi pare che questo tipo di ‘misure’ -chiamiamole così- siano davvero utili: per parte nostra abbiamo sicuramente la massima cura per gli apparati didattici e per la stesura delle didascalie delle opere esposte; è una cosa che ci viene riconosciuta anche perché tutto è frutto di ricerche e studi in grado di fornire motivi di discussione tra gli addetti ai lavori ma anche di educazione e apprendimento per il visitatore.
-Un’altra idea per avvicinare di più il pubblico sarebbe l’apertura gratuita dei musei? Lei sarebbe favorevole?
Beh, certo, nel mondo dell’utopia questa sarebbe un’ottima e giusta idea, ma nella realtà considerando i costi e gli impegni finanziari che un museo specie di questi livelli deve sostenere non è una misura realizzabile a mio parere.
-Ma almeno consentire l’ingresso gratuito alle persone anziane o ai più giovani?
E’ una cosa su cui si può lavorare senz’altro.
-E per rimanere su questo discorso -non le faccio mistero che la domanda l’ho inserita a seguito di quanto accaduto a Venezia col famoso matrimonio- lei affitterebbe spazi del museo per iniziative come ad esempio matrimoni o magari che so? sfilate di moda, considerata l‘ importanza di questo settore qui a Roma, potendo contare su un riscontro economico importante?
Anche in questo caso le confermo che non sono affatto contrario ad iniziative che vedano coinvolti privati, ovviamente nella salvaguardia delle caratteristiche e peculiarità del museo e delle responsabilità didattico-educative che ci competono; ad esempio nel mese di Settembre palazzo Barberini ospiterà la Biennale dell’antiquariato che ha avuto sempre grande richiamo a Roma, una iniziativa che sarà di sicuro prestigio ed avrà senza dubbio un richiamo internazionale con risultati positivi sia per la città che per il museo che deve essere vivo.
-In un’altra intervista lei ha dichiarato che Palazzo Corsini e Palazzo Barberini devono diventare un cruciale punto di riferimento, a Roma, per la grande pittura. Pensa a mostre di grande richiamo, non dico come Caravaggio 2025 ma simili? La domanda qui è: come si riesce a far vivere assieme qualità, scientificità e grandi numeri?
La ringrazio ancora perché con questa domanda ho l’occasione di chiarire un punto di vista per me determinante, che sembra scontato ma forse non lo è. Il compito che ho perseguito da quando mi sono insediato è di portare Palazzo Barberini al centro dell’interesse dei cittadini, intanto, come ho già accennato, seguendo una logica precisa quella per cui il museo come istituzione faccia parte del tessuto connettivo della città stessa, seguendo un percorso che oltre al numero di visitatori che vengono registrati (e che comunque come le dicevo superano già di molto quelli precedenti il mio ingresso al museo) tenga in primo piano l’obiettivo di rispettare i canoni della scientificità, della ricerca e della divulgazione.
-Ecco, come è possibile far marciare insieme questi valori con la necessità di aumentare i visitatori?
L’idea ed anzi l’obiettivo di riproporre il museo come istituzione centrale per la vita della città che, come ho già detto più volte, mi sono posto non può non passare attraverso la qualità dell’offerta che si determina in ragione della valorizzazione e della tutela delle opere d’arte, una cosa di cui si parla sempre ma che effettivamente dà la misura delle caratteristiche e dei meriti di una istituzione museale, proprio perché favorisce e amplia le coscienze ed educa, e in questo si possono coinvolgere più tipologie di pubblico. E se mi consente un breve ulteriore commento a quanto si diceva riguardo ai cosiddetti limiti della mostra in corso, ho il sospetto che a volte certe critiche nascano da un certo malinteso senso di fastidio proprio verso il pubblico, quando -ad esempio con Caravaggio 2025- sono tante le persone che vogliono vedere i quadri, sono situazioni in cui alcuni arricciano il naso, non amano che un vasto pubblico partecipi agli eventi, noi invece lavoriamo per il pubblico!
-E’ la sindrome della torre d’avorio Direttore; ma andiamo avanti, stiamo per arrivare alla conclusione; mi accorgo che abbiamo parlato della collezione permanente quasi di sfuggita, eppure certamente è una delle più importanti e prestigiose d’Italia; può dirmi se pensate di ampliarla, se sono alle viste nuove acquisizioni? Penso ovviamente al Ritratto di Monsignor Maffeo Barberini, pensa di poter promuoverne l’acquisto?
La collezione permanente certamente è una delle più straordinarie del nostro paese e non solo; i riallestimenti di cui le parlavo hanno precisamente lo scopo di valorizzarla ancor più, quanto all’ampliamento con ulteriori acquisizioni le posso solo dire che ci sono dei progetti in corso ma mi consenta di non svelarli ancora pubblicamente, credo ci si debba concentrare su pochi acquisti importanti, abbiamo tante opere nei depositi.
-Direttore e allora per chiudere davvero le chiedo due cose: in primis se c’è qualcosa che l’ha colpita in negativo in questi mesi di direzione e poi quale è, se c’è, il suo sogno nel cassetto: Caravaggio 2025 è sicuramente un evento che segnerà la sua esperienza a Barberini; ma c’è un’altra idea di questo rilievo che aspirerebbe a realizzare?
Guardi, il bilancio è estremamente positivo, se devo dire cosa mi ha colpito in negativo probabilmente proprio quegli atteggiamenti che, come dicevo poco fa, appaiono non di rado quando si registra un’alta partecipazione popolare alle iniziative espositive e non mi riferisco solo a quella in corso da noi ma in generale; per alcuni è come se certi temi e certe iniziative debbano essere esclusiva di pochi e il concorso popolare, il dare a tutti la possibilità di farsi un’idea precisa, oltre che apparire sgradito disturbasse o peggio ancora sminuisse il valore di un evento; ecco, è un atteggiamento ricorrente che effettivamente ho riscontrato e ovviamente non mi piace: poi lei mi chiede quali altre iniziative di alto livello e altrettanto alto impegno ho in mente; ce ne sarebbero alcune …
-Gliene indico una? Una mostra su un artista straordinario ma la cui genialità almeno da noi è poco conosciuta: parlo di Johannes Vermeer
Eh si, certo una mostra su Vermeer mi piacerebbe molto; sarebbe davvero la realizzazione di un sogno; non ci sono però opere di Vermeer in Italia e si immagini dunque l’impegno e il lavoro che metterle insieme richiederebbe !!
P d L Roma 6 Luglio 2025