di Nica FIORI
“Giunto ad una certa età, quando le buone idee che uniscono contano molto di più, a parità di qualità, di quelle che dividono, (…) ho sentito forte e pressante il desiderio di condividere non tanto ‘il vissuto’, tra l’altro inenarrabile quando si è ‘in balia della memoria’, quanto ‘il posseduto’.”

Con queste parole il gallerista e collezionista Gian Enzo Sperone (nato a Torino nel 1939) inizia a raccontare le ragioni che lo hanno spinto a donare 33 opere d’arte all’Accademia Nazionale di San Luca.
Quando, il 15 maggio 2025, giorno del suo 86° compleanno, si è tenuta l’anteprima stampa dell’esposizione, il presidente dell’Accademia Francesco Cellini è apparso palesemente emozionato, perché era dal 1934 che non si ricevevano più donazioni, pur trattandosi di una prassi comune nel passato. Questa prestigiosa istituzione romana, fondata formalmente nel 1593 da Federico Zuccari, che ne fu anche primo Principe (cioè direttore), ha in effetti acquisito la sua Galleria storica, che attualmente ha sede nel Palazzo Carpegna, grazie ad alcune collezioni ricevute in dono e lasciti testamentari, oltre ai lavori presentati dagli accademici nel momento del loro ingresso.
Nel caso della donazione Sperone, le opere vanno dal Cinquecento al Novecento (con una prevalenza del Sei-Settecento), con un’attenzione particolare a figure e aree geografiche non rappresentate nelle collezioni dell’Accademia, che dunque ne risultano, anche sotto questo aspetto, pregevolmente arricchite.

Tra i pittori più noti figurano Prospero Fontana, Giovanni Francesco Barbieri, detto il Guercino, Ludovico Cardi, detto il Cigoli, Leandro Dal Ponte, detto Bassano, Vittore Ghislandi, detto Fra Galgario, Luca Giordano, Giovanni Antonio Guardi, Jacob-Ferdinand Voet, Giovanni Paolo Panini, Anton Raphael Mengs, Bernardo Strozzi. Due pittori sono del Novecento, Filippo de Pisis e Francesco Paolo Michetti, e due sono gli artisti contemporanei, Giulio Paolini, autore dell’installazione Crepuscolo degli Idoli del 1997 (costituita da frammenti di calchi della statuaria classica e un siparietto in velluto) e Carlo Maria Mariani. Di quest’ultimo è il gigantesco disegno a carboncino su carta intitolato Costellazione del Leone: una composizione del 1980, nella quale si riconoscono i volti dei protagonisti del mondo dell’arte a Roma negli anni ’70 -‘80, inseriti su figure classiche, tra cui lo stesso Sperone nelle sembianze di Apollo.


Fino al 7 giugno 2025 queste opere sono esposte in tre sale al pianterreno di Palazzo Carpegna, a sinistra di chi entra, e dal prossimo autunno sarà loro destinata la sala oblunga, sotto il portico di Borromini, che concluderà idealmente il percorso della Galleria al III piano, in gran parte riallestito secondo il criterio delle donazioni e lasciti.
La mostra è intitolata “Nel segno di Giano”, perché Gian Enzo Sperone guarda al passato e al futuro, proprio come Giano bifronte.
Il donatore, che per 60 anni è stato uno dei grandi protagonisti del mercato dell’arte internazionale, vuole così esprimere le sue due anime, di promotore dell’arte contemporanea e di collezionista di opere del passato, ricordando ovviamente che l’arte è sempre contemporanea nel momento in cui è realizzata o acquisita.

La sua attività di gallerista è iniziata a Torino nel 1964, facendo conoscere artisti quali Rauschenberg, Lichtenstein, Wahrol e altri. Ha poi aperto gallerie a Milano, Roma e New York, promuovendo la Pop Art, l’Arte povera, il Minimalismo, la Transavanguardia. Parallelamente e più segretamente ha portato avanti la sua passione per l’Antico, che ironicamente ha definito “scellerata”, con raccolte che vanno dall’archeologia romana e cinese Han alla scultura del Gandhāra, dai dipinti e sculture di ogni epoca ai bulini e acqueforti, da Dürer a Piranesi a Goya, e molto altro, non avendo snobbato deliberatamente nessuna forma d’arte.
“La cosa che mi ha profondamente commosso quando sono entrato in questa stanza quasi completamente allestita e ho guardato questi quadri che sono di varie epoche … è che sono quadri scelti da una mano, da un occhio, da una testa pensante … ho capito che la donazione è stata fatta su una scelta personale molto forte”,
ha dichiarato Cellini nel corso della presentazione.
Il riferimento è alla stanza centrale, dove le opere sono state disposte come in un’affollata quadreria, facendo coesistere gomito a gomito dipinti apparentemente diversi fra loro, e a volte in contrasto, per formato, epoca e stile. Su ogni parete una didascalia, con il disegno dei contorni dei singoli quadri e i numeri relativi, permette di individuare i titoli e gli autori.

In realtà ci sono dei fili segreti, che legano tra loro le opere collezionate, anche se non si colgono immediatamente. Come ha raccontato Sperone, alcuni acquisti sono stati dettati dal desiderio di richiamare in qualche modo un’opera già posseduta, come gli è successo, per esempio, quando, dopo l’acquisto di una testa scultorea dell’imperatore Vespasiano, si è imbattuto in un dipinto di Gian Antonio Guardi (pittore di rilievo della prima metà del Settecento veneziano, fratello del più noto Francesco), il cui titolo Crasso saccheggia il Tempio di Gerusalemme l’ha, per così dire, attratto, perché la presa di Gerusalemme è avvenuta da parte di Tito, figlio di Vespasiano, in seguito alla campagna in Giudea iniziata dallo stesso Vespasiano, anche se, in realtà, l’episodio raffigurato è relativo al 53 a.C., nel corso della guerra tra Romani e Parti, mentre la presa di Gerusalemme avviene più di un secolo dopo, nel 70 d.C.

Un piccolo ritratto di Salomon Adler (Ritratto di gentiluomo con fiocco rosso) è stato accostato in mostra a un ritratto di Fra Galgario, un pittore che, come Sperone ha scoperto, era stato compagno di scuola di Adler. E lì vicino c’è il dipinto di un altro coetaneo, Giacomo Ceruti, detto il Pitocchetto.
Riguardo al bergamasco Fra Galgario (1655-1743), Sperone ha tenuto a precisare che Roberto Longhi lo ha definito “il maggior ritrattista del Settecento, non in tutta Bergamo, ma in tutta Europa”. Forse Longhi esagerava, ma il dipinto esposto, Ritratto di pittore, ci colpisce per la fierezza dello sguardo e della postura e per la resa del ricco abbigliamento.
Tra i ritratti, uno che appare particolarmente appropriato per l’istituzione ricevente è quello che raffigura Antonio Canova, ultimo Principe dell’Accademia di San Luca (una prima volta nel 1810 e “Principe perpetuo” nel 1814), alla quale ha impresso un nuovo indirizzo culturale: dalla riforma della didattica artistica agli scavi, al restauro e alla tutela del patrimonio monumentale antico, dal riassetto urbano di Roma alla promozione dell’arte a lui contemporanea.

Il dipinto, realizzato dall’inglese John Jackson nel 1819, fu esposto nella Royal Academy di Londra, riportando vasta eco nella stampa periodica. Il presidente dell’Accademia è rimasto molto colpito da questo dipinto e ha fatto notare che si distingue nettamente da alcuni autoritratti di Canova, nei quali si autocelebra come se fosse un eroe classico, con lo sguardo rivolto idealmente al cielo, in previsione dell’immortalità. Anche il ritratto realizzato da Marco Benefial nel 1740-1745, raffigurante probabilmente il collega Pierre Subleyras, è di straordinaria fattura e in sintonia con il luogo ospitante, visto che Benefial è stato “Custode” (conservatore) dell’Accademia nel 1744.


Altri dipinti sembrano avere analogie per il soggetto raffigurato. Il vibrante San Paolo di Bernardo Strozzi (1635-1640), con in mano l’elsa della spada che allude al martirio, può essere accostato allo splendido Sant’Andrea Apostolo di Guercino (1655-1656), non certo per lo stile (in questo caso classicista), ma per la presenza della simbolica croce del martirio e per i volti contornati da barbe e capelli bianchi.
La conturbante bellezza di Maddalena penitente, titolo di due dipinti, uno del Cigoli (del 1598) e l’altro di Pietro Liberi (1650-1659), in quest’ultimo caso con un angelo che le porge un teschio e una corona di spine, può essere paragonata a quella delle figlie di Lot dipinte da Gioacchino Assereto (1640-1645) e a quella più pudica di Santa Prassede di Bernardino Mei (1650-1655), raffigurata mentre raccoglie con una spugna il sangue dei martiri.


Due grandi dipinti raffigurano episodi di storia sacra: il possente e dinamico Davide vince Golia (1680 ca., già in collezione Koelliker) del milanese Giuseppe Nuvolone, e la Resurrezione di Cristo (1563-1565) di Prospero Fontana, esponente del tardo manierismo a Bologna.
Altri raffigurano, invece, scene relative alla storia romana, come La morte di Lucrezia (1590-1595) del veneziano Jacopo Negretti, detto Palma il Giovane.
Al neoclassico Vincenzo Camuccini, che è stato principe dell’Accademia di San Luca dal 1806 al 1810, si deve Manio Curio Dentato rifiuta i doni dei Sabini (1824). Il protagonista, console romano durante le guerre sannitiche, è noto per la sua rettitudine morale e per aver legato il suo nome alla costruzione nel 271 a.C. di un canale (il cavus Curianus) che convogliava le acque del Velino, che rendevano paludosa la piana di Rieti, verso il salto naturale delle Marmore.
In un altro dipinto neoclassico, Achille e Pentesilea, il pittore Stefano Tofanelli, pur riferendosi a un mito greco, utilizza per il suo eroe il volto dell’imperatore Caracalla, noto dalla ritrattistica romana.

Tra gli altri quadri ci colpiscono Coppia di soldati in armatura di Pietro della Vecchia, personalità di rilievo del Seicento veneziano, il Democrito (1650-1660) del napoletano Luca Giordano, i Capricci secenteschi di Jean Lemaire e il Capriccio architettonico (1735 ca.) del piacentino Panini, con diversi monumenti romani facilmente riconoscibili.

Molte delle opere vantano un’illustre storia collezionistica, ma ciò che ha spinto Sperone ad acquistarle è ciò che ha sentito, la qualità e ovviamente anche il nome, ma questo non è necessario: anche un dipinto anonimo per lui va benissimo.
Secondo le parole di Sperone, egli ha scelto di donare queste opere a un’istituzione culturale romana come l’Accademia di San Luca, piuttosto che a New York o a Torino, perché
“Tutta la città di Roma è una quadreria a cielo aperto e gli opposti incrociati e incrostati con scintille millenarie continuano a produrre esisti sorprendenti. Non so se le ‘mie scintille’, da Prospero Fontana a Luca Giordano, da Fra Galgario a Gianantonio Guardi, possono dare spettacolo pur in vicinanza anche improbabile, ma io ci credo”.
Nica FIORI Roma 25 Maggio 2025
“Nel segno di Giano. La donazione di Gian Enzo Sperone”
Accademia Nazionale di San Luca, piazza dell’Accademia di San Luca, 77 Roma.
16 maggio-7 giugno 2025
Da martedì a venerdì h.15-19, sabato h.10-19. Ingresso gratuito.
Per informazioni 06 6798848 e 06 6798850, www.accademiadisanluca.it