“Mia Madre? Una passione viscerale per l’arte”. Elena Attolico parla di come nacque la straordinaria collezione di sua madre Bianca, le cui opere vanno in mostra a Villa Torlonia (dal 20 ottobre al 17 gennaio)

P d L

La Signora dell’Arte. Opere dalla collezione di Bianca Attolico da Mafai a Vezzoli – Roma

Il Casino dei Principi di Villa Torlonia ospita dal 20 ottobre 2020 al 17 gennaio 2021 la mostra dedicata al profilo e alla personalità di Bianca Attolico (1931-2020), grande collezionista d’arte, scomparsa il 19 gennaio 2020. L’esposizione riunisce circa sessanta opere della collezione, tra dipinti e sculture, divise in sezioni per ordine cronologico, che ripropongono l’atmosfera intima e domestica dell’appartamento della Attolico, punto di incontro del mondo dell’arte romano per più di trent’anni. Una collezione che attraversa un secolo di storia dell’arte. La mostra è curata da Ludovico Pratesi, in accordo con gli eredi Lorenzo ed Elena Attolico.
Per capire più a fondo questa straordinaria figura di donna e di collezionista abbiamo rivolto alcune domanda a sua figlia Elena.

-Inizierei questa conversazione con una domanda che credo le abbiano posto ma che penso non sia scontata, e cioè come è nata la grande passione che ha fatto della collezione di sua madre, Bianca Attolico, una tra le più importanti e significative?

R: In effetti ha ragione; la domanda mi è stata posta ma ho piacere a confermare anche a lei che il merito va principalmente a suo padre, cioè mio nonno, che è stato davvero un grande personaggio, capace di intessere rapporti straordinari con il mondo della cultura e dell’arte che si muoveva a Roma nei primi decenni dello scorso secolo, divenendo amico dei più importanti studiosi e artisti i quell’epoca, in particolare della Scuola romana di cui è divenuto appassionato collezionista; su queste basi mia madre ha potuto sviluppare la sua formazione e la sua crescita culturale, proseguendo poi su quelle tracce, tanto è vero che una parte consistente della sua collezione è composta da opere degli artisti della Scuola romana.

-Un autentico maestro suo nonno, insomma.

R: Ma non c’è dubbio; è stato grazie alla grande passione da cui era animato oltre che ai suoi insegnamenti– che mia madre credo di poter dire abbia ereditato per intero- che si è formata una sensibilità tanto profonda da orientare poi le scelte della collezione.

-E possiamo aggiungere che su queste basi poi si sono indirizzate le scelte di sua madre soprattutto sul versante dell’arte contemporanea.

Mario Sironi (Sassari, 1885 – Milano, 1961)

R: Si, ma è vero solo in parte perché, come le ripeto, mia madre ha amato moltissimo gli artisti primonovecento, particolarmente gli esponenti della Scuola romana, come Mafai ad esempio, per non dire di Sironi –di cui era appassionata- e così via, potrei farle molti altri nomi che comunque sono visibili nel catalogo della sua collezione; certo poi molte altre scelte hanno riguardato artisti contemporanei.

-Si è tratto di una sorta di evoluzione del gusto se possiamo dire così, oppure si deve parlare di scelte nate da semplice quanto improvvisa passione ?

R: No, non credo si possa parlare di evoluzione perché così si potrebbe credere a scelte dovute al fatto che le sue idee e la sua passione abbiano risentito del mutare delle contingenze nel corso del tempo, invece mia madre ha sempre fatto prevalere l’amore viscerale per l’arte che le trasmetteva emozioni, per quell’artista, scultore o pittore che fosse, la cui opera le parlava dentro, che la coinvolgeva e le trasmetteva emozioni e sentimenti; insomma la collezione – e dico tutta la collezione- nasce da questa straordinaria passione senza che intervenissero motivi di opportunità o di investimento, anche se ovviamente non posso certo negare che grazie alle sue competenze in qualche occasione un certo acquisto si è rivelato una scelta vincente anche sotto questo aspetto.

-E come sono stati i rapporti di sua madre con gli artisti contemporanei di cui andava collezionando le opere? Ce ne è qualcuno in particolare che gli è stato più vicino oltre che artisticamente anche a livello di amicizia?

Jannis Kounellis (Il Pireo, 1936 – Roma, 2017)

R: Certo; come le dicevo mia madre ha amato molto la scuola romana dei primi decenni del Novecento, e poi, quasi per una sorta di analogia, la cosiddetta scuola romana di Piazza del Popolo; un rapporto di stima e di amicizia anche piuttosto stretto c’è stato con Jannis Kounellis che anche io ho conosciuto personalmente e frequentato; ma poi non posso non citare anche la passione per tutti gli artisti della cerchia del Pastificio Cerere. Ma questi sono solo particolari, perchè la sua casa è sempre stata aperta agli artisti, ai critici, ai direttori di museo, agli altri collezionisti in una sorta di dialogo che l’ha acompagnata fino agli ultimi giorni.

Questo che dice mi porta a fare una considerazione e a porle una domanda; lei sa che proprio questi ultimi artisti che ha citato, che com’è noto hanno rappresentato l’esigenza di rompere con le tradizioni impostando un’arte di rottura e di radicali cambiamenti, hanno spesso rivendicato il loro richiamarsi a certe figure del passato parimenti rivoluzionarie, ad esempio Caravaggio (Kounellis lo ebbe a sottolineare più volte), dunque le chiedo se sua madre non abbia anche lei in qualche modo buttato lo sguardo –intendo come collezionista ovviamente, non certo come amante delle belle arti- su questo settore del collezionismo, ossia sugli antichi maestri.

R: No, con tutta sincerità, se parliamo delle sue scelte da collezionista e quindi a prescindere dall’amore per l’arte e la cultura in senso lato, non mi pare proprio che abbia manifestato una particolare attenzione a queste opere al punto di poterle avere in collezione.

-Lei prima mi diceva che non c’è stata una particolare evoluzione nelle scelte di sua madre, tuttavia non posso non farle notare che a partire almeno da una certa fase -diciamo gli ultimi dieci quindici anni- è pur vero che dall’informale si sia spostata sul figurativo. Non è così?

R: Non direi; occorre però rispondere a questa domanda per entrare davvero nel merito, cioè: da dove nasce e dove si colloca l’impegno collezionistico? A quali criteri risponde, escludendo quelli di carattere meramente commerciale? Ecco, se pensiamo che a partire dalla grande passione maturata a contatto con suo padre e da lui ereditata e sviluppata via via a stretto contatto con gli artisti, con gli studiosi, con i direttori di museo e così via, allora sarà facile capire quale chiave di lettura da seguire per entrare nella mentalità di mia madre e di conseguenza nelle sue scelte. Non voglio esagerare né dare l’impressione che stia trasmettendo una visione di comodo ma mi creda, mia madre si è trovata a dover vivere una passione che le ha riempito la vita sentendosi peraltro pienamente appagata.

Ma in tanti anni dedicati alla ricerca e all’acquisizione di opere straordinarie con la grande passione che lei ci descrive, ci sarà stato, le chiedo, un dispiacere, che so? una delusione magari per qualcosa che avrebbe desiderato senza poterla avere, o magari per qualcuno che non ha corrisposto alle sue aspettative? Insomma, un vuoto non colmato di cui si è rammaricata?

R: Guardi, con tutta sincerità le dico che non ricordo proprio una circostanza in cui si sia sentita delusa o si sia lamentata per qualche cosa del genere; non me ne viene nessuna in mente, oppure posso pensare che il suo entusiasmo unito alla consapevolezza di come e quanto potersi esporre l’hanno tenuta lontana da delusioni o dispiaceri legati al collezionismo.

-Una cosa che mi ha colpito leggendo il catalogo delle opere tutte di grande valore che fanno parte della collezione è la relativa presenza della componente femminile; a cosa è dovuta questa attenzione meno profonda, diciamo così, di sua madre verso le donne pittrici?

Carla Accardi (Trapani, 1924 – Roma, 2014)

R: Ma guardi questo rilievo non è esatto se me lo consente; ci sono nomi importanti di artiste donne tra coloro che sono in collezione, così a tutta prima mi vengono in mente Carla Accardi, Vanessa Beecroft, Paola Gandolfi oltre ad artiste internazionali come Kiki Smith e Tracy Emin, ma ce ne cìsono ancora e alcune anche giovanissime; e comunque occorre tener presente che per diverso tempo le donne artiste sono state piuttosto in minoranza rispetto agli uomini nel campo dell’arte ciò nonostante anche artiste del Primo Novecento sono in collezione, come Antonietta Raphael Mafai.

Ci avviciniamo alla fine signora Elena e mi piace ricordare una circostanza in cui ebbi occasione di parlare con sua madre quando, pur già molto affaticata purtroppo, non volle mancare ad un evento al Macro che vedeva protagonista una comune amica artista, Anna Di Fusco; io ero tra i presentatori dell’evento e parlai di come a mio parere non si dovesse per forza cercare di classificare l’espressione estetica smentendo inoltre quanti sostenevano – e sostengono- la tesi della fine dell’arte in Italia ecc; sua madre intervenne dicendo che era completamente d’accordo e invitando ad andare a visitare gli studi degli artisti per capire che la tesi della fine era tutt’latro che vera; ecco dunque le chiedo: sua madre ha avuto anche un ruolo importante come promotrice di iniziative artistiche e in qualche modo come mecenate.

R: E’ così, è stato questo un aspetto davvero significativo dell’attività di mia madre, l’attenzione costante verso i giovani, verso gli esordienti, seguendoli, cercando di indirizzarli, di dar loro un’opportunità e in molti casi questo si è potuto verificare.

Un’ultima domanda è sulla mostra; perché questa iniziativa e cosa si ripromette da questo evento

R: La mostra consente di rendere pubblico una collezione che abbraccia un secolo di storia dell’arte e che vede rappresentate le varie tendenze che sono maturate nel corso del tempo; ringrazio gli organizzatori, il curatore Ludovico Pratesi e quanti hanno voluto e organizzato l’evento; credo che sia il giusto riconoscimento alla figura di una donna che ha speso gran parte della sua vita all’arte dedicandole amore e passione come pochi altri possono vantare.

P d L Roma 18 ottobre 2020