Mario Mafai e Antonietta Raphaël, compagni di vita e di arte. La mostra al Casino dei Principi di Villa Torlonia

di Nica FIORI

Sono passati cento anni dall’incontro tra Antonietta Raphaël e Mario Mafai a Roma nel 1925, dove entrambi frequentavano la Scuola Libera del Nudo. Pare che Mafai, come primo gesto di corteggiamento, offrì a Raphaël un mazzolino di fiori chiedendole di dipingerlo ed entusiasmandosi poi per il risultato inaspettato, quasi il segno di un rapporto che prefigura, già dall’origine, una storia di seduzioni reciproche, un intreccio indissolubile tra esperienze artistiche ed esistenziali”.

Con queste parole Federica Pirani, Direttrice Patrimonio Artistico delle Ville Storiche, inizia la sua presentazione della mostra “Mario Mafai e Antonietta Raphaël. Un’altra forma di amore”, che si tiene nel Casino Nobile di Villa Torlonia (fino al 2 novembre 2025), a cinquant’anni dalla scomparsa di Antonietta Raphaël (Kaunas, Lituania 1895 – Roma 1975) e a sessanta da quella di Mario Mafai (Roma 1902 – 1965), proponendo una nuova riflessione sui due artisti, compagni di vita e di mestiere. Altre volte essi sono apparsi insieme in eventi espositivi (tra cui Biennali e Quadriennali), ma questa è la prima volta che una mostra pone al centro dell’attenzione il loro rapporto di coppia.

L’esposizione, promossa dalla Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, è ideata dal Centro Studi Mafai Raphaël e curata da Valerio Rivosecchi e Serena De Dominicis. L’organizzazione e i servizi museali sono di Zètema Progetto Cultura e il catalogo è edito da De Luca Editori d’Arte.

1 Locandina

A partire da quando Antonietta, appena arrivata da Parigi, dopo la fuga dalla Lituania sconvolta dai pogrom e un lungo soggiorno a Londra, si lega a Mario e svolge un ruolo determinante nella rapida maturazione del sodalizio che passerà poi alla storia come la “Scuola di via Cavour” (secondo l’espressione usata per la prima volta da Roberto Longhi), seguono percorsi paralleli ma spesso anche divergenti, fortemente condizionati dalla realtà storica. Mafai fin dall’inizio della sua attività pittorica viene riconosciuto come un maestro, punto di riferimento per l’ambiente artistico romano, e mantiene il suo prestigio anche negli anni del dopoguerra, partecipando a numerose mostre, compresa una negli Stati Uniti. Le serie delle Demolizioni, dei Fiori secchi e delle Fantasie vengono ritenute dalla critica tra le espressioni più autentiche e antiretoriche della cultura italiana.

La Raphaël, lituana di origini ebraiche, è invece esposta a pregiudizi di genere, e vivrà lunghi periodi di ricerca solitaria, costretta ad allontanarsi da Roma negli anni delle leggi razziali e della guerra. La scoperta del suo talento avverrà solo a partire dagli anni Cinquanta con riconoscimenti via via più ampi della sua originale opera scultorea e dell’ultima stagione pittorica.

La mostra racconta il loro legame artistico, intellettuale e sentimentale, attraverso opere note e altre meno conosciute, mettendo in luce il vissuto di un amore appassionato e allo stesso tempo libero, in un periodo storico estremamente difficile.

2 Una sala espositiva

Sara Scalia, figlia di Miriam Mafai e quindi nipote di Mario Mafai e di Antonietta Raphaël, ha esaminato e trascritto 600 lettere originali dei due artisti. Nel corso della presentazione della mostra ha dichiarato:

La cosa che mi ha colpito è che sono riuscita a rivivere questi nonni, monumenti dell’arte, e restituirli alla loro giovinezza … su di lei c’è un mistero riguardo alla data di nascita, probabilmente il 1895, mentre Mario era del 1902; all’epoca è una cosa insolita questa differenza di età. Lei era cosmopolita, portava una ventata di freschezza nella cultura romana; il loro era un rapporto di amore sensuale ma anche tormentato”.

Come si legge in una lettera del 1925, in una piccola sezione dedicata al loro epistolario collocata alla fine del percorso espositivo, lei per lui è “Antoinette, testa anellata di anelli d’oro e bocca di geranio”. Ma anche lei si esprime con termini poetici, pur in un italiano incerto, come quando il 5 febbraio del 1926 lo informa, dopo essersi allontanata da lui in seguito a un litigio, di aver dato alla luce a Firenze una bambina, Maria Raffaella (per tutti Miriam, la loro prima figlia, cui seguiranno Simona nel 1928 e Giulia nel 1930):

“… Somiglia tutta a te, linei armonici, pelle bruna, il mento appuntito. Ma la sua bocca non sono capace a descrivere. Certe volte è sembra come l’arco di Cupido ma no: piuttosto come un boccio d’una rosa che apre i suoi petali nell’alba per bere i raggi del sole”.
3 Antonietta Raphaël, Miriam che dorme

Una cosa che si nota nelle lettere è la presenza di alcuni piccoli disegni, per spiegare ciò che stavano realizzando: in generale affiora nel primo periodo della loro relazione una maggiore maturità intellettuale e culturale di lei, che stimola il compagno a non trascurare il lavoro e la disciplina artistica, perché ha su di lui grandi aspettative.

Il titolo della mostra è tratto proprio da una lettera, spedita da Mario ad Antonietta nel 1942, quando lui è a Roma richiamato alle armi dalla guerra ma lontano dal fronte, e lei a Genova insieme alle tre figlie, dove si è rifugiata per sfuggire alle persecuzioni antisemite:

Abbiamo passato – scrive Mafai 18 anni insieme e abbiamo veduto crescere le nostre figlie intelligenti e sane … Ci amiamo ancora molto. Soltanto la nostra natura artistica è stata sempre gelosa di un tesoro di cui sentiamo la responsabilità di non poter distruggere e non ha voluto l’annullamento di uno di noi come esige una certa specie d’amore. Quando tu mi dici che non puoi amare di più che il tuo lavoro io ne potrei essere geloso. Ma ti capisco e allora si è formata un’altra specie di amore, che è piena di armonia venata di sottili nostalgie, e che ha qualche cosa di sublime”.

Da queste parole si percepisce una sorta di resa di fronte alla complessità della vita e del loro rapporto sentimentale, che all’inizio era probabilmente più facile, perché lei era una compagna (e poi moglie) amorosamente presente, mentre a un certo punto lei cerca la sua indipendenza a modo suo, perché, come scrisse in una lettera: “C’è già un pittore in casa. Voglio tentar la scultura”.

Una vocazione che mise in pratica a Londra, dove si recò con le figlie, ma già prima aveva seguito dei corsi serali di scultura a Parigi, e in effetti ci vide giusto, perché con questa nuova pratica artistica le venne riconosciuto il suo talento. La Raphaël doveva avere un carattere complesso con umori altalenanti. Aveva studiato musica, ma gli attacchi di panico le impedivano di esibirsi in pubblico, pertanto si era accostata all’arte, rendendosi conto che con la pittura (e anni dopo con la scultura) poteva esprimere la sua energia creativa senza timori. Per lei l’arte aveva qualcosa di sacro e rituale, tanto che accarezzava le sue opere e le proteggeva dalla polvere, e a volte lasciava le sue opere incompiute perché insoddisfatta, per poi riprenderle dopo anni.

4 Sculture di Antonietta Raphaël

Alla scultura Antonietta si dedica con assiduità negli anni ‘40 e ‘50 e all’inizio dei ‘60, pur non interrompendo mai del tutto la pratica della pittura, che in modo improvviso e in parte inatteso raggiunge il momento più felice negli anni ‘60. Mentre la scultura si fa più tesa e drammatica, la pittura di quell’ultima rigogliosa stagione è fatta di incanti gioiosi a metà tra ricordo e favola, tra la citazione colta e la sfrenata invenzione della fantasia. Talvolta ripercorre temi e soggetti della giovinezza, o ricordi, come in Omaggio a Mafai, temi e immagini della cultura ebraica, come pure della sua esperienza quotidiana e dei suoi sogni.

Il percorso espositivo comprende opere pittoriche e scultoree provenienti dalle collezioni della Sovrintendenza Capitolina, dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, dai Musei Civici Fiorentini, dalle collezioni d’arte della Camera dei Deputati e della Banca d’Italia e del Civico Museo “Maria Maddalena Rossi” di Codevilla (PV). Altri prestiti sono dovuti ad alcune raccolte private, tra cui la Collezione Augusto e Francesca Giovanardi di Milano e la Collezione Giuseppe Iannaccone di Milano, e a quelle degli eredi dei due artisti. Una rara e selezionata documentazione originale, formata da lettere, disegni, fotografie, proviene dagli archivi di famiglia, dal Centro Studi Mafai Raphaël, dal Gabinetto Vieusseux di Firenze e dall’Archivio della Scuola Romana di Sovrintendenza.

Le oltre 100 opere presentate – tra cui alcune inedite e altre raramente esposte – si snodano lungo un percorso scandito in sette sezioni tematiche per offrire una panoramica sull’opera di entrambi gli artisti, evidenziandone le differenze e le affinità.

Per avere un’idea del loro aspetto fisico, sono esposte alcune fotografie, ma sono soprattutto due autoritratti che appaiono particolarmente significativi: quello del 1928 di Antonietta Raphaël e quello più o meno coevo di Mario Mafai, collocati uno accanto all’altro. Lei si è raffigurata frontalmente con gli occhi a mandorla, gli zigomi larghi e la bocca volitiva. Lui, di tre quarti, ha gli occhi allungati verso l’alto, con le scure sopracciglia ben delineate; in un altro autoritratto Mafai appare con lo stesso sguardo in atteggiamento pensoso, mentre in un ritratto eseguito dalla Raphaël (Mafai che disegna), sempre del 1928, Mario è intento a disegnare il volto di lei su un foglio.

5 Antoniettta Raphaël, Autoritratto, 1928
6 Mario Mafai, Autoritratto

Ben più imponente è il grande Ritratto di Antonietta nello studio di scultura, eseguito da Mafai nel 1934 e presentato alla II Quadriennale nel 1935. In questo ritratto a figura intera, scelto come immagine guida della mostra, Antonietta appare molto elegante con una lunga veste nera, scarpe rosse, una collana dorata e uno scialle tenuto con la mano sinistra inguantata, mentre sullo sfondo si nota la scultura di un uomo di spalle che solleva le braccia, forse per sostenere l’architrave come un telamone.

Nella prima sezione, intitolata “La Scuola di via Cavour”, sono inquadrati i primi anni dell’incontro dei due artisti e del loro sodalizio con Scipione (pseudonimo di Gino Bonichi), attraverso diversi dipinti, che affrontano gli stessi temi, tra cui alcuni paesaggi di ambientazione romana, come Tramonto sul Lungotevere e Veduta di Roma dal Gianicolo di Mafai (entrambi del 1929) e Veduta dalla terrazza di via Cavour del 1930 della Raphaël, che raffigura la vista sul Colosseo e sul Palatino dall’alto dell’appartamento dove abitava la coppia: la casa che aveva dato il nome al gruppo e che sarebbe stata poi demolita per far posto a via dell’Impero (poi dei Fori Imperiali). Accanto a quelle di Mafai e Raphaël sono esposte anche due opere di Scipione, Natura morta con la piuma (1929) e Profeta in vista di Gerusalemme (1930), dall’accento particolarmente visionario.

7 Mario Mafai, Tramonto sul Lungotevere, 1929
8 Antonietta Raphaël, Veduta dalla terrazza di via Cavour

Il percorso espositivo al piano terra prosegue con sculture di Antonietta, compresi alcuni inediti di recente ritrovamento, evidenziando il rapporto tra “il femminile, la maternità, il mito”. La sua è una scultura che vuole far rivivere in pietra o in bronzo (e talvolta in legno) le esperienze fondanti dell’esistenza, a partire dalla nascita. Tra le opere in mostra, ricordiamo tra le altre Miriam che dorme (1933-1958) e Ritratto di Giulia del 1936, nelle quali esprime tutto il suo amore di madre, Donna che pettina (1943-1959) e Donna che si pettina (1948-1958), tema questo affrontato in pittura anche da Mafai. Il mito è evocato in Niobe, un bronzo del 1939, cui si può accostare per il senso del dolore Angoscia n. 2 (1936-1963): un’opera che viene esposta per la prima volta, grazie alla laboriosa traduzione in pietra porfirica di un gesso del 1936.

Sempre al piano terra, la sezione Intermezzo musicale presenta alcune opere a testimonianza della passione condivisa da Antonietta (diplomata in pianoforte alla Royal Academy di Londra) e Mario per la musica, che ritorna in varie opere, come, ad esempio, i dipinti Natura morta con chitarra (1928) e Miriam con la chitarra del 1929 della Raphaël, La lezione di piano (1934) e due nature morte con spartiti di Mafai. Della Raphaël è esposta anche una testa scultorea del 1942 raffigurante Simona bambina che canta.

9 Sezione Intermezzo musicale
10 Mario Mafai, Natura morta con maschera e cilindro,1940
11 Mario Mafai, Nudo seduto,1939

La sezione Una silenziosa sfida mette l’accento sul confronto tra Mafai e Raphaël e su come i due, pur condividendo alcuni soggetti – ritratti e autoritratti, nudi e nature morte – seguissero poi strade volutamente divergenti, risolvendo gli stessi temi con soluzioni formali distanti, come nel caso di Le tre sorelle, titolo di un’opera pittorica del 1932 di Mafai e di quello di un’omonima scultura di Antonietta del 1947, come pure il Nudo di Mafai del 1940, contrapposto alla scultura Nuda al sole (1948) della Raphaël. All’interno della stessa sezione, un video propone interviste e documentari sui due artisti.

La mostra prosegue al primo piano, con la sala centrale dedicata a Mario Mafai. Filo conduttore è la metamorfosi, concetto esemplificato nello slittamento dal figurativo all’astratto attraverso alcuni tra i principali passaggi stilistici della maturità: dalla fase “tonale”, piena di incanto e malinconia, degli anni Trenta (tra i dipinti di questo periodo ricordiamo l’inedito Ritratto di Simona, dipinto da Mario nel 1932 e qui esposto per la prima volta e le Demolizioni, quelle di via Ripetta del 1938 e quella dei Borghi del 1939), alla vena espressionista di Fantasia (Corteo) del 1942, al momento realista dei Mercati del dopoguerra, fino alle ricerche astratte e informali degli ultimi anni.

12 Sezione dedicata a Mafai
13 Opere di Mario Mafai
14 Mario Mafai, Mercato, 1956

Il percorso espositivo prosegue con la sezione Antonietta Raphaël. Un viaggio nell’identità e oltre, riservata a sculture e dipinti di Antonietta che trasmettono l’idea di una personalità fuori dal comune, alla cui formazione contribuirono diversi fattori culturali, quali la cultura ebraica (da Yom Kippur nella sinagoga, un dipinto del 1932, a quelli degli anni ’60 Il Trionfo di Giuditta e la Lamentazione di Giobbe), la sua esistenza da nomade in diverse città (e qui il nostro pensiero corre al mito dell’Ebreo errante), i viaggi in Spagna, in Cina e in Sicilia, tutti apportatori di ispirazione artistica. Tra i quadri di maggior impatto visivo troviamo I bambini si mascherano da grandi, del 1965, e La pettinatrice, del 1968, che appare erotico ed esotico allo stesso tempo.

15 Dipinti di Antonietta Raphaël
16 Due dipinti di Antonietta Raphaël
17 Antonietta Raphaël, Lamentazione di Giobbe

Chiude la rassegna il grande quadro della Raphaël, Mario nello studio (Omaggio a Mafai) del 1965-66, un’opera potente dai colori accesi che sembra ricordare la vita condivisa con il pittore e il reciproco affetto, che era sempre stato vivo, anche quando la coppia si era separata.

18 Antonietta Raphaël, Mario nello studio, Omaggio a Mafai, 1966

Emblematica appare la scelta di raffigurare lo studio, che con i suoi strumenti del mestiere e le opere in gestazione sembra prefigurare il mondo personale dell’artista, così come Mafai aveva fatto con lei nel grande ritratto del 1934.

Nica FIORI  Roma 20 Luglio 2025

“Mario Mafai e Antonietta Raphaël. Un’altra forma di amore”

23 maggio – 2 novembre 2025

Villa Torlonia – Casino dei Principi, Via Nomentana 70, 00161 Roma

Orario: da martedì a domenica ore 9 -19. Ultimo ingresso ore 18

Info Mostra: Tel. 060608 (tutti i giorni ore 9.00 – 19.00). www.museivillatorlonia.it; www.zetema.it