Luigi Moretti, le forme e gli spazi non finiti; dal Villaggio Olimpico a Decima; risarcimento per un architetto che fu troppo in anticipo sui tempi

di Francesco MONTUORI

Migranti sull’About

di M. Martini e F. Montuori

DECIMA FUNZIONA

Il Quartiere

Il quartiere di Decima di Roma, fu realizzato fra il 1962 e il 1965 dall’INCIS, Istituto Nazionale per le Case degli Impiegati, in un area ad solo un chilometro di distanza dal centro ministeriale dell’EUR.

L’INCIS aveva già realizzato, prima del 1960 il Villaggio Olimpico e volle affidare agli stessi architetti, con l’eccezione di Amedeo Luccichenti e Vincenzo Monaco, il nuovo quartiere: Luigi Moretti, coordinatore ed autore del progetto urbanistico, Adalberto Libera, Vittorio Cafiero ed Ignazio Guidi.

fig 1

L’area, pressocchè quadrata, è divisa in quattro parti da due assi principali: il grande viale Camillo Sabatini che incrocia via Oceano Indiano e da qui si collega al via Oceano Pacifico ed alla via Cristoforo Colombo; un asse ortogonale, via Romualdo Chiesa collega le due parti del quartiere divise dal viale Sabatini. I propositi dei progettisti sono sintetizzati nella relazione:

“dar vita ad un esemplare nuovo quartiere di efficiente funzionalità urbanistica…di coerenza spaziale e figurativa…un quartiere che sappia suscitare negli abitanti quel senso di dignità e serena quiete che è proprio di certi ambienti della città di Roma” (fig.1)

 

Gli edifici

Gli edifici di abitazione sono costituiti principalmente da fabbricati lineari, quasi mai rettilinei, di quattro e cinque piani retti da pilotis, che permettono di percorre pedonalmente il piano terreno dei fabbricati e di accedere agli ingressi dei corpi scale ed agli ascensori.

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Ifabbricati, rivestiti in mattoni rossi, presentano due fronti ben caratterizzati: da un lato un sistema continuo e ritmico di finestre allineate; dall’altro i balconi, con parapetto ininterrotto e continuo che definiscono, in modo espressionista, tutto il fronte dei fabbricati. La divisione fra gli appartamenti è celata da un piccolo vuoto, denunciato in facciata da un semplice scuretto verticale. Gli edifici, abilmente curvati e storti definiscono fra loro, ritmicamente, spazi allungati, ellittici o convessi, destinati alternativamente al verde condominiale ed alla percorrenza del traffico lento delle automobili (figg. 2,3,4,5,6)

Più visioni prospettiche sottolineano l’importanza volumetrica degli edifici. Come ebbe e scrivere lo stesso Moretti “forme vive, organiche, non scatolari, eccitanti una certa gaiezza.”

La progettazione urbanistica ed edilizia nasce dalla volontà di conferire carattere unitario alla composizione; basata sull’accentuazione della stratificazione orizzontale le masse volumetriche contribuiscono a definire un organismo spaziale unitario ben riconoscibile dall’edilizia banale del comprensorio del Torrino.

Luigi Moretti

Luigi Moretti si era laureato architetto nel 1931; tra il 1931 e il 1934 fu assistente al corso retto da Vincenzo Fasolo di Storia e stili dell’Architettura e alla cattedra di Restauro dei Monumenti di Gustavo Giovannoni, due maestri che ebbero profonda influenza nella sua formazione culturale. Moretti svolgerà una vasta e differenziata attività professionale, non solo in Italia, e in particolare a Milano e Roma, ma anche in Algeria, Kuweit, a Montreal in Canada e divenne famoso per la realizzazione del complesso del Watergate in Washington. Ma la sua attività non si limitò al lavoro di urbanista e di architetto; nel 1950 fonda la rivista Spazio che alimentò il dibattito sull’arte informale e sull’origine dell’arte barocca; partecipa nel 1964 al convegno internazionale di studi michelangioleschi con un saggio “Le strutture ideali dell’architettura di Michelangelo e dei barocchi” producendo un film sulla vita del Buonarroti; fonda la sua lettura di Michelangelo sulla crisi vissuta in seguito al crollo delle certezze del nuovo ordine rinascimentale da cui scaturiranno le forme del barocco e le premesse del mondo moderno. Svolse una conferenza all’Accademia di San Luca su La serie di strutture generalizzate di Borromini da cui metterà in evidenza come la forma nasca come risultato di spinte e controspinte in opposizione al mondo reale. Fu collezionista di opere d’arte del ‘600 e dell’antichità: il suo studio di architettura, che io stesso ebbi occasione di visitare, era il suo personale museo d’arte dove viveva nel suo isolamento culturale.

La Storia, lo Spazio

Per Moretti l’architettura moderna non si trova mai solo da una parte, ma invade aree del passato e della storia.

Architetto profondamente romano, fonda la sua poetica sulla storia e sullo spazio.

La storia non è terreno di un banale storicismo ma aspirazione al classicismo. Già Agnoldomenico Pica aveva indicato la radice umanistica filosofica, storica ed archeologica, della cultura morettina; nel suo rapporto con l’antico, all’opposto di un facile storicismo, cerca costantemente di forzarne le caratteristiche, privilegiandone alcune e tradendone altre.

L’architettura di Moretti si costruisce sui valori formali. Egli ha la presunzione, in un ambiente culturale a lui ostile, di muoversi nell’ambito della ricerca sulla pura forma. Non crea macchine per abitare, studia le forme, la composizione delle forme. Le sue opere sono oggetti architettonici definiti nella loro immagine. Memore dell’insegnamento del barocco gli spazi delle sue architetture non sono mai percebili completamente, non sono mai finiti, ma rimandano sempre ad altri spazi. Vengono evidenziate, analiticamente, le sequenze spaziali, le giunture fra gli spazi, la loro combinazione e compenetrazione, l’interfaccia fra spazio e struttura. Ne scaturisce un profondo dinamismo delle forme  costituito dalla sequenza delle inquadrature.

L’organismo architettonico si fonda quindi su una sequenza di spazi. Lo spazio deve essere leggibile e comprensibile in ogni sua parte, deve essere avvolgente in ogni direzione e in ogni punto conquistabile.

fig. 7 – Bottega di Bernini, Ponte S.Angelo

Moretti è affascinato dai panneggi della scultura barocca e non indugia nel riprendere la forma sinuosa ed avvolgente (fig.7). Moretti è affascinato dal barocco ed è convinto che sia ricco di segni e pietra miliare del moderno. Apprezza la drammaticità del suo messaggio, la crescita ed il divenire degli organismi, le forme complesse.

Padroneggia un repertorio di storia, conservazione, citazioni di etimi storici, applicazione della lezione classica e sperimentazione avanguardistica senza remore conformistiche ed evitando la trappola dell’eclettismo. Ritiene possibile coniugare Rubens e Malevic e dimostra che l’astrazione del contemporaneo è capace di comunicare sensazioni altrettanto efficacemente dello “straordinario seicento”.

Pronto ad abbandonare i vincoli troppo stretti dell’Architettura razionale l’arida e scomposta ventata razionalista, con atteggiamento disinvolto e privo di ideologia, Moretti sembra addirittura voler ricomporre quella soluzione di continuità con la tradizione del classicismo per dimostrare la possibilità di ripercorrerne metodi e linguaggi al punto di ricercare un rinnovato international style.

Il Moretti dell’immediato dopoguerra è dunque in anticipo rispetto ai destini dell’architettura internazionale e apre la strada allo stesso postmodernismo.

Non avrà seguaci. In lui c’è l’aristocratica indifferenza alla rilevanza ideologica del progetto che gli permette la sperimentazione linguistica più vasta e radicale. In questo va controcorrente rispetto alla cultura fortemente contenutistica del dopoguerra italiano. Qui si spiega l’isolamento di Moretti, penalizzato nella Storia dell’Architettura di Zevi che gli dedica una semplice citazione, ed ignorato dalla Storia di Benevolo. Lo stesso Manfredo Tafuri, prendendo un abbaglio, definirà sprezzantemente “cinica e reazionaria la ricerca linguistica” di Morettiche non partecipa al dibattito sul ruolo sociale e teorico dell’architettura del dopoguerra”.

Decima funziona

Nel Villaggio Olimpico Moretti aveva realizzato un modello di piazza compresa tra due volumetrie allungate e convesse: una simbiosi fra strada e piazza: uno spazio tipicamente barocco trasformato e ricomposto in un nuovo ordine. A Decima sviluppa Il tema della strada storta; la strada storta comporta una sequenza di spazi dilatati e compressi, compenetrati e combinati, spazi barocchi. Moretti sperimenta le curve policentriche, ovali, ellittiche, paraboliche; evita i rapporti di ortogonalità fra gli edifici, le  facciate piane; i fronti sono astratte linee continue che assecondano i volumi sinuosi ed espressionisti dei volumi. Rispetto al Villaggio Olimpico dove prevale l’angolo retto il quartiere di Decima segna un passo avanti nella sua poetica.

Questa architettura – scrive – rappresenta il tentativo di dare forma a un sentimento di violenta espansione dall’interno verso l’esterno e le sue forze avverse e contraddittorie.
Luigi Moretti

A Decima si passeggia volentieri. I suoi abitanti, organizzati in Comitato di quartiere, si occupano fattivamente della pulizia degli spazi pubblici, della cura del verde, della potatura degli alberi, delle isole ecologiche condominiali.

Grazie dunque a Luigi Moretti. “una polarità indistruttibile tra presenza realistica e incantesimo” come Giuseppe Ungaretti definirà il suo lavoro di architetto.

Francesco MONTUORI    Roma  marzo 2019