Luigi Boille: la magia della materia  del sogno tra luoghi di luce e silenzi, al Casino dei Principi di Villa Torlonia (fino al 3 novembre)

di Silvana LAZZARINO

Luoghi di luce, scrittura del silenzio. Opere 1958 – 2015”

a cura di Claudia Terenzi e Bruno Aller

la prima grande antologica a Roma dedicata al grande artista scomparso nel 2015 in corso presso i Musei di Villa Torlonia – Casino dei Principi

Luigi Boille 1989 foto Roberto Bettoia

Tra i maggiori protagonisti dell’astratto-Informale europeo, Luigi Boille ha restituito entro questa corrente una scrittura calligrafica attenta alle armonie del segno a partire dalla materia da cui esso emerge in proiezioni di filamenti di colore orientati a procedere al di là della superficie del quadro. Un segno  in costante evoluzione che procede dalle forme delicate e sottili a quelle più simili ad arabeschi, per diventare dirompente nei suoi ritmi infiniti tra luci e ombre, quasi a voler creare una continuità tra la materia e lo spirito, il finito e l’infinito.

La gestualità del procedere di questo segno le cui linee nel loro caos sembrano spinte da forze centrifughe verso l’esterno, suggerisce il mistero che è alla base dell’esistenza, collegandosi a ciò che  appartiene al principio in natura di azione e  creazione verso l’evoluzione e la trasformazione.

A questo artista del “segno infinito” che proietta verso il distacco, la contemplazione del sé a partire  dal fuori da sé, è dedicata la mostra “Luoghi di luce, scrittura del silenzio. Opere 1958 – 2015” a cura di Claudia Terenzi e Bruno Aller in collaborazione con l’Archivio Luigi Boille in corso negli spazi dei Musei di Villa Torlonia – Casino dei Principi  (Via Nomentana 70) dove è stata inaugurata lo scorso 20 giugno 2019.

Con più di ottanta opere che illustrano il percorso artistico di Boille dal 1958 fino al 2015, la mostra, che resterà aperta fino al 3 novembre 2019, è la prima grande antologica che Roma dedica all’artista dopo la sua scomparsa avvenuta a Roma nel 2015.

Nato a Pordenone nel 1926 e diplomatosi all’Accademia di Belle Arti di Roma, dove si laurea anche in Architettura presto si sposta in Olanda e successivamente nel 1951 a Parigi dove si ferma fino al 1967. E’ in questi anni che  sceglie l’Informale e si accosta al gruppo della Jeune Ecole de Paris con il quale è presente in numerose collettive sia in Francia, sia in Italia. Con il gruppo Gutai prende parte ad importanti mostre come l’International Festival Osaka-Tokyo curata da Michel Tapié, La Jeune Ecole de Paris II a cura di Pierre Restany, e Nuove tendenze dell’arte italiana, a cura di Lionello Venturi.

Dinamismo e irrazionalismo caratterizzano la sua arte in cui si avverte un forte rigore formale. Dopo i primi anni parigini in cui prevale la sperimentazione nella lavorazione della materia nelle sue diverse espressioni ora liriche e sognanti, ora forti e incisive, segue un breve riferimento ai dettami della Scuola di New York con le opere della fine degli Anni Cinquanta; ma è verso la metà degli anni Sessanta che Boille vive un momento di grande notorietà. Nel 1964 viene infatti invitato da Lawrence Alloway a rappresentare l’Italia al Guggenheim International Awarddi New York insieme a Capogrossi, Castellani e Fontana e incontra il critico Giulio Carlo Argan che gli fa visita nel suo studio parigino. Da questo incontro nasce il sodalizio con il critico d’arte e la decisione di Boille di tornare a Roma dove prende parte alla Quadriennale e alla XXXIII° Biennale di Venezia. Così di lui ha scritto Giulio Carlo Argan:

il segno di Boille svolgendosi e modulandosi come pura frase pittorica, realizza e comunica uno stato dell’essere, di immunità o distacco o contemplazione”.

In mostra sono presenti oltre 80 opere tra olii su tela, tempere su carta e cartoncino, e l’uso di tecniche miste che ripercorrono l’evoluzione del discorso ritmico e incisorio del segno, del colore e della materia che da forma ad entrambi. Ad aprire il percorso la sezione dedicata ai lavori della fine anni Cinquanta e a quelle  opere dal tratto segnico evidente o dove il colore si apre a creare contrasto tra parti in ombra e zone dove eccede il cromatismo. Il 1957 rappresenta l’anno del cambiamento della pittura di Boille, come sottolinea la curatrice Claudia Terenzi citando le parole di Pierre Restany, fautore del Nouveau realisme :

“…egli si incammina verso la definizione di una scrittura più personale, una specie di grafia organica della sensazione, strumento originale ben adattato alle esigenze della integrazione ritmica”.

E’ poi la volta dei dipinti realizzati dal 1964 al 1966 periodo come accennato sopra in cui rappresenta l’Italia al Guggenheim International Award di New York (1964) e ancora delle cinque grandi opere presentate alla Biennale di Venezia nel 1966.

Gli anni Sessanta sono caratterizzati da due fenomeni importanti per l’evoluzione pittorica di Boille: a riguardo la curatrice Claudia Terenzi evidenzia:

la complessa articolazione dei colori in una trama segnica, non immediatamente percepibile perché totalmente assorbita dalle variazioni cromatiche, e quell’impianto iperbarocco già previsto da Tapié.”

e prosegue:

“… I quadri di quegli anni, dal ’63 al ’66, sono di una qualità straordinaria, i segni ora sembrano inseguire le zone di colore, più che determinarle; luoghi di luce, che si dispiegano sulla tela con un ritmo continuo, fino ad un punto estremo di saturazione”.

I colori in questa fase si espandono in un crescendo variando di intensità e luminosità e intensificando la stesura del colore a suggerire paesaggi mentali come in “Viaggio friulano” (1966) e “Tramonto sul Moncenisio” (1966). Non manca il richiamo all’architettura nell’evoluzione e orientamento del segno con linee che rimandano alle volute di matrice barocca e all’uso del bianco in riferimento al marmo per restituire luminosità: in questa direzione vanno viste “Le sacre du printemps” (1964) e “Tensione adagio” (1965)-

Di elaborazione della pittura nel senso più alto del termine si parla con i dipinti dove i segni si fanno sempre più intesi a restituire “arabeschi fittissimi  che si inseguono per tutta la tela.”  “Questa tessitura sottile, elaboratissima” afferma Claudia Terenzicon andamento ad arabesco ricopre tutta la tela, senza lasciare margini”… “come un continuum che si propaga da una tela all’altra:”.

Il giallo colore dominante che restituisce ai segni sottili vibrazioni luminose caratterizza un’intera sala dove si susseguono i lavori dal 1972 al 2000: accanto a “Solare aurora” e “Arabesco arancione” entrambi del 1972 sono “Giallo-sabbia” e “Giallo inciso lieve” ambedue del 2000.

E’ poi la volta della sezione con opere dedicate agli anni Settanta e Ottanta dove avanza il segno entro una vasta gamma di colori ora sottile, quasi rarefatto in “un continuum che invade la tela”, ora “in rilievo come materia”. A riguardo citiamo: “Continuum giallo 101“ (1973), “Centralità-verde autunno” (1984) e “Tracce di luce-grigio marte” (1989) in cui si riaffaccia la forza della materia.

 Se a inizio anni ‘90 i segni si presentano spessi e dinamici quasi ad invadere lo spazio della tela, è dal 1997 e fino al 2015 cui è dedicata l’ultima sezione, che il segno acquista l’espressione di una scrittura surreale, diventando rarefatto in ampie campiture di colore come a rappresentare la dilatazione del tempo, molto vicino alla filosofia zen. Accanto a “Cosmologia” (2007) e “Richiamo di luna” (2008) sono “Solco dell’eden”  (2009), “Dittico-zen” (2011) e “Cosmos zen” (2015). Si parla di spazialità illimitata che caratterizza gli ultimi dieci anni del suo percorso in cui proietta “una propria ricerca interiore, unica nella pittura italiana di questi anni, usando un numero limitato di tratti, o segni, nel disinteresse per la forma in quanto entità circoscritta, creando una grafia del vuoto” e del “silenzio”.

Con le sue personali e collettive in Europa e nel mondo Boille ha restituito un percorso di ricerca originale e creativa e allo stesso tempo ancorata ad uno stile ben preciso e ed inconfondibile. A riguardo il critico francese Pierre Restany così ha scritto:

”Boille è l’eroe di un’avventura organica, unitaria, gelosa della sua individualità. (…) il mistero di questa creazione si collega alle leggi segrete che regolano la vita stessa dell’universo. In questa pittura che non ha paura di smarrirsi né di perdersi, l’osservatore ispirato potrà avvertire il richiamo o il passaggio delle forze oscure che animano il mondo. Tali sensazioni sono rare. Più rare ancora sono le opere che ce ne danno il pretesto.

Le sue opere sono presenti nelle collezioni di alcuni grandi musei italiani e stranieri tra i quali citiamo: la Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea Armando Pizzinato, Pordenone, la Galleria Civica d’Arte Moderna a Torino, la Galleria d’Arte Moderna Klovicevi dvori di Zagabria, Croazia, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, l’Hirshhorn Museum of Modern Art di Washington, il Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris, il Museo di Roma a Palazzo Braschi, il Museo Novecento a Firenze e e il Museo d’Arte Moderna e Contemporanea “Giuseppe Perricone” a Trapani.

Edito dall’Archivio Luigi Boille, il catalogo presenta testi critici dei curatori Claudia Terenzi, Bruno Aller e un testo che Lea Mattarella scrisse per una mostra che si svolse nel 2016 a a Pordenone.

Silvana LAZZARINO    Roma Giugno  2019

LUIGI BOILLE

“Luoghi di luce, scrittura del silenzio. Opere 1958 – 2015”

a cura di Claudia Terenzi e Bruno Aller

Musei di Villa Torlonia – Casino dei Principi,Via Nomentana 70 Roma. Orari: da martedì a domenica ore 9-19. La biglietteria chiude 45 minuti prima. Fino al 3 novembre 2019

Per informazioni: 060608 tutti i giorni (ore 9.00 – 19.00), www.museivillatorlonia.it