di Vera AGOSTI
“La stanza è muta d’ogni luce. Scrivo nell’oscurità. Traccio i miei segni nella notte che è solida contro l’una e l’altra coscia come un’asse inchiodata. Imparo un’arte nuova.”
Così scrive Gabriele D’Annunzio nel “Notturno” (1916), in seguito all’incidente aereo che gli causa una momentanea cecità. Il testo, scritto su sottili strisce di carta, che accoglievano una sola riga ciascuna, e ricomposto dalla figlia, è solcato da una profonda malinconia.
Proprio al D’Annunzio del “Notturno” si ispira il dipinto “L’Orbo veggente” di Giovanni Cerri, donato alla Fondazione Il Vittoriale degli Italiani (Gardone Riviera, Brescia).

La donazione è stata presentata sabato 5 aprile nel pomeriggio, presso l’Auditorium della Fondazione, alla presenza del Presidente Giordano Bruno Guerri, del critico d’arte Vera Agosti e dell’artista.
Cerri spiega come nella realizzazione dell’opera abbia pensato al D’Annunzio più introspettivo, al poeta che nel momento della cecità guarda alla sua interiorità, ai ricordi della vita passata e degli affetti che sono venuti a mancare, la madre e le amicizie dei compagni di battaglia.
I colori freddi utilizzati, le tinte grigie evocano un’atmosfera di malinconia. Il dipinto si discosta dalla produzione più nota dell’autore perché vi scorgiamo toni primitivisti. D’Annunzio è il protagonista assoluto. Si tratta di una figura totalizzante che sembra voler varcare i confini della tela. Il taglio dell’opera è cinematografico, come spesso accade nei lavori di Cerri. Il Vate diventa una sorta di maschera, un simbolo, un pirata. Il grigio ci fa pensare a un robot metallico. Ricorda un manichino che rimanda alla Metafisica di De Chirico.
D’annunzio è il passato, la storia; il presente, è qui con noi e il futuro, l’uomo e il robot del tempo che verrà.
Vera AGOSTI Milano 6 Aprile 2025