Lo “Sguardo a distanza” di Giuseppe Modica: quando “…l’arte della pittura è il luogo della contemplazione”

di Claudio STRINATI

Per gentile concessione, pubblichiamo il testo critico che Claudio Strinati ha scritto in occasione dell’esposizione “Sguardo a Distanza” di Giuseppe Modica, che apre alla Blue Gallery di Venezia il 12 Maggio, a cura di Silvio Pasqualini, fino al 12 Giugno

Giuseppe Modica è arrivato a un punto culminante della sua parabola, tale da renderlo una figura emblematica della storia della pittura italiana nel passaggio tra Novecento e Duemila.

Il suo percorso è disseminato di momenti topici ciascuno segnato da incontri significativi con figure di critici, storici, intellettuali che, a loro volta, sono state e sono figure di riferimento per la nostra cultura.

Modica infatti, esordendo giovanissimo, (nasce nel 1953 a Mazara del Vallo) manifesta una forte e determinata personalità subito negli anni ottanta del Novecento, quando il suo lavoro viene notato da uomini del calibro di Leonardo Sciascia, Maurizio Fagiolo dell’Arco.

Sia il sommo letterato, sia il grande e compianto storico dell’arte, una delle maggiori personalità della cultura artistica italiana, individuavano in Modica, quale originalissimo e acutissimo creatore di una peculiare dimensione pittorica, una sorta di figura di garante di una inestinguibile tradizione che da Piero della Francesca arriva ai nostri giorni e già si proietta nel futuro. Percorso rintracciato anche da studiosi come Massimo Onofri, Giovanni Faccenda, Giorgio Soavi.

E tale analisi verrà poi ampliata e ribadita nel decennio successivo, che arriva fino alla fine del secolo ventesimo, quando (per fare soltanto due nomi eminenti) un letterato del livello di Antonio Tabucchi e un critico e organizzatore culturale come Marco Goldin, dedicarono a Modica una attenzione particolare e un apprezzamento convinto, insieme con tanti altri studiosi ed esperti, quali Giorgio Agamben, Giuseppe Appella, Gabriele Simongini e Roberto Deidier, che poi, negli ultimi venti anni hanno approfondito e sondato le peculiarità  attraverso una estesa gamma di studi critici che costituiscono ormai una ricca e qualificata bibliografia ora reperibile nell’aggiornato ed esauriente sito dell’artista.E in tutta questa bibliografia vige supremo quel principio dell’incardinamento di Modica alla propensione metafisica dell’arte che ne fa, oggi come oggi, una figura di riferimento. Quella sorta di immutabile concezione metafisica per cui l’arte della pittura è il luogo della contemplazione, della incrollabile certezza nella capacità del pensiero umano di esprimere quell’altrove in cui l’idea prettamente umanistica della sostanziale coincidenza tra microcosmo e macrocosmo assume le forme di un’arte realizzata. Ma la concezione umanistica coincide ormai con quella della fisica moderna  e della ricerca scaturente dalla teoria della relatività e dalla meccanica quantistica.

La mente, cioè, può pensare sia l’avanzamento verso ciò che è sempre più grande fino ad apparire incommensurabile e inconoscibile, sia verso il sempre più piccolo che parimenti manifesta le stesse caratteristiche di incommensurabilità e inconoscibilità. L’atomo, la cellula sono strutturati come l’Universo e un artista come Modica orientato verso tale concezione vede nel contempo la dimensione dell’eterno e quella dell’attimo con la stessa lucidità e perspicuità di descrizione tanto che la sua pittura può esser sentita sia come lentissima al limite dell’immobilità, sia come vertiginosa al limite dello smarrimento.

Nel suo caso, poi, il tema stesso della “riflessione” tocca un vertice singolare e personalissimo. E’ chiaro come la parola “riflessione” abbia sia un significato filosofico-speculativo (l’atto dell’immergersi nel pensiero che medita e concettualizza) sia fisico (lo specchio in cui le immagini si vedono riflesse).

Di questi due aspetti Modica ne fa uno solo nella sua pittura che sembra descrivere in modo lenticolare rievocando la mirabile sintesi della luce fiamminga e dello spazio italiano così come fu teorizzata tanti anni fa da Cesare Brandi, ma che di fatto punta tutto sulla percezione mai diretta e immediata dell’ambiente che ci racconta ma su una sorta di visione “seconda”, al quadrato che, in pura teoria potrebbe essere reiterata all’infinito e infatti il grande tema di Modica è nel pensare l’infinito nel finito.

Non è tanto la prima metafisica dechirichiana, quindi, che Modica persegue e sviluppa, quanto un concetto universale della dimensione metafisica in sé e per sé, di cui egli dà una sua versione personalissima e modernissima che sta sempre più incontrando l’ ammirazione e l’apprezzamento di un attento pubblico internazionale, primo fra tutti quello cinese che ha individuato in Modica uno dei sommi esponenti dell’arte moderna italiana.

E’ quindi nostro desiderio presentare, attraverso una selezione essenziale, i frutti più maturi del suo lavoro attuale a testimonianza di una coerenza  e unitarietà di una parabola sempre sviluppatasi in rigorosa continuità, là dove l’innovazione continua affonda sempre le sue radici su un lungamente arato terreno di laico culto dell’arte e di lontananza da tutto ciò che è clamore, aggressività, violenza dell’impatto. Un monito, tra l’altro, che di questi tempi ci sembrerebbe opportuno rammentare a tutti coloro che hanno a cuore i destini dell’arte e dell’arte italiana in particolare.

Claudio STRINATI   Roma 11 Maggio 2025