Le mostre di Alex da Corte (“The Large Glass,”) e Oscar Tuazon (“Something in the Water”): il MAXXI a 15 anni dalla apertura rilancia la sua proiezione internazionale.

di Dominique LORA

Dominique Lora è curatrice e docente per il Master in Exhibition Design presso la facoltà di Architettura dell’Università degli Studi la Sapienza di Roma. Dal 2004 ha lavorato come curatrice in molti paesi europei e internazionali approfondendo i suoi interessi storico artistici  E’ stata assistente curatrice nel 2001-2003 presso il dipartimento di Special Collections del Getty Research Center di Los Angeles ed, è entrata in seguito a far parte del nuovo progetto espositivo per la collezione permanente del museo Thyssen-Bornemisza di Madrid. Tra i progetti più recenti: La scuola di Bernini e il Barocco Romano, capolavori di Palazzo Chigi ad Ariccia, National Gallery, Sofia, Georgian National Museum, Tbilisi, Jules Collins Museum, Auburn, AL, USA (2018-2021) e La Forma del Colore, da Tintoretto a Canaletto, Capolavori dalla galleria nazionale di Trieste (National Gallery of Armenia, Yerevan, Georgian National Museum, Tblisi (2020-2021), Italia. I Racconti (In)visibili, arte contemporanea e il nostro Patrimonio Immateriale, Ed. 1 e 2, Istituto Cultural las Condes, Santiago del Cile, National Gallery, Sofia, National Gallery of Bosnia and Herzegovina, Fundacion Ponce, Merida (MEX), IIC Madrid, Insituto de Bellas Artes Barcelona (2018-2024), Arshak Sarkissian: Angels and Demons, Palazzo Chigi in Ariccia,  Roma, Mimmo Cattarinich. Beyond the Scene, Cairo e Amsterdam (2020)Tina Modotti, la genesi dello sguardo moderno, Museo Saint Bénin, Aosta e Museo di arte Moderna Tel Aviv (2022-2023), Pasolini ‘100 e la fotografia di scena, Cairo e Amsterdam 2020-2022, Antonio Ligabue, I misteri di una mente, Museo della Fanteria, Roma 27/09/2024-12/02 2025. Con questo articolo segue la collaborazione con About Art iniziata con la recensione della mostra Antonio Ligabue. I misteri di una mente, chiusasi a Roma agli inzi del 2025 (Cfr https://www.aboutartonline.com/antonio-ligabue-lartista-la-stranezza-e-le-creature-tra-i-misteri-di-una-mente-roma-28-settembre-12-gennaio/)

Le mostre The Large Glass, ideata dal curatore statunitense Alex da Corte e Something in the Water, curata dall’artista (sempre statunitense) Oscar Tuazon, rivelano un piano italo americano che situa il MAXXI, la sua collezione permanente e i suoi progetti temporanei sulla scena artistica contemporanea internazionale.

La battaglia tra il pessimismo comprensibile lo portò ad inventare una serie di giocattoli per distrarre sé stesso durante il viaggio tra nascita e morte …

Jean Cocteau, Journal d’un inconnu, 1953 

1 Logo della mostra

Il progetto espositivo semi-permanenteThe Large Glass è concepito come un ambiente immersivo, uno spazio altro e misterioso; un luogo nascosto nel contesto architettonico del museo altrimenti irradiato di luce e in cui il bianco, il grigio del cemento, il metallo e la trasparenza del vetro sono elementi strutturali prevalenti. L’ambiente blu scuro, quale una grotta marina recondita, si estende dal pavimento al soffitto e mette in risalto ogni singola opera grazie anche ad un abile gioco di luci. La mostra presenta una selezione di lavori volta a fornire una rilettura contemporanea e ciclica della collezione permanente, associando opere in maniera inedita e creando dialoghi e connessioni al contempo materici, sonori e tematici.

Fig. 2 Giuseppe Penone, Sculture di Linfa, 2007

Magnifica la sala di Giuseppe Penone che avvolge e coinvolge lo spettatore da capo a piedi con le sue Sculture di Linfa. L’obbligo di togliersi le scarpe all’ingresso permette di sentire le pieghe della materia con la pianta dei piedi generando una sensazione ludica e una fruizione dell’arte alternativa. Più che una visita è un’esperienza sensuale. Interessante la collisione di “mondi” che inizia con  la Mappa di Boetti;  un mondo in gran parte bilaterale, diviso tra comunismo e capitalismo ma in cui è possibile già osservare gli effetti della decolonizzazione e in cui oscillanti ed instabili paesi in via di sviluppo iniziano a definirsi. Una visione anni ’70 che dialoga con la visione tridimensionale ma geopoliticamente appiattita dell’Atelier Van Lieshout di un mondo globalizzato e monotonale (se si escludono gli oceani…). Si procede poi per universi paralleli e possibili grazie alle “sliding doors” di Massimo Bartolini e alle visioni ultra dimensionali di Luigi Ghirri, Domenico Gnoli, Francis Alys e Rachele Maistrello, facendo una pausa di fronte alle percezioni ancestrali e teatrali del mondo di William Kentridge, Kara Walker, Wolf Kahlen e Marisa Merz.

Fig. 3, William Kentridge, Preparing the Flute, 2005; Fig 4, Massimo Bartolini, Mixing Parfums

Fig. 5 Marisa Merz Senza Titolo, 2009-2010 e Kara Walker For the Benefit of All the Races…, 2002
Fig. 6 Alighiero Boetti, Mappa, 1971-1973
Fig. 7 Atelier Van Lieshout, The Globe, 2007

Infine, siamo brutalmente riportati alla natura catastrofica del nostro presente e alla necessità urgente di un cambiamento globale del nostro modus vivendi, più eco sostenibile e in armonia con un pianeta stanco, ferito e al limite delle sue capacità, come raccontano Stefano Cerio, AWP, DEMOGO e Gal Weinstein.

The Large Glass esplora il mondo in quattro tempi ma, in ultima analisi, ci lascia in bocca un sapore di speranza per un futuro possibile. Un applauso alla capacità del MAXXI, dopo anni di incertezza che hanno spesso mal sfruttato le possibilità e le potenzialità di uno spazio e di una collezione straordinari, di aver trovato finalmente un’armonia e una narrazione nuova, interessante e tangibile tra architettura, opere d’arte ed esperienza partecipata del pubblico, iniziata l’anno passato con la bellissima mostra Ambienti 1956-2010.

Il museo rivela infatti un’intenzione artistica sempre più relazionale che segue i precetti enunciati da Nicolas Bourriaud all’inizio del nuovo millennio:

“L’attività artistica costituisce un gioco le cui forme, modalità e funzioni evolvono secondo le epoche e i contesti sociali; non è un’essenza immutabile. […] Il nuovo non è più un criterio, se non per gli attardati detrattori dell’arte moderna, i quali considerano del vituperato presente solo ciò che la loro cultura tradizionalista gli ha insegnato a detestare nell’arte di ieri. Per inventare strumenti più efficaci e punti di vista più corretti, è importante capire le trasformazioni che operano oggi nel campo sociale, cogliere ciò che è cambiato e ciò che continua a cambiare.”[1]

Inoltre, il supporto didattico è interessante, la guardiania è sempre molto cortese e ben disposta nel dare informazioni, i libretti disponibili all’ingresso del museo e nelle sale corrispondenti ad ogni mostra sono ben fatti, raccontano ogni singola esposizione, permettendo al visitatore di portare con sé un ricordo e un approfondimento dell’esperienza vissuta. Ad eccezione delle didascalie di sala che, seppur molto eleganti e situate in maniera tale da non disturbare le opere, sono male illuminate e difficili da associare alle opere singole, costringendo lo spettatore ad una serie di scomodi andirivieni.

“Something in the Water” 

La mostra di Oscar Tuazon è composta in gran parte da ambienti o luoghi effimeri che esistono temporaneamente e solo attraverso il passaggio e la percezione di chi vi entra in contatto. Una ricerca strutturale ed artistica di stampo sonoro, materico, cromatico e organicamente caotico; un percorso libero, apparentemente privo di exhibition design o di supporto didattico (seppure il libretto della mostra sia disponibile in altri spazi del museo) e che riflette l’idea di progettazione dell’artista, senza imposizioni e senza pause. Una mostra che esplora le relazioni tra luce e spazio, dentro e fuori, alto e basso, tra stretto e largo, liquido e solido, pesante e leggero, liscio e ruvido…

Fig 8 Ugo Rondinone, sechstermaizweitausendundvierundzwanzig, 2024
Fig.9 Leslie Hewitt, Untitled, (Basin Hmm or Hum or Hymn), 2022

Qui il visitatore attraversa luoghi che evocano e suggeriscono la presenza stessa dell’acqua, il suo movimento o la sua immobilità imperscrutabile (le due grandi tele di Rondinone “sechstermaizweitausendundvierundzwanzig” 2024), le sue sonorità, le variazioni di colore o all’opposto l’assenza di colore, la trasparenza e la capacità di riflessione fisica e simbolica (le magnifiche meteore specchianti di Leslie Hewitt, “Untitled” (Basin Hmm or Hum or Hymn, 2022). Splendide le opere di Lita Albuquerque e di Christo!

Fig.10 Abraham Cruzvillegas, Icharuta atonal en cientotreyntaidosavos de tono (para Luis Gonzalez y Gonzalez), 2017

Molto interessante è la canoa (dal titolo impossibile da memorizzare) di Abraham CruzvillegasIcharuta atonal en cientotreyntaidosavos de tono (para Luis Gonzalez y Gonzalez),” 2017; Un ready-made che evoca la forza del fiume e la cui sospensione suggerisce sensazioni legate al galleggiamento e all’acqua in movimento.

La grande tela “batik” di Saif Azzuz “Scraping by”, 2022, solida e liquida al contempo, ricorda le tecniche tessili del Sud Est Asiatico ma sembra anche discendere formalmente, con i suoi tratti spontanei e materici, dai lavori di André Derain, Paysage à Collioure   e di Henri Matisse la Moulade Collioure, entrambi del 1905.

Fig. 11 Saif Azzuz “Scraping by”,2022

Il titolo di ogni opera è in lingua originale, senza traduzione, parte integrante dell’opera stessa e (forse intenzionalmente) di difficile lettura da parte del pubblico. La tematica delle didascalie è stata spesso affrontata daIle istituzioni museali negli ultimi vent’anni. La preoccupazione principale è quella di evitare di privilegiare le informazioni didascaliche a scapito dell’esperienza diretta dell’opera, senza filtri.  Il dibattito è ancora aperto, vi sono infatti troppe varianti in termini di aspettativa, di fama, di racconto storico e di capacità mnemonica, che variano a seconda dei periodi storico artistici.

Fig. 12 André Dérain, Paysage à Collioure, 1905
Henri Matisse, la Moulade Collioure 1905

Seppure fluido e soggettivamente interpretabile, il percorso di mostra presenta installazioni e progetti artistici la cui genesi e struttura portano un messaggio universale: la connessione potente e ancestrale tra uomo e natura riflessa nella e dalla forma dell’acqua. Una visione che esprime l’urgenza di un cambiamento di attitudine più protettiva e conservativa nei confronti di una risorsa primordiale ed essenziale alla nostra sopravvivenza. Spazio dopo spazio il visitatore si sente inevitabilmente parte di un esperimento alchemico, che si esprime attraverso ai quattro elementi fondamentali – terra, acqua, fuoco, aria – ma a cui si aggiungono i sensi del tatto, odorato, suono e vista. Da una visione organica della collezione la mostra si espande ad una riflessione creativa e sperimentale sulle nostre relazioni con il mondo contemporaneo.

Fig.14 Oscar Tuazon, Ocean pavillion, 2024-2025

The Large Glass, Maxxi Galleria 4, 3 Dicembre 2024 – 25 Ottobre 2026,

Something in the Water, MAXXi, Galleria 2, 18 Aprile 2025 – 17 Agosto 2025

 Dominique LORA  Roma 1 Giugno 2025

Nota

[1] L’activité artistique constitue un jeu dont les formes, les modalités et les fonctions évoluent selon les époques et les contextes sociaux, et non pas une essence immuable. […] Le nouveau n’est plus un critère, sinon chez les détracteurs attardés de l’art moderne ne retenant du présent honni que ce que leur culture traditionaliste leur a appris à détester dans l’art d’hier.Afin d’inventer des outils plus efficaces et des points de vue plus justes, il importe d’appréhender les transformations qui s’opèrent aujourd’hui dans le champ social, de saisir ce qui a d’ores et déjà changé et ce qui continue à muser. N. Bourriaud, Esthétique Relationelle, Les presses du réel, 2001, p. 11