Le “Lettere Armene” di un ex ambasciatore e di un artista nel “Viaggio a Jerevan tra Arte e Diplomazia”. Quando un viaggio è anche occasione di crescita e di scoperta individuale.

di Dominique LORA

ISBN: 9791223501184COD: 9791223501184 Categorie: Edizioni fuori collana – storia e cultura, StoriaTag: Cerami F., Del Monaco V. Napoli, 2024, pp. 126, 14.00 €.

La pubblicazione Lettere Armene. Viaggio a Jerevan tra Arte e Diplomazia (Editoriale Scientifica 2025), presentata lo scorso 6 giugno al Circolo Canottieri Barion di Bari, nasce dallo scambio epistolare tra l’ex Ambasciatore Italiano in Armenia Vincenzo Del Monaco (2018-2022), oggi Ministro Plenipotenziario presso il Ministero degli Affari Esteri e Cooperazione Internazionale, e l’artista di video installazioni partenopeo Franz Cerami.

Uno scambio di idee e di impressioni iniziato in occasione della commissione, nel 2019, di due videoinstallazioni site-specific, Lighting Flowers e Remix Portraits che animarono ed illuminarono le strade della capitale armena, culminando in uno spettacolo pirotecnico e musicale all’Aram Khachaturian Concert Hall, diretto dal celebre direttore d’orchestra crotonese Mario Leotta.

In versione contemporanea e allineata, seppure con due approcci molto diversi, lo scambio epistolare tra Franz Cerami e Vincenzo Del Monaco racconta le premesse, le tappe e gli incontri di un artista italiano a Jerevan da una parte, e di un Grand Tour “su gomma” delle regioni dell’est europeo dall’altro e che, per ambedue, si conclude in Armenia.

Franz Cerami, Lighting Flowers, Aram Khachaturian Concert Hall, Jerevan 2019

Due versioni a confronto dell’incontro con geografie e umanità “altre”; due esperienze di viaggio volte a comprendere luoghi a loro sconosciuti fino a quel momento e che, in entrambe le versioni, porteranno ad una maggiore conoscenza del proprio essere e del proprio percorso professionale. Un viaggio di attraversamento ma anche di crescita e di scoperta individuale. Splendide le illustrazioni grafiche del libro di Franz Cerami che fanno da compendio ai racconti di attraversamento e di confronto umano.

Le lettere del maestro napoletano descrivono in maniera impressionista l’arrivo in un paese in cui è stato ospite, ma anche interprete e artefice e che dipingono con parole – che fanno eco a lunghe e rapide pennellate – paesaggi urbani ed individui, invitando ad entrare nel cuore della creazione artistica e rivelando infine come da un’idea in partenza l’opera d’arte si trasformi attraverso l’incontro umano e la geografia dei luoghi. Al pari della sua pratica artistica, le sue parole rivelano il desiderio di un mondo migliore che si esprime per mezzo di spazi urbani abbandonati a cui viene ridonata la vita; luoghi dimenticati che tornano ad essere luoghi vissuti, non solamente per un pubblico ristretto, ma per la comunità tutta.

In risposta, Del Monaco parte da una narrazione diacronica e spontanea arricchita sovente da flashback su luoghi ed esperienze personali passate rivelando un intelletto raffinato e impreziosito da una curiosità e da un entusiasmo ancora oggi intatti, se teniamo conto di un’esperienza professionale che sovente deriva nella disillusione. Il suo è un racconto autobiografico permeato di aneddoti che, nel districare il passaggio rituale che dall’adolescenza lo porterà all’età adulta, ci consente di comprendere ma anche di immaginare i momenti di propulsione e di formazione di una mente e di una sensibilità particolare. Lungo un percorso professionale improntato sulla conoscenza del sé e dell’altro e, soprattutto, sul desiderio incolmabile di conoscere forme ed espressioni di identità umane e geografiche (all’apparenza) distanti.

Del Monaco ci accompagna nel cuore dell’Armenia, un paese antico e magico che, per parafrasare le sue parole:

“offre uno charme unico, non replicabile e che man mano ci lascia avvolgere da un calore inedito: Una terra che ci parla della Torre di Babele, della Mesopotamia, dell’Antica Grecia, dell’Antica Roma, ma anche di Venezia, di Gerusalemme e della Russia… ricco di autori, sapori e luoghi da scoprire […] Una finestra di millenni, di pagine altissime di cultura, straordinari scrittori, musicisti, inventori, persone di scienza, di Fede, eroi comuni…”.[1]

Nella seconda parte del racconto, l’ex Ambasciatore d’Italia a Jerevan ci racconta la rivoluzione pacifica condotta da Nikol Pashinyan nel 2019, che favoritì il rientro di tanti esuli in patria, trasformando il paese in un crocevia culturalmente internazionale, mettendo fine alla diaspora provocata dal genocidio del popolo armeno da parte dei Turchi nel 1915. Del Monaco descrive un percorso intimo ed interiore, rivelando sentimenti, esperienze familiari e professionali condivise ma soprattutto un intelletto attento al dettaglio e alla “nuance” che si traduce in un linguaggio espressionista e straordinariamente acuto nel tracciare una vera e propria cianografia della storia e del presente del popolo armeno, e che mostra diverse similitudini, attraverso i secoli, con il nostro.[2]

La pubblicazione rinfresca e rinnova un genere letterario legato al viaggio, allo scambio culturale, ma anche alla testimonianza letteraria di relazioni estere ufficiali quanto ufficiose e che affonda le sue radici nell’antichità di cui ritroviamo un primo ed eccellente esempio nel celebre Itinerarium Egeriae che da Bisanzio alla Seleucia narra un viaggio extra-ordinario, completo di tappe e racconti legati ad usi e costumi dei popoli affacciati sul Mediterraneo. Da allora, il racconto di natura diplomatica ed itinerante ha assunto diversi orientamenti politici, religiosi, economici e archeologici che, dal Milione di Marco Polo ai diari di Matteo Ricci, per citarne alcuni, segnarono l’affermazione del racconto di attraversamento, di conoscenza e di contaminazione tra culture altre, contribuendo al dialogo culturale tra l’Europa, l’Asia e le Americhe, quale genere a sé.

Diffondendosi in tutta Europa, prima tra i membri dell’aristocrazia ecclesiastica e laica e progressivamente in seno alla borghesia fondata sulla diplomazia e sul commercio, queste testimonianze di viaggio generarono una nuova consapevolezza riguardo a popoli, terre e professioni religiose ancora sconosciuti, suscitando una nuova consapevolezza geografica ed umana e portando ad inedite forme di collezionismo e produzione artistica. Il genere si sviluppa esponenzialmente con l’inizio del Grand Tour, alla fine del XVII secolo, ma tocca il suo apice durante l’arco dell’Ottocento, quando artisti, poeti, diplomatici e archeologi del calibro di Goethe, Winckelmann, Stendhal e Renée de Chateaubriand pubblicano memorie, racconti e scambi epistolari. Resoconti raffinati di viaggi ed incontri, che informano il lettore sulle sfaccettate politiche del tempo e che rivelano sempre un’attitudine verso la scoperta di altri mondi, della storia e del presente dei popoli incontrati, mostrando un’apertura culturale in perenne evoluzione. Les Mémoires d’Outretombes di Chateaubriand in particolare, sono un resoconto organico, molecolare e sofisticato in termini linguistici, culturali ed umani; uno scritto geniale in grado di stimolare l’immaginazione dei lettori attraverso il tempo e di fornire conoscenze e dettagli sulla società europea del suo tempo.

                                                           Franz Cerami, Lighting Flowers e Remix Portraits Jerevan 2019

In altre parole, Franz Cerami e Vincenzo Del Monaco sono due semionauti che esprimono con passione la ricerca e il rispetto dell’identità e del territorio altrui attraverso il racconto di un viaggio qui inteso come una macchina del tempo, ovvero un dispositivo e un veicolo in grado di acuire la sensibilità espressiva di un artista peripatetico e di affinare le capacità interlocutorie di un ministro plenipotenziario che, ognuno a suo modo, rappresentano con il proprio talento e le proprie competenze l’Italia presso altri popoli.

Dominique LORA  Roma

NOTE

[1] V. Del Monaco, F. Cerami, Lettere Armene, Viaggio a Jerevan tra Arte e Diplomazia, Editoriale Scientifica, 2025, p. 19
[2] Il popolo armeno, le cui terre e relativi confini sono stati nei secoli mutilati e implacabilmente ridistribuiti tra i paesi limitrofi, ha sofferto barbarie non solo geografiche ma soprattutto umane e, nel tempo, si è disperso attraverso il globo pur sempre mantenendosi unito nella memoria e nello spirito, oltre i confini del tempo e dello spazio. Tale straordinaria capacità di resilienza e di comunione spirituale è definita armenità, un termine che, per chi non è armeno, si può intuire, afferrare, forse, persino amare nella sua enigmatica profondità, ma mai totalmente comprendere. Come per gli aborigeni australiani di Chatwin, che percorrono le loro vite in simbiosi con la terra alla quale appartengono, in Armenia, i sentieri, le montagne (l’Ararat!), le città, la memoria dei luoghi e degli umani costituiscono un insieme di segni, di labirintici percorsi e storie che sono visibili soltanto per occhi di chi vi è nato, o di chi vi appartiene per origine. Una terra che magicamente viaggia impressa nel DNA di ogni suo discendente, vicino e lontano che sia. D. Lora, Arshak Sarkissian, Angeli e Demoni,  Sagep, 2022, p.22