di Marco FIORAMANTI
“UN INVITO AL VIAGGIO A CAVALLO TRA CINEMA E TEATRO”
Roma, Teatro La Comunità
FAVOLE DI OSCAR WILDE (Per cominciare a leggerle)
Uno spettacolo di Giancarlo Sepe (per 34 spettatori a replica)
con Alberto Brichetto, Davide Giabbani, Ariela La Stella, Aurelio Mandraffino, Riccardo Pieretti, Federica Stefanelli, Michele Dirodi
scene Carlo De Marino
musiche Davide Mastrogiovanni | Harmonia Team
costumi Lucia Mariani
FABULA IN FABULA
Seduti più o meno in cerchi concentrici su sedie incatenate al suolo, prigionieri ignari gli spettatori, deliberatamente chiusi all’interno di una caverna buia, obbligati a guardare davanti a loro, attendono.
Non sanno cosa accadrà davanti e dietro di loro, quando, improvvisamente, dall’unica entrata del misterioso grande igloo un fascio di luce introduce uomo e una donna. A passi lenti si dirigono verso l’unica sedia libera. È solo lei (Federica Stefanelli) a sedersi. Il suo viso è riflesso in uno specchio che ne rivela il solo profilo. Le prime parole: “È già tutto accaduto” risuonano come quel c’era una volta di ogni favola.
Ma tutto quello che segue appartiene all’immaginazione poetica dell’autore, Giancarlo Sepe, da sempre estraneo alla narrazione logica e maestro della scena attraverso le musiche e i corpi in movimento. In questo caso il palcoscenico vede al centro gli spettatori e nella periferia circolare muoversi sette geniali giovani attori che appaiono e scompaiono in riquadri, fissando il pubblico dall’esterno della struttura semisferica.
La favola gioca con sentimenti trascurati, irrompe sovverte il comune sentire, quello pacato e intimo con la manifestazione del coraggio… Domande… Dov’è la tua saggezza? Dov’è la tua morte? Dove vai, giovinezza… Dove vai, mia vita… Richieste impellenti.


Pur non nominando mai Oscar Wilde – se non attraverso alcune immagini che lo ritraevano – ne ha esaltato e reso vivo il suo spirito e inneggiato alla sua redenzione cattolica. Attraverso frammenti di immagini di toghe con rosari, di cuori, movimenti rapidissimi di mani con “effetto Francis Bacon”, di sguardi improvvisi, cupi, baci, ombre fugaci, meravigliosi giochi di luce zenitali e altri infiniti effetti speciali tra i quali il movimento rotatorio della pedana di base che coinvolge il pubblico in un viaggio magico e surreale.
Quali parole nascono da labbra serrate, gli occhi lacrimano per la stanchezza, la cecità è per le cose che non hanno sentimento, ma un’altra vista, grazie a Dio, quella che non ha occhi, vede solo l’immaginazione, cose che non sono e non diventano mai reali.

Dopo aver fatto l’abitudine a questa fantasmagorica ipnosi collettiva, lo spettatore è costretto a svegliarsi da quell’onirica, rassicurante finzione poetica, e a riprendere i codici del quotidiano, convinto di trovare all’esterno quella che lui considera la vera realtà.
Le mie vene… Il mio sangue… occhi… ciò che non ho toccato… le parole che non ho sentito…
Le stagioni che non ho vissuto… Tutto l’amore che non ho… Tutto il silenzio e l’attesa che rinnego tradisco strappo dal mio corpo afflitto…

Marco FIORAMANTI Roma 6 Aprile 2025
Le foto sono dell’autore.