L’Architettura a Roma tra le due guerre. I ‘casi’ dei palazzi delle Poste tra due visioni del razionalismo e spunti futuristi

di Francesco MONTUORI

La tradizione architettonica a Roma

GLI EDIFICI POSTALI FRA LE DUE GUERRE

La caotica espansione a “macchia d’olio”, prevista dal Piano regolatore di Roma del 1931, cui lavorarono gli accademici d’Italia Piacentini e Brasini e Calza Bini, presidente del Sindacato fascista architetti e Ingegneri, condusse alla crescita caotica dei quartieri residenziali dislocati fra il centro storico e la periferia delle nuove borgate. Qui si insediò la nuova borghesia, gli impiegati dello stato, i commercianti e gli addetti ai nuovi servizi pubblici e delle organizzazioni del regime.

Ne seguì la realizzazione delle nuove infrastrutture – edifici postali, scuole, Case del Fascio, Case della Gioventù italiana del Littorio, stazioni – frutto di una politica culturale del regime che cercava di dimostrare la sua capacità di inserirsi nei nodi urbani dei nuovi quartieri residenziali. Frammenti di architettura moderna che volevano compensare i disastri dei grandi sventramenti del centro storico e monumentale di Roma.

Vennero indetti importanti concorsi nazionali, e fra questi i concorsi per la realizzazione dei nuovi edifici postali della Capitale.

Il clima era di una relativa libertà artistica anche se nel Bando si ribadiva la necessità di rispettare la “dignità artistica dell’urbe” e lo “spirito dell’Era storica attuale”.

Il dibattito sul razionalismo europeo era assai vivace;

da una parte Piacentini si imponeva come unico ed autentico interprete del rinnovamento architettonico italiano; la sua egemonia si fondava sul carattere “mediterraneo” della cultura italiana, un monumentalismo senza “gli archi e le colonne”, caratteri specifici della nuova architettura italiana rispetto al “razionalismo puro” di Gropius, Mies van der Rohe, Le Corbusier.

Gli stessi giovani architetti italiani che pure avevano attaccato Piacentini con l’esposizione della “Tavola degli orrori”, alla seconda mostra dell’architettura razionale del 1931, dimostrano un sincero senso critico rispetto alle aporie dell’International style entro cui si muoveva il razionalismo europeo.  Essi aderiscono con convinzione all’idea di un razionalismo “all’italiana” in cui i caratteri della tradizione, coniugati con le istanze di rinnovamento, avrebbero permesso di caratterizzare in modo originale la partecipazione al  movimento razionalista europeo.

A Roma in particolare Ridolfi, De Renzi, Libera, Samonà, distinguendosi, come vedremo, dalle esperienze milanesi dei BBPR, lavorano per un compromesso fra tradizione e rinnovamento del’architettura italiana che darà anche esiti positivi e condivisibili.

Le loro proposte al concorso per i nuovi edifici postali si caratterizzeranno per il carattere volumetrico dei fabbricati; per una chiara suddivisione funzionale degli spazi; per l’impostazione simmetrica dei volumi; per la regolarità delle bucature delle finestre, ben incassate a sottolineare gli spessori volumetrici; per l’assenza di finestre a nastro ed angolari.

Piacentini lavora abilmente per favorire l’inserimento nella vita professionale dei giovani con un accorta politica dei concorsi; significative, a questo riguardo, le presenze nella giuria dei nuovi palazzi postali di Roma, a fianco degli accademici Giovannoni, Calza Bini, Del Debbio, di Giuseppe Pagano, direttore di Casabella e di Giuseppe Vaccaro, già vincitore del concorso per le nuove poste di Napoli, esponenti autorevoli della corrente modernista.

I giurati rappresentavano dunque varie tendenze culturali così garantire un’equilibrata spartizione degli incarichi.

Nel concorso per gli edifici postali Samonà viene prescelto per il fabbricato del quartiere Appio; a Libera e De Renzi viene assegnato il palazzo postale di via Marmorata all’Aventino; Ridolfi con Fagiolo si afferma per le poste di piazza Bologna al Nomentano. Gli edifici postali del nuovo centro ministeriale dell’EUR vengono assegnate al raggruppamento milanese BBPRBanfi, Belgioioso, Peressutti e Rogers – come ricompensa per il loro secondo premio nel concorso per il Palazzo della Civiltà Italiana che si sarebbe dovuto realizzare all’EUR. Infine gran parte della progettazione, fra cui le poste di Sabaudia e dell’Abetone e le nuove stazioni ferroviarie italiane di Siena Trento, Montecatini, Reggio Emilia, Latina vengono affidate dal ministero delle Comunicazioni direttamente all’architetto-ingegnere Angiolo Mazzoni e fra queste le poste di Ostia Lido, distretto exraurbano che andava fortemente espandendosi.

Il palazzo postale di via Taranto (1933) di Giuseppe Samonà occupa tutto il lotto assegnato, tra i palazzoni del quartiere Appio.

fig. 1 Edificio postale in via Taranto
fig. 2 Edificio postale in via Taranto

(Figg. 1-2) Le due facciate ortogonali sono caratterizzate dalla sovrapposizione di due superfici: il piano vetrato di base e la muratura superiore rivestita dal travertino; la soluzione d’angolo, ripetutamente studiata nei disegni preparatori, è il cardine della composizione, asse di simmetria ideale dei volumi dell’edificio. Per rendere simmetrica l’impostazione dei due fronti ortogonali Samonà varierà opportunamente il rivestimento del vasto edificio: la pannellatura di travertino dei fronti organizzati dal cardine angolare, si interrompe bruscamente per rafforzarne geometricamente la simmetria, e proseguire nella restante volumetria con una cortina in mattoncini rosati.

L’edificio di Libera e De Renzi prospetta su via Marmorata (1933-35) cui si collega con ampia scalinata.

fig. 3 . Edificio postale di via Marmorata
fig. 4 . Edificio postale di via Marmorata, retroprospetto

(Figg. 3-4) L’impianto classico si basa sulla semplice geometria del semi-quadrato. L’articolazione dell’edificio si basa su tre distinti volumi giustapposti che

tre differenti funzioni: il corpo ellittico della sala per il pubblico; il corpo di fabbrica a C destinato agli uffici che si conclude sul retro con uno spazio a doppia altezza; un portico di ingresso geometricamente autonomo rispetto ai volumi destinati al pubblico ed agli uffici. La semplicità dell’impostazione geometrica è arricchita con una libera articolazione delle bucature delle finestre, ben incassate per rafforzare il carattere tridimensionale dell’impostazione stilistica. Esse sono diverse per ogni lato, ma obbediscono all’impostazione simmetrica rispetto all’assialità  trasversale dell’edificio. Sul fronte di via Marmorata le rampe delle scale offrono l’occasione di una partitura diagonale delle finestrature, mentre sul retro il salone a doppia altezza per lo smistamento postale offre l’occasione per un tappeto di astratte piccole bucature, soluzione che Libera e De Renzi riprenderanno successivamente nel padiglione all’Esposizione Universale di Bruxelles.

A Piazza Bologna (1934-36) Mario Ridolfi con Mario Fagiolo progetterà un grande edificio

fig. 5 . Edificio postale di Piazza Bologna
fig. 6 . Edificio postale di Piazza Bologna. Sala del pubblico

che accoglie con la sua doppia curvatura lo spazio della nuova piazza antistante, soffocata dal vasto e caotico quartiere di intensivi e palazzine (Figg. 5-6). Le tre parti destinate a differenti funzioni sono accorpate in un unico blocco volumetrico che si svolge con andamento concavo-convesso. La pensilina centrale simmetrica rispetto al volume dell’edificio entra visivamente in contrasto alla parte concava della parete continua, con una esplicita citazione del barocco romano borrominiano. Il rivestimento, in listelli di travertino color nocciola della Maremma è montato in modo da evidenziare la forte orizzontalità ed i chiaroscuri cromatici della fluente volumetria.

Ben differente è l’impostazione architettonica del gruppo milanese composto da Gian Luigi Banfi, Ludovico Belgioioso, Enrico Peressutti ed Ernesto Rogers.

fig. 7 . Edificio Postale in viale Beethoven, EUR.
fig. 8. Edificio Postale in viale Beethoven, EUR, retroprospetto

L’edificio postale di viale Beethoven all’Eur (1939-42) si compone di un corpo basso che ospita due grandi sale per il pubblico e di un corpo posteriore al primo, che accoglie su quattro piani gli uffici dell’amministrazione (Figg. 7-8). Più attenti alle esperienze europee, in particolare a quelle olandesi del gruppo De Stjil, il gruppo milanese punta sulla negazione del volume: il corpo anteriore è illuminato dall’alto e permette ai progettisti un fronte principale cieco, composto da un piano astratto impostato su un basamento di peperino interrotto solo dagli ingressi a tutta altezza alle due sale per il pubblico. Il corpo retrostante per gli uffici amministrativi è realizzato con una fitta orditura modulare di pilastri e travi in cemento armato in esplicita polemica e negazione del volume monumentale con bucature prediletto da Piacentini, che non mancherà di criticarli. L’edificio vive del contrasto dialettico fra i piani liberi del corpo frontale e la ripetuta intelaiatura del corpo retrostante.

Angiolo Mazzoni

Entrato a far parte del movimento futurista fin dal 1915, l’opera dell’ingegnere architetto Angiolo Mazzoni, dipendente del ministero delle Comunicazioni, fu caratterizzata da un disinvolto trasformismo progettuale; alle meraviglie dinamiche del futurismo unì con spregiudicatezza l’amore per “gli archi e le colonne”. La cosidetta burocrazia ministeriale lo costrinse a progetti in stile neoromanico e neoquattrocentista. Gli episodi “moderni”, che punteggiano in quantità non trascurabile la sua produzione vanno letti come esiti di un camaleontismo professionale che inclinava a considerare il “moderno” fra le tante opzioni possibili a seconda delle convenienze.

Va tuttavia riconosciuta l’esistenza di un alternativa futurista all’architettura razionale degli anni trenta.

fig. 9. Edificio Postale Ostia Lido. L’ingresso con la fontana

L’edificio postale di Ostia Lido (1933-34) nell’omonimo piazzale vicino al mare, dimostra che alla nudità dell’architettura razionale potevano essere opposti gli accordi polimaterici nei rivestimenti delle pareti, soffitti e pavimenti, la possibilità di combinare materiali tradizionali ed innovativi. Il sapiente uso del colore e dell’acqua sono la risposta all’astinenza cromatica dell’architettura razionale. La grande fontana di ingresso e l’alta torre dell’orologio fanno passare in secondo piano gli ambienti funzionali dell’edificio postale.

fig. 10. Edificio Postale Ostia Lido. La torre con l’orologio

Altri importanti elementi sono rappresentati dalle grandi pensiline “a sbalzo”, dai raccordi curvilinei fra pareti e soffitti, dall’originale disposizione dei mattoncini nei pilastri della copertura della fontana, dal vetro delle tessere dei mosaici, dall’anticorodal ed il rame degli infissi.

Gli edifici postali dei nuovi quartieri romani, l’edificio futurista delle poste di Ostia, il carattere astratto dell’architettura delle dell’Eur ci parlano dunque di una molteplicità di esperienze che  contribuiranno ad un dibattito che si aprirà nel dopoguerra, sulla crisi del Movimento Moderno in architettura.

Francesco MONTUORI     Roma aprile 2019