La «tempesta perfetta» del COVID – 19 e l’arte contemporanea italiana. Concluso il “Forum”con una plenaria online

di Giulio de MARTINO

La «tempesta perfetta» – titolo di un racconto del 1997 di Sebastian Junger da cui è stato tratto l’omonimo film del 2000 di Wolfgang Petersen – è un evento metereologico estremo. Un uragano che provoca danni colossali: irreparabili e definitivi. Tuttavia, da un altro punto di vista, è una sorta di perversa liberazione: per la sua potenza di azzeramento e di annichilimento, la «Perfect Storm» apre al mondo altre possibilità di sopravvivenza.

Comincio con questa metafora per spiegare come il Lockdown dei mesi scorsi abbia provocato, centuplicati, proprio quegli effetti catastrofici per la società e vita artistica che il “Forum dell’arte contemporanea italiana” aveva paventato come incombenti e anche cercato, in qualche modo, di contrastare. La deriva massmediale e l’impoverimento culturale italiano, uniti al dilagare di forme di vita sempre più artificiose, manipolate e contraddittorie, sembravano delineare uno stato del mondo e della società inquietante e regressivo. Faticose e eroiche erano le buone pratiche alternative, precari i percorsi della nuova cultura, impervie le vie dell’arte indipendente. Bene: proprio su questo contro-universo delle pratiche inverse, dell’arte e della multisocietà si è abbattuto come una tempesta perfetta il COVID-19, ma soprattutto il Lockdown sicuritario e sanitario decretato dal Governo.

Fig. 1 Logo del “Forum dell’arte contemporanea in Italia”

Per tre mesi e più hanno imperversato internet e la tv, l’isolamento e l’atomizzazione, BIGFARMA e BIGDATA, il premierconte e i nanobiologi. E’ stata la fine della socialità e degli happening, il collasso degli eventi e dei controeventi, dei teatri e dei festival, dei vernissage e dei musei. Il virtuale è diventato virale (o viceversa?) e ha sgominato il reale e il potenziale.

Ci si poteva attendere di peggio? Eppure, se leggiamo il Comunicato finale dell’assemblea plenaria del Forum dell’arte contemporanea, svoltasi online il 30 maggio scorso, vi troveremo, insieme a lutti e disastri, anche uno spirito di rinascita e una notevole energia propositiva. Ma procediamo con ordine.

Fig. 2  Logo della Plenaria del 30 maggio 2020

Il Forum dell’arte contemporanea italiana è una organizzazione informale, ma permanente, costituitasi a Prato il 25-26-27 settembre 2015. Ha coinvolto – nelle convention svoltesi in successione a Genova, Torino, Bologna dal 2016 al 2018 –  centinaia di addetti ai lavori (artisti, galleristi, critici, direttori di museo) e migliaia di partecipanti. In queste riunioni, sono state avanzate proposte su tutte le problematiche inerenti il sistema delle arti visive: l’educazione artistica, la produzione creativa, il mercatoe le opere, il rapporto con  la società, la fiscalità, ecc.

Un ricco sito internet allestito dal Forumhttp://www.forumartecontemporanea.it/home – raccoglie la storia, i documenti e i materiali delle varie sessioni e dei tavoli tematici che le hanno animate. Infine, l’ultima edizione del Forum – svoltasi a causa del Lockdown in forma virtuale – ha avuto il supporto del PalaExpo di Roma e si è svolta per tutto il mese di maggio, concludendosi il 30.

Chiariamo subito: non ho mai avuto grande passione per  organizzazioni come il “Sindacato arti visive” o il “Comitato dei lavoratori dell’arte” sorte fin dagli anni ’60 sull’onda del pansindacalismo di quei tempi e della contestazione della Biennale e della Scala. Faccio mio quanto scrisse il povero Jean Baudrillard quando Georges Pompidou decise di museificare a Parigi – al Beaubourgla pop art e le post-avanguardie[1]. Ma i tempi cambiano: in molte città italiane esistono musei pubblici del contemporaneo – tutti belli e attivi – ed è sorto un “Art Council” con funzioni di supporto alla produzione degli artisti e di interlocuzione con il MIBACT.

Insomma, il Forum dell’arte contemporanea italiana  non esprime necessariamente le opinioni di tutti gli artisti e di tutte le tendenze dei musei del contemporaneo e delle gallerie italiane, ma è fonte attiva e propositiva di critiche e di progetti, di analisi e di tendenze che attraversano il movimento dell’arte contemporanea. Mette in circolo una agenda di tematiche di notevole interesse ed evidenzia un metalinguaggio sociologico ed estetico che molti protagonisti condividono e pone in risalto le zone di attrito e di interconnessione fra l’arte e la società. L’attuale board di coordinamento del Forum è costituito da Lorenzo Balbi, Diego Bergamaschi, Eva Frapiccini, Pietro Gaglianò, Ilaria Lupo, Maria Giovanna Mancini, Elena Magini, Stefano W. Pasquini, Silvia Simoncelli, cui si sono aggiunti Fabio Cavallucci, Anna Daneri e Cesare Pietroiusti.

Fig. 3 Immagine di Francesco Scarlata.

Veniamo allora al lessico e ai temi del Forum. Sicuramente, con funzione di memoria tutelare del lavoro del Forum, si dispiega la figura di Germano Celant, tragicamente scomparso a Milano proprio a causa della pandemia[2].

Fig. 4  Germano Celant. Portrait by Brigitte Lacombe

Potremmo dire che la nozione ossimorica di Celant di «arte povera» – posta in contrapposizione dialettica con la «povertà del sociale» postmoderno – può costituire l’intuizione primaria da cui partire. Come ha detto, nel suo intervento conclusivo, Fabio Cavallucci, già direttore del Centro d’Arte Contemporanea Castello Ujazdowski di Varsavia e ora direttore del Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato:

«in questo momento difficile, il senso di vuoto, l’assenza, la mancanza ha preso per noi il nome di Germano Celant».

Innanzitutto il comparto dell’arte visiva rifiuta, con forza, di essere assimilato al mondo dell’«enterteinment» e dello spettacolo. Si tratta di un equivoco in cui incorre spesso la politica. In realtà – pure apprezzando ciò che è musica e teatro, cinema e televisione – le arti visive propongono forme di empatia, di performance e di ricerca linguistica che sono del tutto differenti rispetto a quelle del mondo dello spettacolo. Si apre qui un contrasto fra il livello dirigista – che non riconosce il valore autonomo dell’arte: la sua funzione riflessiva e culturale – e le istituzioni del territorio che, invece, apprezzano e favoriscono, con musei, rassegne, eventi, progetti, il lavoro dell’arte nella società e negli spazi pubblici.

Fig 5 Fabio Cavallucci (da Il Sole24Ore)

«Senza la cultura e l’arte la società si impoverisce» ha detto ancora Cavallucci, sviscerando la doppia polarità semantica della «povertà»: la povertà intesa come «arte», cioè come inattualità e divergenza, asimmetria e originalità creativa, che è fattore di lotta all’analfabetismo funzionale e allo svuotamento del legame intersoggettivo, sia in senso sincronico che diacronico. Tutt’altra cosa, invece, è la povertà intesa come miseria educativa e culturale: processo di imbarbarimento e di omologazione della società che smarrisce se stessa e si riduce a mera forma di sopravvivenza economica e biologica.

Nella diversità dei percorsi di ricerca e delle pratiche, delle forme di mercato e di pubblicizzazione, tutti gli artisti, i curatori e i critici si riconoscono in concetti e principi di scenario che sono quelli della cura, del bene comune, della decolonizzazione dell’arte italiana rispetto ai media e alle strutture egemoni.  La funzione positiva della cultura e dell’arte nella società si concentra intorno a nozioni come quelle di benessere, di comunità, di umanità integrata nella biosfera, in una visione della pratica artistica che va ben oltre la mera produzione di «opere» per il mercato e per il pubblico.

Sembrano tornare attuali, istanze controculturali degli anni ’60 e ’70 del secolo scorso, come l’uscita dall’«elitarismo» del mercato privilegiato, del collezionismo speculativo e competitivo, come pure dalla «cultura di massa». L’arte contemporanea si schiera invece – in coerenza con il titolo del Forum 2020: “Chiamata alle arti” – per l’implementazione di una visione creativa e non solo tecnica e scientifica della relazione sociale.

Fig. 6  Immagine di Francesco Scarlata

Prima che esplodesse l’emergenza sanitaria del COVID-19 il Forum aveva sviscerato alcuni punti nevralgici del nesso fra arte e società in Italia. Ad esempio: l’importanza della formazione all’arte (nelle scuole, università, accademie, centri di ricerca), lo sviluppo del rapporto pubblico-privato (musei del contemporaneo, borse di studio, gallerie, eventi, rassegne), il supporto economico e fiscale all’arte e agli artisti che non veda l’ingerenza della politica nella cultura, ma la tutela della sua autonomia e libertà. Anche la necessità di dotarsi di un’agenzia specifica per la promozione del contemporaneo in Italia e all’estero deve essere al centro di una contrattazione accentrata e decentrata.

Sono temi che tornano sul tavolo con nuova pregnanza e nuove priorità oggi: in fase di uscita dall’emergenza sanitaria e di rinascenza, dopo la tempesta perfetta del COVID-19.

Giulio de MARTINO   Roma 19 luglio 2020

NOTE

[1] Jean Baudrillard, Simulacri e impostura. Bestie, beaubourg, apparenze e altri oggetti, Bologna, Cappelli, 1980.
[2] Vedi qui: Giulio de Martino, Scompare Germano Celant ma restano i frutti del suo geniale talento di critico d’arte. L’arte che vive. Ricordando Germano Celant.  https://www.aboutartonline.com/scompare-germano-celant-ma-restano-i-frutti-del-suo-geniale-talento-di-critico-darte/