La Piazza e il palazzo Barberini, dove operarono i più grandi artisti; gli sviluppi urbanistici e architettonici

di Francesco MONTUORI

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M.Martini e F. Montuori

LA  PIAZZA  E  IL  PALAZZO  BARBERINI

Il luogo della città di Roma ove sorgeranno la piazza e il Palazzo Barberini fu un tempo un impervio avvallamento disabitato sul fondo del quale correva un piccolo torrente; la zona rimase a lungo periferica; il poeta spagnolo Marziale scrisse che vi abitò in solitudine e che dalla sua villa si vedeva solo il tempio di Giove, edificato in epoca repubblicana (fig.1).

Fig.1 Roma, la zona periferica della città dove sorgerà il Palazzo Barberini

Nel 1551 il Bufalini rappresenta l’area nella sua pianta xilografica della città, la prima realizzata sulla base di rilevamenti topografici attendibili (fig.2);

Fig.2 Bufalini, pianta della città di Roma

dopo circa trent’anni il Du Pérac la inserisce nella sua pianta; la zona appare costellata di vigne, giardini e ville fra cui la villa del cardinale Domenico Grimani e quella del cardinale Rodolfo Pio da Carpi che fu acquistata nel 1556 dai Della Rovere, quindi dagli Sforza di Santafiora e infine dai Barberini. La platea che, con il passare degli anni, venne a formarsi dove originariamente scorreva il torrente, prese il nome dei proprietari; nel 1640 compare come Dominorum de Barberinis, quindi Barberini a via Capo le Case ed infine, nel 1668, semplicemente Barberini.

Al tempo di Sisto V la zona venne attraversata dalla nuova Strada Felice, la via Sistina, che collegava la chiesa di Trinità dei Monti con la basilica di Santa Maria Maggiore. Fu allora che si configurò una vera piazza anche se al limite dell’abitato. Il pontefice Urbano VIII Barberini, che governò la città fra il 1623 e il 1644, acquistata la villa Grimana, la trasformò costruendo in un imponente palazzo degno del suo rango.

Chiamò all’opera i più grandi artisti dell’epoca, Carlo Maderno, Francesco Borromini, Gian Lorenzo Bernini e Pietro da Cortona. Lo sviluppo architettonico della zona ed il palazzo è documentata dalla pianta del Falda (fig.3) e dall’incisione di M. G. Rossi che ne derivò (fig.4).

Fig.3 Falda, Pianta di Palazzo Barberini
Fig.4 M. G. Rossi, incisione di Palazzo Barberini

Tra il 1642 e il 1644 il pontefice Urbano VIII incaricò Bernini di realizzare al centro della piazza “una fontana che fosse in stretta relazione con il palazzo”  e che illustrasse il valore dato dall’artista alle fontane per la loro funzione di pubblica utilità.

Comparando la pianta del Falda con quella di Giovan Battista Nolli del 1748 (fig.5)

Fig.5 Giovan Battista Nolli, 1748. La pianta di Roma con i Giardini e il Palazzo Barberini

e le successive incisioni di Giuseppe Vasi (fig.6) non si avvertono sostanziali modifiche dell’immagine della piazza.

Fig.6 Giuseppe Vasi. Palazzo Barberini, incisione

In un acquaforte di Luigi Rossini del 1848 la piazza è ritratta con la fontana del Bernini, mentre sulla sinistra, in angolo con la via Sistina, si nota la Fontana delle Api, sempre del Bernini, trasferita solo in seguito all’inizio di via Veneto, quando questa venne tracciata per collegare la piazza Barberini con la Porta Pinciana (fig.7).

Fig.7 Luigi Rossini. La fontana del Bernini a Piazza Barberini

In una fotografia del 1931 (fig.8) è raffigurato l’Hotel Bernini Bristol, realizzato in forme neoclassiche dall’architetto Francesco Azzurri; l’ingresso al palazzo che originariamente era sulla piazza, era stato abbattuto e spostato in via XX settembre.

Fig.8 L’Hotel Bernini Bristol dell’architetto Francesco Azzurri in una fotografia del 1931

Si notano con chiarezza le case che costituivano il basamento del palazzo; sul finire degli anni ’20, gli edifici, una volta demoliti, permisero l’apertura di via Barberini e la creazione dell’omonimo cinema, come illustrato nella pianta di Roma moderna, realizzata nel 1970 da A. Ravagliori e L. Piffero (fig.9).

Fig.9 A.Ravaioli e L.Piffero. Pianta di Roma Moderna del 1970

Nella prima metà del ‘600 sorse, fra le vigne e gli orti, il nuovo palazzo della famiglia Barberini. Il pontefice Urbano VIII volle mantenere tuttavia la duplice valenza di villa suburbana posta al limitare della città abitata. L’urbanizzazione della zona realizzata da Sisto V con la costruzione dell’acquedotto Felice e della via Quattro Fontane, dà un maggior peso all’aspetto di residenza urbana del palazzo. Quando i Barberini acquistano il sito, il Palazzo Sforza era già caratterizzato in questa doppia valenza di residenza urbana e di villa suburbana posta al limitare della città e il progetto del nuovo palazzo sorgerà  rispecchiando questa duplicità. In particolare la facciata verso via di Quattro Fontane sottolinea il rapporto di compenetrazione con la natura e scandisce, con il suo doppio ingresso alle due ali, la divisione dei due settori del palazzo: quello a nord abitato dal ramo secolare della famiglia, in origine da Taddeo, nipote  di Urbano VIII e dalla sua sposa Anna Colonna e la parte verso sud  invece abitata dagli ecclesiastici, i cardinali Barberini. Qui, all’ultimo piano, il Cardinale Francesco aveva impiantato la sua celebre biblioteca di circa 60.000 volumi che in seguito sarà acquistata da Leone XIII per la biblioteca vaticana. L’accesso principale da questo lato fu sottolineato solo dopo la costruzione della cancellata progettata dall’architetto Azzurri nel 1848, con i grandi talamoni scolpiti da Adamo Tadolini.

Fig.10 Francesco Borromini. La rampa a chiocciola del Palazzo (da aloarchitettiroma.it)

Il pontefice Urbano VIII Barberini, acquistata nel 1625 dagli Sforza la villa che era stata del cardinale Domenico Grimani, ne dispose la trasformazione in un imponente palazzo degno del suo rango corrispondente ai suoi desideri. Egli ambiva, per la sua famiglia di origine fiorentina, una reggia che stesse alla pari con le residenze della grande nobiltà romana.

A tale scopo chiamò all’opera, in fasi successive, i più grandi artisti dell’epoca: il palazzo fu iniziato da Carlo Maderno nel 1625 che fece un primo disegno; a Maderno subentrò Francesco Borromini; infine il Bernini, protetto dal papa, terminò i lavori nel 1633. Per quanto riguarda la paternità artistica dell’edificio, sono attribuiti al Maderno le due ali del palazzo, a Borromini i disegni delle finestre, la facciata posteriore e la rampa a chiocciola con le colonne binate sulla destra dell’edificio (fig.10).

E’ del Bernini la facciata principale articolata nei tre ordini dorico, ionico e corinzio e lo scalone a colonne binate sull’ala destra dell’edificio (figg.11 e 12). Dal fianco destro del palazzo si accede al giardino segreto

Fig.11 Gian Lorenzo Bernini. Facciata principale del palazzo Barberini
Fig.12 Gian Lorenzo Bernini. Lo scalone a colonne binate (da Gebart.it)

Il palazzo è ricco di decorazioni pittoriche; gli affreschi del salone di rappresentanza al primo piano del palazzo dove Pietro da Cortona vi affrescò Il Trionfo della Divina Provvidenza, rappresentano un’esaltazione della famiglia Barberini come indicano la tiara, le chiavi papali di Urbano VIII e le api dello stemma di famiglia (fig.13).

Fig.13 Pietro da Cortona. Affresco del Trionfo della Divina Provvidenza

Pietro da Cortona lavorò nel palazzo per sette lunghi anni, dal 1633 al 1639, fianco a fianco col pittore Andrea Sacchi, allievo del Cavalier d’Arpino, che affrescò un ambiente del piano nobile di Palazzo Barberini, rappresentando il Trionfo della divina Sapienza e testimoniando così della teoria eliocentrica di cui Urbano VIII aveva discusso a lungo con Galileo Galilei.

La grande villa era dotata di un Teatro realizzato all’interno di un edificio collegato al palazzo, sul versante dell’attuale via Barberini (fig.14).

Fig.14 Pietro da Cortona. Il Teatro presto demolito

La facciata fu curata da Pietro da Cortona con un bel portale fra finestrelle quadrate; la sala del Teatro era rettangolare con un ballatoio su tre lati, banchi in platea e palcoscenico incorniciato da un proscenio con colonne. Presto fu chiuso ma riaprì per pochi anni, tra il 1653 e il 1656, per i festeggiamenti delle nozze tra Maffeo Barberini e Olimpia Giustiniani.

Nel settecento furono divisi la platea e la galleria e il del Teatro cambiò la sua utilizzazione; il piano superiore fu adibito a magazzino e quello inferiore a rimessa delle carrozze.

Tra il 1822 e il 1834 ospitò il grande studio dello scultore danese Berthel Thorvaldsen. Fu visitato da papa Leone XII e la visita fu immortalata in un quadro del pittore danese H.D.C. Martens.

Nel 1932 il Teatro fu demolito per l’apertura di via Barberini e venne ricostruito da Marcello Piacentini sulla destra della strada, perpendicolarmente ad essa. Per entrare nel giardino antistante il palazzo venne eretta nell’Ottocento da Francesco Azzurri una possente cancellata in ferro, fra otto pilastri con canestre e talamoni (fig.15).

Fig.15 Ingresso e facciata del Palazzo Barberini con la cancellata di Francesco Azzurri

La proprietà restò comunque ai Barberini e ai loro eredi; fra questi ultimi i Sacchetti Barberini Colonna vi abitarono fino al 1949 fino a che il Palazzo fu venduto allo Stato Italiano. L’ala sinistra divenne sede della Galleria Nazionale d’Arte Antica mentre l’ala destra fu assegnata alle Forze Armate che vi insediarono il Circolo Ufficiali. Da allora Iniziò la lunga polemica per far evacuare il circolo ufficiali e destinare nuovi ambienti alla Galleria d’Arte Antica. Lo scontro fu durissimo ma alla fine tutto il Palazzo Barberini divenne Museo Nazionale.

Francesco MONTUORI  Roma 20 fEBBRAIO 2022