La dialettica di erratiche esplorazioni sull’arte. Il mestiere e la passione di uno scrittore

di Carla GUIDI

Foto 1 – Giorgio Di Genova, ritratto fotografico di Valter Sambucini
1 Giorgio Di Genova

Con il terzo volume si completa il saggio “Interventi ed erratiche esplorazioni sull’arte. La dialettica del mestiere di un critico (Gangemi editore 2021) dello scrittore e storico dell’arte Giorgio Di Genova.

I tre volumi verranno presentati il giorno 3 novembre alle ore 17 alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea (viale delle Belle Arti, 131 Roma) dalla Direttrice dell’Archivio della GNAM, dott.ssa Claudia Palma, dal dottor Paolo Bolpagni, direttore della Fondazione Ragghianti di Lucca e dalla dott.ssa Michela Becchis,  storica dell’arte.

L’intero lavoro analizza una sostanziosa panoramica culturale delle arti, avendo l’autore lavorato nel campo fin dal 1961 ed essendosi attivato con intensa vivacità come critico, saggista e conferenziere sia in Italia che all’estero; ricordiamo altresì che fino al 1999, ha svolto la professione di insegnante in Storia dell’arte contemporanea nelle Accademie di Belle Arti di Catania, Napoli e Roma.

I tre volumi hanno lo stesso titolo, a dimostrazione dell’unità del progetto, ed anche la stessa immagine di copertina – Maja (1976 chiasmage+oggetto cm 30×20,6) – che l’autore ha scelto, tra le opere di sua proprietà, di Jiři Kolář, modificata solo con calibrate variazioni di colore di fondo, diverso per ogni volume. Jiři Kolář è anche un autore citato più volte nei 3 libri e presentato estesamente con un articolo nel volume uno, nella sezione Adii. Infatti nelle pagine 216/218 del testo l’autore ci parla di questo artista ceco da lui definito poeta “derealizzatore”, con il quale ebbe un intenso scambio epistolare, dopo aver conosciuto la sua produzione nel 1968 a Kassel (Documenta 4), provenendo da un lungo viaggio con tappe ad Auschwitz e Praga ai tempi della tensione antirussa dei giovani sostenitori della Primavera di Dubček.

Giorgio Di Genova ricorda di aver definito la sala di quella mostra straordinariamente eccitante, anche per il geniale uso del collage che l’artista aveva utilizzato, ricoprendo oggetti comuni con strati di carta, stampata con caratteri di varia tipologia. Definendolo quindi “una vera rivelazione in anticipo sui tempi” – cioè come colui che già poteva dimostrare quanto poi il postmoderno ci avrebbe privato della conoscenza concreta della realtà – infine ponendo tale immagine sulla copertina dei tre volumi, risulta chiara la volontà dell’autore di alludere all’espressione Velo di Maya, coniata da Arthur Schopenhauer nel suo Il mondo come volontà e rappresentazione.

Foto 2 – Immagini delle 3 copertine dei 3 volumi
 Gli oggetti di Kolář “mascherati” dalla scrittura, si sostanziavano dell’impossibilità di comunicare in un mondo sempre più regredente verso una Babele. E, appunto, in linea con la funzione delle maschere, che non è quella di nascondere, bensì di far riaggallare ciò che c’è dietro, ogni oggetto ribadiva la sempre più radicale vanificazione dei significati causata dall’inarrestabile invasione delle apparenze fini a se stesse, processo che deve servire da ostacolo per raggiungere il Castello della realtà in un universo di imperante letteratura e di dittatura delle immagini. Come il suo concittadino Kafka, Kolář esprimeva un’estraniazione artistica e culturale, facendola assurgere alle vette della poesia, prerogativa che solo pochi hanno.”- (pag. 216 218 vol. uno)

Venendo all’incipit, il primo volume si apre con un accattivante “Vissi d’arte” … (dalla famosa aria dell’opera Tosca di Puccini), definito dall’autore una sintesi della sua esistenza; viene poi completato dalla seconda strofa nell’epigrafe del terzo: “…Vissi d’amore” (sempre dal libretto di G.Giacosa e L. Illica) e non è casuale che il nostro aggiunga alla sua premessa, un sentito ringraziamento alla moglie, Patrizia Veroli che ha fatto l’editing dei suoi testi. Ma l’incipit del secondo è almeno sorprendente: “Ogni discorso sugli altri è un diario truccato” di Angelo M. Ripellino, attraverso il quale l’autore vuole ribadire che ogni discorso sugli altri è sempre un discorso dettato dall’io di chi lo fa, di conseguenza questo avviene anche per i suoi testi.

Foto 3 – Luca M. Patella – “Narciso Arte” – Lettera enantiodromica a Giorgio (Rifletti in due sensi) 1983 – (scrittura su cristallo e specchio diametro cm. 70 proprietà G. Di Genova) pag 89 del vol. 1

Non lo sappiamo per certo, ma quello che mi sembra di capire è che l’autore, caratterizzato pertanto da passione ed amore per l’arte, rigore ed onestà intellettuale (espressa in uno stile coinvolgente e con una schiettezza che non tollera fraintendimenti), concepisca l’essere umano sempre chiuso in limiti troppo stretti, forse rispetto all’infinita volontà di alimentare curiosità ed avventure intellettuali. All’autore infatti non possono che ascriversi molteplici interessi nelle più varie discipline ed espressioni della creatività umana, anche e soprattutto riguardo tematiche poco studiate. Da qui gli scandagli sull’arte fantastica e la nascita dei volumi Le realtà del fantastico, Editori Riuniti 1975, poi Il fantastico erotico, Bora 1982, nonché la rivista “Terzo Occhio”, da lui fondata a Bologna nel 1975 e uscita per 32 anni. Soprattutto attraversando ogni tipo di contaminazione scultorea e pittorica, assemblaggi e collages, scrittura, grafica, fumetto, video, fotografia, l’autore arriva ad interessarsi anche del tatuaggio che, come sappiamo, utilizza un supporto umano senziente ed in qualche modo partecipante.

Un’assoluta novità questa nel panorama della critica, ma anche un’antica pratica riattualizzata nell’arte di oggi per vari motivi, anche sociologici, che la sottoscritta è lieta di aver sottoposto all’interesse di Di Genova dal 2015, invitandolo anche a partecipare con un suo scritto al libro Città reali, città immaginarie. Migrazioni e metamorfosi creative nella società nell’«Antropocene», tra informatizzazione ed iper-urbanizzazione (Robin editore 2019), articolo riportato integralmente nelle pagine 183/187 del terzo volume. Questo è tra l’altro dedicato al fotografo Valter Sambucini (le cui foto illustrano la ricerca), ma in esso si parla estesamente anche dell’artista tatuatore Marco Manzo, riservando inoltre all’argomento il capitolo Quando il tatuaggio è arte, intervento fatto il 16 novembre 2018 in occasione della rassegna, TATU-ART a cura di Marco Manzo, MACRO, Roma (sempre nel terzo volume pagine 166/168).

Foto 4 Valter Sambucini – Nell’acqua 2018 – Stampa fotografica su tela (cm 40×60) a pag 228 del vol. 3
Foto 5 – Tatuaggio di Marco Manzo – Asia Argento in altalena – Tattoo Forever MACRO Roma 2016 (foto Artur Czerwinski) pag 236 del vol. 3

Tre volumi importanti ed impegnativi quindi, agili, ma senza sconti per nessuno, poiché già nel titolo avvertono essere i percorsi dell’arte “erratici” e quindi essere “dialettico” il mestiere del critico, per mantenersi sempre tale di fronte alle sfide e poter inseguire le infinite congiunzioni dei codici linguistici elaborati dagli artisti. Come interpretare diversamente infatti, la premurosa cura e catalogazione dedicata a svariati movimenti e tendenze, alle vite di artisti e le loro opere; la stessa passione con la quale ha raccolto la vitalità creativa di personalità che hanno vissuto, o vivono ancora nel nostro paese, nei 10 tomi della Storia dell’arte italiana del ‘900 per generazioni (Edizioni Bora, Bologna 1990 – 2010), forse la sua opera più famosa.

Riguardo invece alla struttura dei tre volumi in oggetto, si possono trovare rimandi, rielaborazioni ed approfondimenti, nuove declinazioni storiche e contestuali, con la scelta di personaggi e descrizioni riportate all’attualità della critica, come, per esempio, alcune note sull’Aeropittura vogliono correggere un persistente equivoco sul relativo Manifesto, con la revisione di un giudizio considerato totalmente fuori luogo su Marinetti (pagine 34/38 terzo volume). Nel primo volume è riproposto anche il testo per la mostra da lui ideata sull’iconologia del “duce” (“L’uomo della Provvidenza”, Palazzo Mediceo, Seravezza, 1997), contestatissima come si può immaginare, come è riferito dettagliatamente nell’introduzione del medesimo volume.

Andando poi ad analizzare svariati momenti storici e di attualità nelle sezioni Arte e psicoanalisiArte concretaArte MadìArte e cartaArte monocromaArte e fotografiaArte ed eros – Arte al femminile – Narciso Arte – Arte fantastica – Arte e scienza – Arte e cinemaArte e fumetto – Arte e fascismo – Arte e scrittura … troviamo infine gli Addii, contenitori letterari di una testimonianza, di un debito di riconoscenza, dedicati alla memoria indelebile di personaggi che hanno fatto la storia. Vorrei citarne, per necessaria brevità, solo due indimenticabili (nel terzo volume) Francis Bacon. L’ossessione della realtà ed Onori antimilitaristi al patafisico Baj.

Foto 6 – Mino Maccari – Dalla serie Dux, 1943,  olio su tavola, cm. 32,5 x 36 (Archivio G. Di Genova), pag 94 vol. 1
Foto 7 – Piergiorgio Zangara – Opera madì n. 94, 2004, acrilico+legno+alluminio+plexiglas, cm. 80x47x6,5 (proprietà G. Di Genova), pag. 167 del vol.2

Nel terzo volume in particolare sono presenti titoli quali:Galleria di artisti, Battesimi espositiviPresentazioniInterviste fatteInterviste concesse, ed anche la descrizione di memorabili Biennali di Venezia, come Poliz-art nei giorni della contestazione (da “Vie Nuove”, a XXIII, n. 26, 27 giugno 1968). C’è anche l’interessante approfondimento in Recuperi riguardo l’importante Collezione D’Ayala. Un patrimonio artistico e storico di bozzetti di scena e figurini di artisti, tra cui Severini, Prampolini, de Pisis, Guttuso e Tamburi, realizzati per il romano Teatro delle Arti (1940-1943), pp. 96-106.

Foto 8 – Gino Severini: Bozzetto di scena di Scarlattiana, 1941, acquarello e tempera su carta, cm. 37,5 x 59,7 (courtesy Gianfranco Ayala), pag. 229, vol. 3
Foto 9 –Enrico Prampolini: Bozzetto di scena di Apollo musagete, 1941, tempera su cartoncino, cm. 24,1 x 33,1 (courtesy Gianfranco Ayala), pag. 229, vol. 3

 Non si trascurano incontri letterari, Recensioni libriEditoriali e soprattutto interessanti parti sono dedicate al rapporto arte/critica. A tal proposito da pag. 145 nel primo volume vorrei citare: E’ perverso il linguaggio della critica? Intervento al convegno promosso da Domenico Guzzi, (Casa della Cultura, Roma 1981.)

“L’arte è un organismo vivente, una realtà nella realtà degli uomini, in cui altri uomini possono riconoscersi o no. Quindi il primo problema che si pone, quando si parla di critica, nella fattispecie di critica d’arte, è quale ruolo ha e/o debba avere il critico nell’ambito di un sistema talmente complesso e articolato, com’è quello dell’arte d’oggi, che si serve anche dell’industria della parola. Infatti tutti sappiamo che nella società a capitalismo avanzato, come la presente, l’aura culturale propria dell’arte è necessariamente inquinata dalla struttura di base economica, che tramuta il prodotto artistico immediatamente in merce …”-

Citazione che si può mettere in relazione con la recensione a pag. 203 del terzo volume dal titolo Spinte e controspinte. Dalle neoavanguardie al postmoderno all’arte globale: il quarantennio che ha abbattuto tutti i paletti estetici (da “Il Giornale dell’Arte”, n. 296, marzo 2010) ed infine entrambi in relazione con il saggio a pag. 29-33, sempre del terzo volume, dal titolo I molteplici linguaggi dell’arte, nel quale esplicitamente si afferma:

“Allorché il rapporto organico dell’arte nell’ambito del sociale s’è spezzato, l’artista è divenuto il committente di se stesso, determinando a causa dell’individualismo produttivo, una frantumazione linguistica che ha raggiunto la massima articolazione nel corso del Novecento, sia sul piano delle tendenze che della concezione dell’opera stessa …”

Il discorso si conclude così, dopo un elenco sostanzioso e dettagliato di nomi, movimenti, tecniche e tendenze, che l’unica certezza che rimane è la già evocata frantumazione dei linguaggi, in una Babele non solo linguistica, ma soprattutto espressiva e di contaminazioni tra i più vari materiali (artistici e non) come i fluidi corporei, e a volte perpetrata fino all’auto-mutilazione; pratiche difficilmente accessibili ad un linguaggio simbolico, nell’assottigliamento fino alla scomparsa della necessaria distanza per poter anche solo distinguere tra il messaggio ed un vero e proprio passaggio all’atto.

Foto 10 – Dino Buzzati – Un amore, 1965, cm. 51 x 72 (Archivio G. Di Genova), pag. 231, vol. 3
Foto 11 – Eugenio Carmi – Tavola del volume Stripsody, 1966 (Archivio G. Di Genova), pag. 231, vol. 3.

La lettura di questi testi non può essere veloce, ma meditata occasione di approfondimenti. Segnalo i testi della sezione Polemiche, provocazioni, stroncature. Tra questi, scegliendo sempre dal terzo volume, mi riferisco dalle pagine 205/212: Fate l’arte, non la guerra, intervento tenuto in occasione dell’incontro con Mikhail Gorbačëv dedicato ad Arte per la pace, oltre ogni muro, promosso da MAGI ‘900 (Accademia di BB. AA. di Brera, Milano,19 maggio 2000), in cui si afferma, tra l’altro, che sarebbe utile spostare sempre più i sentimenti negativi dell’aggressività, metabolizzandoli attraverso la creatività ed immettendoli nel sociale sotto forma di atti simbolici artistici, in conclusione resi pacificatori. Poi di seguito – L’emozione non è un test di arte (in “Abaco” a. IX.n. 14-15 Barberino Val d’Elsa, marzo 2012), in cui l’autore in risposta alla tematica Artemotion?, che chiedeva se “L’emozione è una componente necessaria dell’opera d’arte?”, osservava, tra l’altro:

“L’opera artistica affonda sempre le sue radici nel profondo dell’io. E l’estrinsecazione della pulsione in uno specifico espressivo ha la sua ontogenesi nell’ambito di un sentimento, un’idea, una suggestione, uno stato emotivo di amore o di dolore e via dicendo. Tuttavia, perché essa assuma statuto di arte, tale pulsione deve trasformarsi in linguaggio più o meno polisenso, poiché il connotato fondamentale dell’arte è appunto la polisemia che rende esteticamente “comunicativa” un’opera anche a distanza di secoli”.

Di seguito a questo, la sorprendente ironica stroncatura della Transavanguardia di Achille Bonito Oliva in Non gettate gli scarabocchi dei vostri bambini – pubblicato su “L’Umanità” del 25 gennaio 1980. Dopo infine Mostri e mostruosità d’oggi (testo per il bando dell’omonima mostra collettiva a cura dell’autore, tenutasi a Bomarzo, Palazzo Orsini, 1/25 giugno 2017), dove si accusa la persistente crudeltà e la mostruosa follia di azioni efferate, persistenti nell’attualità e che l’arte può ancora trasformare in testimonianza … proprio in linea con quel luogo magico, il famoso Parco dei Mostri di Bomarzo, ovvero detto Bosco sacro (inaugurato nel 1547), frutto della collaborazione tra l’architetto ed antiquario Pirro Ligorio ed il principe Pier Francesco Orsini.

Foto 12 – Antonella Cappuccio: 1559 – La bella giardiniera, 1984, trittico, olio su legno, cm. 140 x 70 (Proprietà Giorgio Di Genova), pag 90 del vol. 1.

In questo contesto Di Genova non perde occasione per stigmatizzare uno dei mali storici ricorrenti: il femminicidio, attualizzato ai giorni nostri con particolare persistenza, nonostante decenni di lotte femministe. L’autore ha sempre dimostrato, infatti, una particolare sensibilità al tema dei generi in arte ed in più occasioni ha scritto della sua documentata convinzione che sia femminile l’origine della scultura fittile, ma anche della pittura in genere, come della cottura dei cibi, della raccolta e conservazione dei profumi, degli abbigliamenti e delle bevande inebrianti (citando a conferma, autori come Claude Levi-Strauss, Ettore Camesasca, James Hillman, Géza Roheim e Otto Rank).

Con Johann J. Bachofen sostiene quindi che, con l’avvento del patriarcato, la maggior parte delle donne siano state estromesse dalle pratiche dell’arte, così come le divinità femminili, da superne sono state rese infere e poi sostituite da quelle maschili.

Concludendo, all’interno della grande ricchezza di argomenti ed approfondimenti di questi scritti, non posso non citare il cospicuo saggio (da pagina 9 a pag 28 del terzo volume) L’Imago Christi (in AA.VV. I grandi temi dell’umanità. Cristo, ELDEC, Roma 1995) sulle immagini di Cristo, dalle figure simboliche musive e pittoriche catacombali a quelle devozionali, realizzate nel corso dei secoli; fino ad arrivare alle recenti rielaborazioni dell’artista Pericle Fazzini. Questo scritto in qualche modo rimanda anche all’altrettanto articolo ricco di spunti e di informazioni della sezione Saggi sull’Arte sacra (pagine 29/43 del primo volume).

Novità assoluta di questo terzo volume rimane la sezione Istantanee, già pensate come soluzioni letterarie sperimentali. Le pochissime qui inserite, sono state scelte perché l’autore le ha ritenute complementari alla memoria dei suoi fratelli scomparsi (in memoria dei quali ha dedicato il volume) e naturalmente ad episodi attinenti alla storia e all’arte. Quasi tutte sono state pubblicate in “BAU 3”, Album delle istantanee, Viareggio 2007 con la seguente singolare premessa:

“Ogni individuo è un universo nell’universo, ogni vita, anche la più umile, è una storia nella storia degna di essere raccontata e conosciuta”.

Carla GUIDI   Roma  24 ottobre 2021