La chiusura obbligata di teatri e luoghi di spettacolo dal vivo non può rimanere indefinita. L’esempio dell’Arena di Verona e i rischi da evitare.

di Daniela PUGGIONI

Riflessioni sullo spettacolo dal vivo

Dall’inizio di marzo sono chiusi i teatri, niente prosa, né concerti, né opera, né danza. La chiusura degli spettacoli dal vivo è una perdita culturale grave e nello stesso tempo mette a rischio la sopravvivenza di tutto il mondo che lo rende possibile: gli artisti e tutto il settore tecnico e logistico.

In questa fase epidemica il governo e la commissione tecnico scientifica hanno dichiarato che lo spettacolo dal vivo sarà l’ultima attività che potrà riaprire, senza però indicare una data nell’orizzonte di incertezza in cui viviamo.

Nel frattempo si sono moltiplicate proposte di registrazioni effettuate precedentemente dal vivo, soprattutto di opere, concerti e balletti, trasmesse in streaming su diverse piattaforme televisive, libere o a pagamento anche sui siti dei teatri, su youtube, su facebook. Un modo per cercare di mostrarsi sempre attivi per i vari teatri e un aiuto agli appassionati per superare l’astinenza forzata a cui sono costretti dalle circostanze.

Il Forum dell’arte contemporanea italiana in un comunicato stampa del 29 aprile scorso poneva questa domanda inquietante:

E se quando usciremo di casa dopo questa lunga quarantena trovassimo le rovine delle nostre città e dei nostri beni culturali? Anzi, peggio: se trovassimo ancora tutto in piedi – i teatri, i musei, le gallerie, le biblioteche – ma tutto inesorabilmente vuoto? Se non ci fosse nessun affresco nelle chiese, nessun quadro alle pareti dei musei, se i teatri e i cinema fossero aperti ma silenti, se gli scaffali delle biblioteche e delle librerie fossero inesorabilmente sgombri?”

Per lo spettacolo dal vivo la situazione è particolarmente drammatica, infatti l’orizzonte temporale per tornare a godere di un concerto, di un’opera, di un balletto, di un testo teatrale è ancora lontano e realmente molte realtà potrebbero non potere riprendere l’attività.

Si perderebbe quello che rende l’Italia unica: essere policentrica, per le opere d’arte, le sale da concerto e i teatri diffusi su tutto il territorio, ci sono sì centri più famosi, ma la vitalità culturale in tutti i territori, nelle città grandi e piccole e anche nei piccoli centri è una ricchezza inestimabile.

Foto 1 Teatro dell’opera di Roma

La minoranza dei lavoratori dello spettacolo che lavora con contratti a tempo indeterminato in enti come l’Accademia di Santa Cecilia o il Teatro dell’Operadi Roma usufruisce della cassa integrazione, ammesso che sia materialmente arrivata, ma la maggioranza no. Certo sono state invocate altre misure di aiuto ma la soluzione è riuscire a tornare a lavoro, quello che si prospetta è fumoso come accade ovunque, perché i governi sono pressati dalla emergenza sanitaria ed economica.

In questi giorni ascoltiamo ripetutamente una formula applicata ovunque: sono necessari protocolli di sicurezza approvati dalla commissione tecnico-scientifica. Nello spettacolo dal vivo riguarda gli artisti e i tecnici durante le prove e lo spettacolo e il pubblico che viene ad assistere ed è un problema complesso. Sul giornale la Repubblica è riportato che a Verona il sindaco-presidente Federico Sboarina e Cecilia Gasdia sovrintendente dell’Arena hanno presentato un dettagliato protocollo per concerti straordinari da tenersi ad agosto al posto della stagione estiva di opera.

(Connettere al link  https://www.arena.it/arena/it/pages/festival-2020.html

È un problema complesso anche all’aperto, all’Arena pensano di mettere orchestra e solisti al centro, mentre i coristi starebbero intorno alla base delle gradinate e su cui siederebbero tremila spettatori, un quinto di quelli normali perché certamente non si potrà contare sui pullman provenienti dall’estero. Non è chiarito come sarebbe organizzato in tutti gli aspetti l’afflusso e il deflusso degli spettatori né come regolarsi per i servizi igienici.

2 Rendering Arena, nuovo festival 2020

Gli spettacoli all’aperto, però, dipendono dai fattori climatici e nessuno può promettere il caldo torrido del 2003. Il problema si complica ancora di più al chiuso anche se si prendono in considerazione i teatri più grandi e organizzati. Come organizzare il ricambio d’aria e le distanze di sicurezza durante le prove e lo spettacolo?

L’Orchestra non può stare in buca nei teatri d’opera ma solo sul palcoscenico perché lo spazio è esiguo per questo le opere potrebbero essere eseguite solo in forma di concerto. Inoltre è possibile suonare gli archi, le percussioni e gli strumenti a tastiera con le mascherine? Di quale tipo anche per il direttore? Gli strumenti a fiato che caratteristiche hanno per la diffusione del virus? Negli ottoni le goccioline condensano e ogni tanto il liquido viene espulso dal musicista e gli altri strumenti? Per quello che riguarda il Coro e i Solisti, il cantare che grado di pericolosità di carica virale presenta? E a che distanza? E gli spogliatoi? forse sarà meglio andare in scena senza cambiarsi? E la Danza? Si può fare senza orchestra con la musica registrata, ma i Ballerini come potrebbero avere contatti ravvicinati senza mascherine? Come potrebbero toccarsi?

Per l’afflusso e il deflusso valgono gli stessi interrogativi esposti per l’Arena di Verona con un aggravante: non si possono usare gli ascensori. Sono stati esposti solo alcuni dei problemi e sono così complessi che andrebbero studiati da un team logistico-tecnico-scientifico, ma già da ora per essere pronti non appena condizioni migliori lo permettano, ma le commissioni di esperti del governo sono ora concentrate su altri problemi. Sarebbe auspicabile provare a chiedere aiuto alle università dove sono concentrate queste competenze, un tentativo, certo, ma meglio che restare fermi ad aspettare.

Daniela PUGGIONI   Roma 10 maggio 2020