La bontà impossibile per “L’Anima buona di Sezuan”. Monica Guerritore al teatro Quirino (fino al 10 novembre)

di Elena TAMBURINI

Grande successo personale di Monica Guerritore,

interprete e regista di L’anima buona di Sezuan di Brecht al teatro Quirino. Un’interpretazione e una regia con cui l’attrice intende rendere omaggio al grande Giorgio Strehler, suo primo maestro. Regista critico e brechtiano, Strehler, ma anche un uomo che ha amato, com’egli dice in una emozionante registrazione che conclude lo spettacolo. E’ certo che Monica Guerritore, allora giovanissima, da quel famoso spettacolo del 1981 che aveva visto protagonista Andrea Jonasson è rimasta folgorata. E la sua regia ripropone esplicitamente l’idea di Strehler.

Il suo spazio innanzitutto, creato da  Luciano Damiani certamente di concerto con lui: un girevole sul palco, un negozio che è in realtà poco più di un trespolo, una luce plumbea e lattiginosa, ma anche intensamente evocativa. L’Anima buona di Sezuan è una favola (o un apologo) ambientata in Cina; ma se nella messinscena di Strehler di cinese  c’era ben poco, qui manca totalmente. La provincia di Sezuan è innanzitutto un luogo simbolico. Il palco gira, la musica l’accompagna, con un effetto carillon che dà leggerezza  e poesia. Anche i costumi sono quelli, semplici e poveri, ideati a suo tempo da Luisa Spinatelli; la festa di nozze è un velo in testa alla sposa e un filo con palloncini colorati. Fuori d’ogni tempo e d’ogni spazio.

Complice Brecht, che in questa drammaturgia pare voler ammorbidire le sue rigide teorie di rappresentazioni didattiche e straniate, Strehler e anche oggi Monica Guerritore accolgono e circondano di tenerezza e di compassione umana Shen Te, l’unica anima buona che i tre dei, ispezionando l’universo, hanno saputo trovare, con l’aiuto di Wang, l’acquaiolo. Ma  la bontà non ha lunga vita per Brecht. Anche la buonissima Shen Te ne diventa coscente: “Come posso essere buona, esclama, se tutto è così caro?” e ancora: “E’ troppo difficile aiutare me stessa e il prossimo!”. Un messaggio anche oggi di impressionante attualità, che chiama in causa ciascuno di noi e che ognuno di noi rifugge abitualmente dall’affrontare. La dimensione economica e quella morale sono senz’altro accostate. Tutto ha un prezzo, anche la bontà. “Se ognuno mangia e beve a volontà sarà buono col fratello e vivrà in pace”.

Neanche Shen Te è abbastanza forte; e quando si accorge che, ricevuto il premio dagli dei, la povera e sofferente umanità che la circonda si fa crudele ed è pronta a pretendere da lei un aiuto concreto e anzi a “farla a pezzi”, preferisce inventarsi un’altra identità, quella di un suo fantomatico cugino Shui Ta, abbastanza forte da respingere i questuanti pericolosi, abbastanza duro per trovare argomenti e ricatti. Uno sdoppiamento d’identità che, all’epoca della composizione drammaturgica (intorno al 1939) potrebbe essere ricondotto a quello sperdimento dell’io che da un lato l’esplosione delle ricerche psicologiche, dall’altro le crisi derivate dalla “perdita del centro” potevano anche contribuire a motivare; ma che nella logica di Brecht è collegato innanzitutto a un problema etico, alla scelta tra bene e male, alle tragiche vicende storiche che l’umanità stava vivendo.

Oltre all’indimenticabile regia strehleriana, anche la scelta di quest’opera appare dunque significativa e si sposa con l’immagine di un impegno civile già molte volte dichiarato dall’attrice-regista.

Monica Guerritore ha scritto due volte nella schematica presentazione dello spettacolo il suo debito a Strehler (“omaggio a Strehler” “da un’idea di Strehler”). Ma si deve osservare sia che la sua interpretazione (nelle due parti di Shen Te e di Shui Ta) qualifica ulteriormente un curriculum di grande livello e ricchissimo di eventi – davvero un pezzo di storia del teatro italiano –   sia che la sua  prova registica non si prospetta così discreta come le due citazioni di Strehler possono indurre a pensare. La conclusione finale per esempio non è quella brechtiana né quella strehleriana e, dopo tante dichiarazioni pessimiste del suo autore, riesce in qualche modo a sorprendere.

Ma, lasciando la sorpresa agli spettatori, aspettiamo a riparlarne in un’intervista che speriamo di poter condividere presto con i lettori di Aboutartonline.

Elena TAMBURINI    Roma  3 novembre 2019

L’ANIMA BUONA DI SEZUAN di Bertolt Brecht

traduzione di Roberto Menin

regia MONICA GUERRITORE (ispirata all’edizione di Giorgio Strehler -Milano 1981-)

Fino al 10 novembre al Teatro Quirino di Roma