di Silvana LAZZARINO
Opere dalle collezioni capitoline di arte contemporanea presso il Museo Carlo Bilotti Aranciera di Villa Borghese
Un’occasione interessante per esplorare la dimensione del sacro e della sacralità nell’arte contemporanea, attraverso un affascinante percorso tra diverse forme espressive che spaziano dal dipinto alla fotografia alle grandi installazioni, è proposta dalla mostra “Tra Mito e Sacro. Opere dalle collezioni capitoline di arte contemporanea” in corso a Roma presso il Museo Carlo Bilotti Aranciera di Villa Borghese fino al 14 settembre 2025. Promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e organizzata da Zètema Progetto Cultura, l’esposizione, a cura di Antonia Rita Arconti, Claudio Crescentini e Ileana Pansino, è unica nel suo genere, presentando circa trenta opere di illustri artisti del XX e XXI secolo, provenienti dalle collezioni capitoline (Galleria d’Arte Moderna, Museo Carlo Bilotti, Museo di Roma a Palazzo Braschi e Collezione d’arte contemporanea di Sovrintendenza).
Diverse per estetica, concetto, linguaggi, materiali, stili e tipologie allestitive, le opere esposte suddivise in cinque sezioni, condividono l’intento comune di reinterpretare i temi del mito e del sacro riferiti a valori spirituali universalmente riconosciuti, mediante visioni uniche e personali. Così accanto al tema della nascita e alla morte sono affrontate tematiche inerenti al dolore, all’espiazione, alla sublimazione, e alla resurrezione.

Nel percorso espositivo, dove vengono attraversati i segni del sacro e del mito, un invito a riflettere sui miti della società contemporanea dominata dai mezzi di comunicazione di massa, è restituito da Goldfinger Miss di Mario Ceroli presente nella prima sezione “Dal mito al sacro”. Nell’opera di Ceroli, il cui titolo è ripreso da un episodio della serie cinematografica “James Bond Agente 007”, emerge l’ambivalente sensualità della dea botticelliana Venere la cui siluette è riprodotta serialmente su sette sagome di legno dorato e ridotta a puro contorno stereotipato.
Verso una ricerca introspettiva si orienta l’enigmatico dipinto di Salvatore Pulvienti dal titolo Verso il tempio, mediante una sovrapposizione di diversi e indecifrabili piani di realtà.

Nella seconda sezione “Culto e ciclo della vita”, di grande suggestione è l’installazione monumentale di Alessandra Tesi, Cattedrale, che torna “visitabile” dopo dieci anni: si tratta di un’installazione creata da 750mila perle di vetro opalescente montate su 650 fili pendenti dal soffitto, una soglia vibrante e simbolica con cui viene offerta un’immersione nella sacralità di un vero e proprio spazio liturgico grazie anche alla proiezione in loop di un video girato a Parigi nella cattedrale di Notre Dame prima del disastroso incendio del 2019. Sempre nella stessa sezione è l’altra installazione dal forte impatto visivo: il trittico di Alessandro Valeri Universal Keyboard che, nel richiamarsi alla circolarità dell’esistenza attraverso tre moduli quadrati nei quali si alternano scritte a neon con le parole chiave “life” (vita) “milk” (latte) “dead” (morte) e “revo” (rivoluzione), riflette sul latte come elemento sacro e spirituale per l’umanità.

Accanto al sublime volto angelicato del Trascendente di Carlo Maria Mariani, tempestato di ardenti fiammelle in cui emerge l’eleganza figurativa che ha caratterizzato il percorso artistico e spirituale dello stesso autore, nella terza sezione “Il dolore, la morte, la sublimazione” è presente tra le altre opere, la scultura bronzea Waiting for Godot di Marc Quinn: una rappresentazione di uno scheletro umano in preghiera ritratto in ginocchio a mani giunte.
Si tratta di un’opera a grandezza naturale di intenso impatto visivo ed emotivo, emblema ironico della caducità della vita umana dovuta anche al trovarsi nella condizione di eterna attesa.

L’esperienza umana e universale dell’angoscia e della sofferenza è esemplificata nella Maschera del dolore (Autoritratto) di Adolf Wildt), manifesto scultoreo del percorso dell’artista in un momento di profonda crisi personale e creativa. Un messaggio di salvezza è restituito ad esempio con due opere che si richiamano all’iconografia cristiana: la Deposizione, bassorilievo in bronzo di Pericle Fazzini e la Resurrezione del maestro dell’aeropittura Tato.
Nella quarta sezione “Astrazione e rappresentazione del divino” se il passaggio dall’astrazione alla concretezza della materia è evidente in La cera di Roma #4 di Alessandro Piangiamore, autentico omaggio alla sacralità della città eterna, dove un pannello solido e compatto si compone della cera fusa delle candele votive raccolte nelle chiese della Capitale; una riflessione sul tema del passaggio e sui tempi meditativi di percezione viene offerto dalla Soglia di Claudio Verna, spazio pittorico bidimensionale e disomogeneo nei toni del rosa e dell’arancio. Verso un richiamo al significato simbolico e cabalistico del numero 7 accompagna La Chiave di volta di Fiorella Rizzo, selezione ragionata di sette pannelli dei dodici di cui si compone il progetto installativo originario. Sempre in questa sezione sono esposte anche le sculture astratte di Leoncillo, San Sebastiano che sottolinea le ferite del santo martirizzato e Taglio rosso, entrambe restituiscono in maniera metaforica la percezione del dolore.
Un focus speciale, al di fuori delle collezioni pubbliche, è dedicato a Sidival Fila, frate minore francescano, artista e Presidente dell’omonima Fondazione filantropica di cui è esposta l’opera Stendardo Antico, vessillo familiare di fine XVIII secolo decostruito, ritagliato e ricucito, opera che invita ad una riflessione critica sul tema del consumo. Da anni, Fila esplora il rapporto estetico tra materiali in disuso che trovano, nell’opera d’arte, nuova vita e utilità.
Dell’ultima sezione “Ritualità e idoli contemporanei” citiamo le installazioni di Benedetta Bonichi a chiusura del percorso, in cui si evincono i temi del sacro, della cerimonialità e della morte. In To see in the dark. Banchetto di nozze viene proposta la stampa di un’immagine ai raggi X in cui sono ritratti una coppia di sposi e gli invitati attorno a una tavola imbandita con stoviglie e frutta vera, e si avverte il contrasto tra la tangibilità degli oggetti e le forme scheletriche dei personaggi. Emerge il suggerimento a guardare oltre il sensibile. Mentre un monito a non cadere nell’adulazione degli idoli terreni viene espresso nell’opera Oh my god! (in prestito dalla collezione personale dell’artista) dove la figura dello scheletro, con la sua presenza conturbante, è posta anche sull’immagine di un dollaro.
Silvana LAZZARINO Roma 23 Aprile 2025
“Tra mito e sacro. Opere dalle collezioni capitoline di arte contemporanea”
Museo Carlo Bilotti Aranciera di Villa Borghese
Orario: dal martedì al venerdì 10.00-16.00, il sabato e la domenica ore 10.00 – 19.00. ultimo ingresso mezz’ora prima della chiusura, giorni di chiusura: lunedì e 1° maggio
Dal 17 aprile 2025 al 14 settembre 2025
ingresso libero
Per maggiori informazioni: tel. 060608 (tutti i giorni ore 9.00-19.00)