di Nica FIORI
Nei pressi di piazza Navona, e più esattamente in piazza Sant’Apollinare, si erge Palazzo Altemps, un prestigioso edificio tardorinascimentale che ospita una delle sedi del Museo Nazionale Romano, con i suoi capolavori di scultura antica, già appartenuti a famose collezioni nobiliari.

L’elemento più riconoscibile del palazzo – quello che si vede da lontano e che un tempo si vedeva ancora di più da piazza Navona – è l’altana, che viene ora aperta al pubblico (in determinati giorni e con visita guidata) dopo un accurato restauro.
L’altana è stata realizzata a completamento dei lavori di ampliamento e rifacimento del palazzo (già Riario) voluti dal cardinale Marco Sittico Altemps (1533-1595), che lo aveva acquistato nel 1568. Ricordiamo che questo cardinale era nipote di Pio IV e aveva italianizzato il nome austriaco della sua casata Hohenems (letteralmente Alta Ems o Emps) in Altemps. Fu lo stesso cardinale che chiese all’architetto Martino Longhi il Vecchio, che aveva seguito i lavori, di innalzare l’altana del palazzo, che è una delle prime nel suo genere a Roma. Queste logge sul tetto nascono come evoluzione delle torri medievali, ma con una funzione e uno spirito diversi, ovvero di godere di un arioso panorama e allo stesso tempo di mostrare il palazzo da lontano, rendendo visibile la magnificenza della famiglia, e in questo caso si voleva in qualche modo lanciare una sorta di sfida al papa Sisto V, che negli stessi anni aveva fatto voltare a Giacomo della Porta la michelangiolesca cupola di San Pietro nella basilica vaticana, e in effetti la torretta belvedere si presenta in asse con il “cupolone”.

L’altana venne completata da Onorio Longhi nel 1589 con l’aggiunta di quattro guglie terminanti con una palla e al centro della sommità uno stambecco, che non è quello araldico di Marco Sittico (lo stambecco rampante, emblema di virtù persistenti perché non si stanca mai di salire le vette), che si trova in altri contesti del palazzo, ma quello del figlio naturale Roberto Altemps, ovvero lo “stambecco saliente la rosa Orsini”, in quanto Roberto aveva sposato Cornelia Orsini, e non è un caso che dall’altro lato di piazza Navona si ergesse all’epoca palazzo Orsini (pure dotato di un’altana), in seguito demolito per realizzare palazzo Braschi.


Triste destino quello di Roberto, primo duca di Gallese, che, cresciuto tra le corti e i giochi di potere di Roma, venne accusato di adulterio e condannato nel 1586, appena ventenne, alla decapitazione. Le circostanze precise e i dettagli rimangono poco chiari, ma probabilmente Sisto V, che voleva moralizzare la curia e ridurre il potere delle famiglie nobili romane, usò l’accusa di adulterio come uno strumento per colpire gli Altemps.
Nonostante questo terribile evento, Giovan Angelo (secondo duca di Gallese), nato poco dopo la morte del padre Roberto, riuscì a portare avanti il prestigio della famiglia. Egli aggiunse al palazzo una raccolta di opere d’arte, una ricca biblioteca e un teatro ricavato nel seminterrato; quando poi ricevette in dono da Clemente VIII le reliquie di papa Aniceto trovate nelle catacombe di San Callisto, fece collocare l’urna nella cappella del palazzo, che venne rinnovata con decori del Pomarancio e di Ottavio Leoni, e tra i dipinti fece raffigurare la decapitazione del santo, in ricordo di quella paterna, anche se non si aveva alcuna certezza di come fosse morto Aniceto (presumibilmente martire nell’anno 166).
Da questa meravigliosa altana, oltre agli Altemps, deve essersi affacciato anche il giovane Gabriele D’Annunzio (1863-1938), che venne a vivere nel palazzo dopo il suo matrimonio riparatore con Maria Hardouin di Gallese, erede degli Altemps, sposata dal poeta nel 1883. Il matrimonio, nonostante la nascita di tre figli, finì in una separazione legale dopo pochi anni per via dei ripetuti tradimenti di lui. Le esperienze maturate in quell’ambiente furono comunque decisive per i suoi ricercati resoconti giornalistici, che inizialmente firmava per La Tribuna con lo pseudonimo “Duca Minimo”.

Il Palazzo Altemps venne acquistato verso la fine del XIX secolo dalla Santa Sede per sistemarvi alcune istituzioni culturali, e in particolare il Pontificio Collegio Spagnolo (fondato nel 1892 da Leone XIII). Risale al 1981 il suo acquisto da parte dell’allora Ministero dei Beni Culturali e la successiva trasformazione in museo, dopo un primo progetto di restauro avviato nel 1983. All’epoca l’altana era chiusa da finestre e tapparelle e da una foto d’archivio di piazza Navona del 1870 si è visto che le finestre non ci sono, mentre in una immediatamente successiva dello stesso anno appaiono, evidentemente perché realizzate in quell’anno nell’ambito di una sistemazione che l’aveva trasformata in una sala abitabile.

L’intervento di restauro dell’altana è stato presentato il 2 luglio 2025 alla presenza della direttrice del Museo Nazionale Romano Edith Gabrielli e dei funzionari che lo hanno curato. Realizzato tra il novembre 2023 e il settembre 2024, ha interessato sia l’interno sia l’esterno, restituendo leggibilità all’architettura e alle superfici decorate; un nuovo impianto di illuminazione, inoltre, ne consente la visione dal basso, esaltandone la bellezza anche nelle ore serali.
La decorazione interna, che era occultata da pesanti ridipinture, è tornata alla luce: sulla volta del padiglione è ora visibile un cielo di un azzurro molto intenso, con nuvole bianche e ocra, punteggiato da uccelli, mentre sulle pareti est, sud ed ovest è una spettacolare partitura architettonica con aperture sempre su un finto cielo. La parete nord appare invece completamente dipinta di azzurro ed è delimitata in basso da una zoccolatura in finto marmo.
Le tre pareti est, sud ed ovest hanno purtroppo perduto parte della pittura e dell’intonaco di supporto. L’intervento ha visto quindi la realizzazione di un nuovo intonaco che si accosta alle parti superstiti, con una tinta di tonalità grigia vicina al colore dell’arriccio sottostante, al fine di valorizzare la lettura del contesto.


Attraverso una serie di indagini diagnostiche è stato accertato che i dipinti recuperati sono riferibili a una stesura successiva a quella della realizzazione architettonica dell’altana. La prima stesura – tardocinquecentesca – appare al di sotto della pittura recuperata e consiste in una tempera monocroma a fondo rosa/crema con bordatura verde e, nelle poche parti conservate, “spicconata” per permettere l’adesione dell’intonaco successivo. Di questa fase esecutiva originaria è stato deciso di lasciare a vista una porzione nel settore inferiore della parete ovest.
L’individuazione dei pigmenti utilizzati per il cielo azzurro – blu oltremare artificiale e verde smeraldo – e di altri per la realizzazione degli uccelli ha permesso di inquadrare l’esecuzione delle pitture in un arco temporale compreso tra il 1830 e gli inizi del Novecento, corrispondente all’ultima fase di Palazzo Altemps.

Anche l’esterno è stato oggetto di un attento recupero. Gli intonaci e gli stucchi sono stati consolidati, i capitelli ricostruiti in continuità con quelli già rifatti nel 2016, la cornice marcapiano è tornata visibile con le sue decorazioni a finto marmo. La balaustra in travertino è stata ripulita e integrata dove necessario. Inoltre, è stato rinforzato strutturalmente il solaio adiacente all’ingresso dell’altana, ora trasformato in terrazza panoramica e dotato di una nuova ringhiera di protezione.
Le aree limitrofe sono state riqualificate attraverso la revisione e il rifacimento degli intonaci, la stesura di una nuova tinta in accordo cromatico con quella del resto del fabbricato e sono stati puliti anche i pavimenti del terrazzo.
Il restauro si inserisce nell’intervento Urbs. Dalla città alla campagna romana, finanziato con 70 milioni di euro con fondi del Piano Nazionale Complementare (PNC) al PNRR. L’attività ha visto all’opera un gruppo di lavoro interno al Museo che ha coinvolto per il progetto e la direzione lavori i funzionari restauratori Debora Papetti e Fabiana Cozzolino con Laura Ruggeri, per le attività finalizzate alla promozione e alla valorizzazione della sede il funzionario archeologo Chiara Giobbe e per la supervisione alla progettazione e Ufficio Tecnico il funzionario architetto Saveria Petillo.
Oltre al recupero conservativo, l’intervento ha puntato anche alla valorizzazione culturale e turistica di uno spazio panoramico nel cuore di Roma: un punto di osservazione privilegiato sui tetti e le cupole della città (si vede anche il coronamento a spirale della chiesa di Sant’Ivo alla Sapienza realizzata da Borromini), che si aggiunge all’offerta culturale del Museo Nazionale Romano.
A partire dal 2 luglio, ogni secondo e terzo fine settimana del mese i visitatori potranno accedere all’altana grazie alle visite guidate curate da Chiara Giobbe in collaborazione con il Servizio Educativo e condotte dal personale del Museo.
Nica FIORI Roma 6 Luglio 2025