Il ‘gruppo del fornaio’: Eurisace e Atistia nel nuovo allestimento alla Centrale Montemartini

di Nica FIORI

Il riallestimento del gruppo di Eurisace e Atistia nella Centrale Montemartini

Omnis non moriar”.

Non morirò del tutto. È questo il messaggio che traspare in genere dai monumenti sepolcrali romani.

Nuovo allestimento del rilievo di Eurisace e Atistia

La concezione della morte nell’antichità prevedeva, in effetti, l’idea di un contatto del defunto col vivente. Il monumento funerario, nelle sue varie espressioni, da quella più semplice di stele a quella più complessa di mausoleo, ribadisce l’attaccamento alla vita e il desiderio di superare la morte attraverso un continuo dialogo con i vivi. Non è un caso che i sepolcri fossero collocati sui bordi delle vie e non nelle zone più raccolte dell’interno: il desiderio di esporli allo sguardo è evidente. E le epigrafi apposte all’esterno glorificano le imprese e il nome del defunto. Anche il fornaio Marco Virgilio Eurisace e sua moglie Atistia, attualmente sistemati dopo un accurato restauro nel Museo della Centrale Montemartini, salutavano un tempo i viandanti dal loro bianco sepolcro, posto quasi all’incrocio delle vie Prenestina e Labicana, nell’area chiamata anticamente “ad Spem veterem”, oggi Porta Maggiore.

Porta Maggiore prima delle demolizioni del 1838

Ed è proprio all’insegna della “Speranza vecchia”, forse quella di non morire del tutto, di sopravvivere al proprio tempo immortalati nel marmo, che sono stati riportati alla nostra vista dopo tanti anni, grazie all’iniziativa della Sovrintendenza Capitolina Capolavori da scoprire, in un nuovo allestimento che introduce al settore dei ritratti repubblicani nella Centrale Montemartini.

Il rilievo, realizzato quasi a tutto tondo in marmo pentelico, mostra i due defunti, in posizione frontale,

Eurisace e Atistia, part

ma con il capo volto uno verso l’altro e il braccio sinistro dell’uomo abbastanza vicino a quello destro della donna, come a ribadire la loro felice unione matrimoniale. L’uomo indossa la toga repubblicana con il braccio destro inserito all’interno della stessa e piegato in modo da far uscire solo la mano. Il volto è realistico, reso con i segni dell’età.

Allestimento del rilievo di Eurisace e Atistia

La donna, di statura uguale a quella del marito, è avvolta nel mantello portato sulla tunica e ha la tipica acconciatura femminile in voga alla sua epoca, con i capelli divisi da una riga centrale in bande laterali e raccolti in alto da una crocchia. Il gruppo scultoreo pesa circa 2 tonnellate e 400 kg; dopo il restauro, che ha previsto anche l’aggiunta della testa della donna, rubata nel 1934 (quando era ancora all’aperto nel sepolcro) e ora rifatta in gesso patinato sulla base delle fonti fotografiche, è stato inserito in un adeguato contesto a forma di nicchia nella Sala delle Colonne, in modo da poter ammirare i coniugi frontalmente, così come dovevano presentarsi sulla parete principale del loro imponente sepolcro.

Sorprendente è la forma del monumento funebre,

a base trapezoidale, il cui plastico, prestato dal Museo della Civiltà romana, è pure in mostra, così come l’epigrafe dedicata da Eurisace alla moglie premorta, prestata dal Museo Nazionale Romano, che in italiano suona così:

Atistia fu mia moglie. Visse come eccellente donna le cui rimanenti spoglie riposano in questo paniere”.

L’urna (oggi perduta, ma nota da un disegno dell’archeologo Luigi Canina) evidentemente alludeva alla professione del fornaio, come del resto il fregio intorno al monumento, dove sono rappresentate tutte le fasi della panificazione, e le numerose cavità circolari che ricordano le aperture dei dolia che contenevano la farina o delle impastatrici utilizzate nei forni. Una grande iscrizione marmorea, ripetuta sui tre lati ancora esistenti del monumento, ci dice che abbiamo a che fare con Marco Virgilio Eurisace, un personaggio di rango non elevato (presumibilmente un liberto di area greca), ma che si era affermato e arricchito col lavoro di panettiere (pistor), appaltatore (redemptor) e apparitore (apparetor, ovvero assistente di un magistrato di alto rango). Anche se nella tomba non è detto, è probabile che assistesse gli edili, i magistrati che avevano la responsabilità dell’annona, ovvero dell’approvvigionamento alimentare. Presumibilmente i proventi del primo lavoro di fornaio erano stati investiti da Eurisace nell’appalto dell’acquisto e distribuzione del grano, della farina e soprattutto del pane (ricordiamo che lo stato assicurava alla popolazione urbana l’accesso gratuito ai generi di prima necessità, ma chi li forniva era adeguatamente pagato).

Il monumento di Eurisace, rivestito di bianco travertino, rappresenta un’importante testimonianza storica e artistica della II metà del I secolo a.C. (40/30 a.C.);

PLastico del Sepolcro del Fornaio

fu risparmiato dalla realizzazione delle arcate monumentali dell’acquedotto Claudio, nella metà del I secolo d.C., ma fu interessato dalla costruzione delle Mura Aureliane nel III secolo e definitivamente inglobato agli inizi del V secolo in un torrione fatto realizzare dall’imperatore Onorio per rafforzare la cinta muraria presso la Porta Labicana – Prenestina (oggi Porta Maggiore). Molti secoli dopo, nel 1838, le strutture onoriane furono demolite per volontà di Papa Gregorio XVI e nel corso dei lavori venne portato completamente alla luce il sepolcro, che in quella occasione fu disegnato da Luigi Canina. Ed è proprio basandosi sui disegni del Canina che venne in seguito fatto il plastico del Museo della Civiltà Romana, esposto per la prima volta nell’importante Mostra Augustea della Romanità nel 1937, in occasione del bimillenario della nascita di Augusto.

Porta Maggiore prima delle demolizioni del 1838

Il rilievo, dalle superfici erose dal tempo, è stato staccato dal monumento per proteggerlo dalle intemperie

 

e collocato nel Palazzo Nuovo dei Musei Capitolini negli anni Cinquanta del Novecento, ma dagli anni Novanta era stato riposto nei magazzini della Centrale Montemartini, in attesa di un’adeguata sistemazione.

Togato Barberini

Ci sono voluti molti anni per poterlo riammirare, ma bisogna riconoscere che finalmente gli è stata data grande visibilità e che ora è possibile anche il confronto con un altro rilievo funerario di coniugi, proveniente da via Statilia (travertino, secondo quarto del I secolo a.C.), dai volti naturalistici ben conservati, e con altre pregevoli sculture di età repubblicana, come il famoso Togato Barberini, in marmo pentelico, che mostra orgogliosamente due ritratti di antenati (il nonno e il padre).

Nica FIORI  Roma  marzo 2019

Centrale Montemartini, via Ostiense, 106 Roma

Orario: da martedì a domenica 9-19 (la biglietteria chiude un’ora prima); chiuso il lunedì. Biglietto: intero € 7,50 (€ 6,50 per i residenti); ridotto € 6,50 (€ 5,50 per i residenti); gratuito per le categorie aventi diritto e per i possessori della MIC card.