Il “Google Art Project”: democrazia o colonizzazione ? Una sfida culturale per il futuro prossimo

di Giulio de MARTINO

L’arte dentro la pandemia. Tra chiusura e metamorfosi digitale

L’urto violento fra globalizzazione economica e biosfera, fra interconnessione e pandemia, sta producendo effetti specifici sull’interscambio fra la cybersfera e l’arte.

La rete di Internet e le comunicazioni digitali e satellitari si sono rivelate una risorsa decisiva per contenere le asprezze e i disagi dell’emergenza sanitaria. La società si è repentinamente accorta che il WEB e lo scambio virtuale non costituiscono un mondo secondario, una Second Life, ma possono collocarsi alla base dei nostri sistemi di trasporto, scambio e relazione: anche in ambito artistico e museale.

Ricordo, qui a Roma, un incontro nel 2014 nell’Auditorium dell’Ara Pacis. Claudio Parisi Presicce (Soprintendente ai Beni Culturali Capitolini), Albino Ruberti (Amministratore Delegato di Zétema) e Amit Sood (Direttore del Google Art Project) erano intervistati da Anna Lombardi giornalista di “Repubblica”[1]. Punto di partenza del confronto era un dato: in Italia erano in funzione 144 musei (di cui 25 archeologici) che, nel 2013, avevano registrato oltre 9 milioni di visitatori. Ebbene, in quello stesso anno, il sistema Google+ aveva acquisito oltre 1 miliardo di utenti.

Louvre

Da parte degli storici dell’arte si osservò che i due sistemi non erano confrontabili e solo parzialmente sovrapponibili: Google+ era una infrastruttura tecnologica multifunzionale che non produceva contenuti, ma si limitava a distribuirli. Invece il sistema dei siti e dei musei e – aggiungiamo noi – delle gallerie e dei centri di produzione artistica, costituiva una realtà produttiva e creativa: sempre in attività e in evoluzione. Amit Sood propose un punto di incontro con la proposta del “Google Art Project”. Google stava, infatti, lavorando con centinaia di musei, istituzioni culturali e archivi al fine di «rendere disponibili online i tesori culturali del mondo». Con un team di esperti e con un pacchetto di applicazioni e di programmi stava trasferendo online sempre nuovi contenuti per rendere accessibile a tutti, anche a distanza, il cosiddetto “patrimonio culturale dell’umanità”.

Attraverso il “Google Art Project” il pubblico di tutto il mondo avrebbe potuto accedere, con immagini ad altissima risoluzione, alle opere d’arte messe a disposizione dai Musei partner dell’iniziativa. La mission di Google LLC era di “democratizzare” e globalizzare l’accesso alla cultura, ma anche di promuovere la sua conservazione per le generazioni future. Il progetto – lanciato nel febbraio del 2011 – già coinvolgeva 345 musei con 63.000 opere e il numero dei partner era destinato a crescere. Dopo l’ingresso dei Musei Capitolini nel “Google Art Project”, anche il Sistema dei Musei Civici di Roma Capitale avrebbe aderito alla piattaforma sviluppata dal “Google Cultural Institute”.

Bob Dylan

Qualcuno scorse nella “dottrina Google” una sorta di invidia ancestrale da parte di un Paese – gli USA – che era al primo posto nel pianeta per economia, tecnologia e politica, ma che le opere d’arte e i “tesori dell’umanità” doveva andarseli a cercare assai lontano dal suo territorio, nelle antiche regioni dell’Eurasia. In realtà, il “Google Art Project” si faceva interprete delle esigenze di miliardi di potenziali utenti dell’arte e della cultura che erano nell’impossibilità di raggiungere i musei e i siti archeologici e che ne reclamavano la fruizione virtuale. Con circospezione, i creatori e i gestori delle reti e delle piattaforme proponevano ai musei e alle istituzioni culturali di fare sistema e di introdurre, in forma subordinata, le tecnologie digitali in prossimità delle opere d’arte e nei luoghi in cui queste trovavano la loro “aura” storica ed estetica.

Raffaello

Oggi che la globalizzazione mostra in Occidente la faccia lugubre del COVID 19, diventa necessario fare qualche passo avanti. Prima della pandemia, il sistema dei musei regolava con mezzi digitali l’afflusso dei visitatori – nonché di studenti di ogni età – verso la fruizione delle opere d’arte. Aveva avviato l’ammodernamento dei musei pubblici e privati con nuovi servizi per i visitatori (mostre tematiche, riprogettazione degli allestimenti, iniziative collaterali di formazione e informazione, audioguide, “merchandising” ecc.). Tutte modalità non tradizionali di accesso che riuscivano a fronteggiare l’incremento dei visitatori e dei “turisti dell’arte”. Restava valido, però, il dogma che l’arte in streaming e in video (tv o web che fosse) non poteva veicolare i contenuti della visione in presenza e della partecipazione diretta all’evento artistico. Internet, la TV e il cinema restavano una «seconda finestra» perché i linguaggi artistici non potevano passare «per la cruna dell’ago» del video, della radio o del WEB.

Oggi – a causa del Lockdown – dall’altra parte degli schermi si accalcano moltitudini di persone che si connettono ai “social network” e che cercano, tramite Internet, informazioni e contenuti sull’arte e sui musei di tutto il mondo. Si è creata una «zona di faglia»: la «compatibilità» fra la dimensione umana della partecipazione all’arte (l’empatia) e la tecnologia della fruizione (il messaggio virtuale). Prima delle misure emergenziali, con il primato dell’offline, si privilegiava la partecipazione «dal vivo» e collettiva all’evento rispetto all’online e al riprodotto (foto, film, video) che implicava la fruizione individualizzata, differita e a distanza. A causa delle misure anti-epidemia, l’offerta culturale si è dovuta trasferire sul WEB perdendo i suoi luoghi (festival, rassegne, musei, teatri, cinema, gallerie, librerie, centri culturali). La crisi economica sul fronte della produzione e dell’offerta, la paralisi del mercato, ha costretto le filiere delle cultura a cambiare paradigma. Sulla rete c’erano già andati quotidiani e periodici, musei e gallerie, case d’asta, librerie antiquarie e associazioni culturali, ma il WEB restava aggiuntivo e secondario. Di fatto, il consumo culturale on line è diventato primario e sostitutivo. Il «Pay per view», le piattaforme in streaming, ma, soprattutto, l’offerta gratuita di filmati e immagini ha implementato la richiesta di contenuti: sia di quelli originari del WEB e della tv, che di quelli previsti per le sale e per le mostre.

Istituto cultura russa

Tutto è cambiato. Si è dimenticata l’ardua contesa fra i denunciatori dell’«analfabetismo funzionale» e gli apologeti della «WEB culture»[2]. I Musei e le Soprintendenze non possono tirarsi indietro e trincerarsi nella gestione dello spazio fisico dell’arte contrapposto allo spazio virtuale. Inseguono Google, FB, Twitter e Youtube. Adesso – a meno di non voler chiudere la maggior parte delle strutture – va rivista la modalità culturale e cognitiva della progettazione delle mostre e quindi delle forme della fruizione.

Visitando i siti online di musei, gallerie d’arte, fondazioni, come pure i siti dei singoli artisti – alcuni dei quali adoperano tecnologie fai-da-te – troviamo cose diverse e di differente qualità. Imperversa, nel suo buffo anacronismo, la pregressa modalità pubblicitaria: propedeutica alla visione «dal vivo». Oppure si trova la tecnologia “Street View” per muoversi a 360°, avvicinandosi faticosamente alle opere, o si può scorrere la triste «galleria delle immagini fotografiche». Chi è in possesso di qualche intervista o filmato lo mette sulla piattaforma. Ma quasi tutti evitano l’interazione «live», lo streaming, o la modalità «on demand» (VOD) in cui si possono combinare la messa in circolazione di nuovi contenuti con la modalità connettiva universale.

Cineteca

In alcuni casi, la spinta sta venendo dai singoli artisti – pittori, musicisti, scrittori in prima linea – che chiedono di intervenire, di essere presenti: producono contenuti originali e in situazione. Propongono che siano diffusi dalle gallerie e dai musei nelle loro pagine WEB, ma, quando questo non è possibile, prendono coraggio e li mettono online loro stessi tramite i social network (FB, Youtube, Instagram, Whatsapp, Twitter …) e trasformano l’hashtag #iorestoacasa in un format non rigido: creativo e condivisibile. Sanno che, con gli smartphone, l’arte viaggia insieme alle persone. Certo il tutto può configurarsi come un “saccheggio digitale” del patrimonio artistico e culturale, nel colonialismo dell’“Internet marketing”, nel trionfo delle aziende della «banda larga» e nel dominio delle “app”. D’altra parte, le istituzioni museali di tutto il mondo stanno facendo a gara per partecipare al “Google Art Project” e molti artisti lavorano per crearsi canali personali di mercato e di ascolto. Si tratta di una sfida epocale che sta mobilitando i colossi del WEB e del «sistema delle arti» (vedi Netflix).

NYM

Guardandola in positivo, si potrebbe partire dalla comprensione che la comunicazione multimediale e digitale – purché praticata con contenuti nuovi e originali e non con repliche e ricicli – è diventata un territorio di lavoro culturale e artistico interessante. Certamente vi sarà una ristrutturazione del mercato globale dell’arte, con la trasformazione delle tecnologie e dei flussi del «turismo culturale», con la selezione  competitiva del piccolo e del grande, dell’indipendente e dell’istituzionale, ma il «valore dell’arte» potrebbe uscirne confermato e accresciuto. Gli artisti potranno indurre – con una maggiore autonomia da aziende e istituzioni – un allargamento dell’esperienza estetica e una modificazione degli stili di fruizione.

Nash

Giulio de MARTINO  Roma 12 aprile 2020

[1]  Giulio de Martino,  L’arte nei musei tra Physical e Virtual. Il Google Art Project e i Musei di Roma,  “Gothic Network”, 11 giugno 2014.
[2]  Derrick de Kerckhove, Connected intelligence: the arrival of the web society, Somerville House Publ., Toronto, 1997; AA.VV., Literacy for Life. Further Results from the Adult Literacy and Life Skills Survey, Second International ALL Report, Tourism and Centre for Education Statistics Division, Main Building, Room Ottawa 2001.

Giulio de MARTINO    Roma 12 aprile 2020

[1]  Giulio de Martino,  L’arte nei musei tra Physical e Virtual. Il Google Art Project e i Musei di Roma, “Gothic Network”, 11 giugno 2014.
[2]  Derrick de Kerckhove, Connected intelligence: the arrival of the web society, Somerville House Publ., Toronto, 1997; AA.VV., Literacy for Life. Further Results from the Adult Literacy and Life Skills Survey, Second International ALL Report, Tourism and Centre for Education Statistics Division, Main Building, Room Ottawa 2001.