Il complesso dei Girolamini a Napoli, un patrimonio di architettura, arte e cultura (da rendere del tutto fruibile)

di Francesco MONTUORI

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M.Martini e F. Montuori

 CHIESE  NAPOLETANE

LA  CHIESA  E  IL  CONVENTO  DEI   GIROLAMINI

Piazza dei Girolamini fu aperta grazie alle spese degli Oratoriani nella prima metà del XVII secolo per valorizzare la facciata della loro chiesa. Domina la piazza l’imponente prospetto della chiesa dei Girolamini detta anche di San Filippo Neri, fondatore dell’Ordine degli Oratoriani o Filippini, dedicata a Santa Maria della Natività e a Tutti i Santi (fig.1).

Fig.1 La chiesa dei Girolamini, San Filippo Neri
Fig.2 Pianta del complesso dei Girolamini

L’edificio sacro è inglobato in uno dei più vasti ed importanti complessi religiosi del centro antico di Napoli (fig.2).

Tutto il complesso dei Gerolamini ha un grande valore storico; esso può vantare una vasta Collezione di pitture e sculture, una prestigiosa Quadreria, una Biblioteca tra le più importanti dell’Italia intera, due magnifici chiostri e l’Oratorio di Santa Maria Assunta (fig.3).

L’Oratorio fu riconosciuto pubblicamente come Congregazione nel 1575 a Roma, durante il papato di Clemente XIII; a partire dal 1592, crebbe e si arricchì nel Seicento, nel Settecento, nell’Ottocento.

Il prospetto principale della chiesa è sul largo dei Girolamini, lungo la via dei Tribunali.

La parte superiore della Chiesa è caratterizzata da un finestrone rettangolare, sormontato da un timpano triangolare.

Fig.3. Il chiostro grande del complesso dei Girolamini

La chiesa dei Girolamini presenta un impianto architettonico di tipo basilicale vasto e monumentale (fig.4);

Fig. 4. L’interno della chiesa

le sue decorazioni interne in oro, marmi e madreperla le volsero il titolo di Domus Aurea; di grande bellezza è la cupola eretta alla metà del XVII secolo da Jacopo Lazzari. Al suo interno e nell’omonimo convento ammiriamo una vasta concentrazione di opere di artisti sia napoletani che di estrazione toscana.

Vi lavorarono gli architetti Giovanni Antonio Dosio, Dioniso Nencioni di Bartolomeo e Ferdinando Fuga. Il primo oratorio fu fondato presso la chiesa romana di San Girolamo della Carità; in seguito nel 1586 religiosi seguaci del santo si insediarono a Napoli in Largo dei Girolamini dove Domenico Fontana edificò la chiesa odierna e ampliò l’adiacente convento, grazie alla demolizione di alcune chiesette delle famiglie Seripando e Filomarino. Negli anni ’90 del XVI secolo la chiesa fu ricostruita su progetto del fiorentino Giovanni Antonio Dosio che prese a modello la chiesa romana di San Giovanni dei Fiorentini.

L’interno della grande chiesa, a croce latina, a tre navate su colonne di granito e cappelle laterali con cupola, ampi transetti e presbiterio quadrato voltati a botte con lacunari, rappresenta uno degli spazi più ampi e luminosi dell’architettura sacra napoletana; la navata centrale poggia su dodici imponenti colonne di granito dell’isola del Giglio. La sua configurazione è tuttavia diversa da quella consueta degli edifici tardo manieristici e barocchi napoletani, in quanto la regolarità degli spazi e la linearità della successione delle colonne – in luogo dei pilastri – di archi e cornicioni diritti rimanda, ad analoghe soluzioni toscane e romane (fig.5).

Fig.5 La navata principale della Chiesa dei Gerolamini

Il completamento del grandioso edificio ebbe luogo nel 1619, anno della consacrazione; la facciata fu reinventata da Ferdinando Fuga nel 1780 che aggiunse i due campanili laterali; la cupola sarà rifatta nel 1852, per gravi problemi statici, da Antonio Barletta. Tra il 1776 e il 1792 furono poste in opera sulla facciata le sculture di Giuseppe San Martino raffiguranti San Pietro e San Paolo; agli estremi della sommità della facciata sono Mosè e Aronne, i Putti con le tavole della legge e l’Agnello mistico sul portale (fig.6).

Fig.6 Chiesa dei Girolamini. Facciata principale
Fig.7 Chiesa dei Gerolamini. La cupola, opera di Jacopo Lazzari del XVII secolo

Il soffitto a cassettoni, che sarà gravemente danneggiato dai bombardamenti del 1943, venne decorato dagli artisti napoletani Marcantonio Ferraro, Nicola Montella e Giovanni Jacopo de Simone. Infine sarà Ferdinando Fuga a restaurare tutto il complesso che comprende al suo interno una chiesa, due chiostri monumentali e una biblioteca ricca di preziosi manoscritti. Nel corso di tutto il seicento e il settecento la chiesa fu arricchita da opere tardo-manieriste del Pomarancio e di Federico Zuccari, di scuola romana, e da Fabrizio Santafede, di scuola napoletana. Vi lavorarono infine esponenti del barocco romano, bolognese e napoletano: Guido Reni, Pietro da Cortona, Luca Giordano, Nicola Malinconico, Francesco Solimena e Pietro Bernini, padre di Gianlorenzo.

Il complesso di affreschi è opera di importanti artisti operanti a Napoli nel sei – settecento. Nella controfacciata, al di sopra dei portali, è l’affresco del 1684 di Luca Giordano la “Cacciata dei mercanti dal Tempio” opera del pieno della maturità dell’artista, eseguito dopo gli splendidi dipinti di palazzo Medici-Riccardi a Firenze (fig.8).

Fig.8 Chiesa dei Gerolamini. Luca Giordano, controfacciata. La cacciata dei mercanti dal Tempio

Al principio della navata, sulle porte che condicono ai due campanili vi sono a destra Ozia punito davanti all’Arca Santa e a sinistra La cacciata di Eliodoro dal Tempio, dell’orvietano Ludovico Mazzanti (fig.9);

Fig.9 Ludovico Mazzanti. La cacciata di Eliodoro dal tempio

sugli archi della navata centrale è una lunga teoria di Santi affrescati nel 1681 da Giovan Battista Beinaschi; al termine della navata, nella crociera, sono i quattro Evangelisti, affrescati nei pennacchi della cupola da Ludovico Mazzanti, mentre nei bracci del transetto sugli arconi terminali delle navate troviamo Abramo, Mose e David eseguiti da Francesco Solimena.

Fig.10 Pietro da Cortona, Sant’Alessio moribondo
Fig.11 Guido Reni. L’incontro fra Cristo e San Giovanni Battista

Nella prima cappella a destra, sull’altare, vi è la splendida tela di Pietro Berrettini da Cortona raffigurante Sant’Alessio moribondo (fig.10); eseguita a Roma è fra le più importanti opere del primo barocco napoletano; nella cappella costruita a spese del padre oratoriano Francesco Gizzio è la grande pala d’altare Santa Maria Maddalena de’ Pazzi firmata da Luca Giordano che la inviò dalla Spagna, dove in quel periodo risiedeva. Nella monumentale sacrestia vi erano conservati i dipinti che vennero costituendo la storica Quadreria; nella volta, entro una grande incorniciatura con fregi e finte architetture del XVIII secolo, si può ammirare una Gloria di San Filippo opera ritenuta tradizionalmente di Luca Giordano; nell’ampio presbiterio è la famosa tela raffigurante l’Incontro tra Cristo e San Giovanni Battista commissionata nel 1622 a Guido Reni (fig.11).

Fig.12 Giuseppe Sanmartino. Angelo che sorregge un candelabro di marmo

L’area presbiteriale è delimitata da una balaustra alle cui estremità  vi sono due stupendi angeli che sorreggono candelabri in marmo, eseguiti da Giuseppe Sanmartino, l’autore del Cristo velato, opera fra le più prestigiose della scultura napoletana del settecento.

Alla sinistra della tribuna vi è il Cappellone di San Filippo Neri disegnato da Giacomo Lazzeri. Qui gli affreschi con Storie di San Filippo che decorano tutta la parte superiore dell’ambiente rappresentano una delle prove più alte dell’arte pittorica di Francesco Solimena.

Fig.13 Giovanni Battista Salvi, il Sassoferrato, da Guido Reni, San Filippo venera la Madonna
Fig. 14 Guido Reni. Estasi di san Francesco

Sull’altare troviamo un San Filippo che venera una Madonna del Sassoferrato, copia da un celebre dipinto di Guido Reni del 1615 conservato a Roma in Santa Maria in Vallicella (fig.13). Nel braccio sinistro del transetto entro le nicchie si ammirano sei sculture di Pietro Bernini.

Lunga è la lista delle opere interne della Chiesa dei Gerolamini, grazie alla ricchezza della confraternita; ricorderemo ancora Guido Reni nella pala d’altare della quinta cappella a sinistra con un Estasi di San Francesco commissionato nel 1622 (fig.14); nella terza cappella con numerosi dipinti di Luca Giordano, da poco tornato a Napoli dalla Spagna; infine ammiriamo nella prima cappella, disegnata da Dionisio Lazzari, una tela con San Giorgio e San Pantalone eseguita alla fine del settecento dal bolognese Gaetano Gandolfi.

Questo imponente patrimonio d’arte non è ancora visibile a causa di perduranti difficoltà logistiche e conservative. Le stesse ragioni che impediscono di ammirare l’importante Quadreria annessa al convento che comprende dipinti cinquecenteschi di stile tardo manierista di Federico Zuccari, Cavalier d’Arpino, Fabrizio Santafede e dipinti seicenteschi di Battistello Caracciolo, Jusepe de Ribera, Massimo Stanzione, Guido Reni, Luca Giordano.

I Filippini erano fra i gruppi religiosi più avanzati a livello pastorale e culturale, aperti nei confronti delle diverse classi sociali, fondato sulla carità e la predicazione, nonché sui valori dello studio, delle arti e della musica; questo spiega la presenza incisiva degli Oratoriani nella vita spirituale e culturale di Napoli; ne fa testimonianza l’esistenza di alcune istituzioni aperte all’esterno, come la Quadreria (figg.15 e 16) e la Biblioteca (fig.17), arricchitasi soprattutto nel corso del  settecento e dell’ottocento di fondi librari importanti.

Fig. 15 Prospetto del Convento su via Duomo
Fig.16 La Quadreria dei Girolamini
Fig. 17 La Biblioteca dei Girolamini

La Biblioteca oratoriana del convento dei Gerolamini è assai vasta; aperta nel 1586 è specializzata in filosofia, teologia cristiana, storia della chiesa, musica sacra e storia d’Europa; fu frequentata da Giambattista Vico. L’edificio che la ospita fu ridisegnato nel settecento per adeguare quella che è ancor oggi un’istituzione culturale statale; negli anni ’70 del novecento Gerardo Marotta vi svolse l’attività dell’Istituto Italiano di Studi Filosofici  e, alla sua morte, donò la sua biblioteca con una dotazione di 300.000 volumi, frutto di trent’anni di appassionata ricerca.

Dopo il terremoto del 1880 la Biblioteca, ospitata negli ambienti del convento, fu utilizzata come ricovero degli sfollati. Da tempo chiusa versa in stato di grave degrado; l’aspetto inquietante che 1500 libri fra i più importanti sono spariti e numerosi volumi sono stati illegalmente venduti all’estero.

Attualmente la preziosa Biblioteca, nel cui catalogo figurano manoscritti, codici miniati, edizioni rare è da tempo chiusa al pubblico e versa in stato di grave degrado. La precarietà della custodia ha condotto negli anni alla sparizione di migliaia di volumi.

Dopo una serie di articoli di denuncia firmati dallo storico dell’arte Tomaso Montanari già docente dell’Università Federico II è stata promossa una raccolta di firme fra esponenti della cultura al fine di sollecitare la rimozione del direttore della biblioteca Marino Massimo De Caro che, arrestato e reo confesso, è stato costretto a sospendersi dall’incarico. Ma ormai migliaia di volumi sono andati ineluttabilmente dispersi.

Francesco MONTUORI  Roma  16 Gennaio 2022