di Giulio de MARTINO
Presentazione del Rapporto: “Quanto è (ri)conosciuta all’estero l’arte contemporanea italiana?” a Palazzo Bonaparte
Dopo che per due anni la pandemia da virus COVID SARS-19 ha paralizzato i flussi turistici internazionali e rallentato il volume di affari generato dalla produzione e dalla fruizione dei «beni culturali» sembra si sia aperta una nuova fase. Da più parti si sono sviluppate indagini sulle tendenze del «sistema dell’arte» con lo scopo di orientare le policies pubbliche e di individuare le linee lungo le quali potrebbero svilupparsi i «mercati dell’arte».
Giovedì 24 marzo è stato presentato a Palazzo Bonaparte, in Piazza Venezia 5 a Roma, il rapporto: Quanto è (ri)conosciuta all’estero l’arte contemporanea italiana? Si tratta di una ricerca indipendente realizzata da un team di esperti con il contributo di “ARTE Generali” e dello studio BBS Lombard e con la collaborazione degli istituti di ricerca Artprice, Articker e Wondeur. La ricerca è stata condotta con il supporto dei più avanzati sistemi informatici e di IA ed ha avuto come oggetto specifico la «visibilità dell’arte italiana contemporanea» a livello internazionale.
Ci si è proposti di offrire un valido e aggiornato panorama sulla presenza -nell’«ecosistema» dell’arte globale – delle opere degli artisti italiani più recenti e «non compiutamente storicizzati», cioè: quelli nati dopo il 1960. Sullo sfondo dell’indagine c’era il confronto fra la formidabile e consolidata presenza dell’Italia nell’ambito dell’arte antica, medievale e della prima età moderna rispetto a quella – molto più fragile – che il nostro Paese esibisce nell’ambito dell’arte moderna e contemporanea. Si tratta, invece, di un settore di produttori e di divulgatori di «beni d’affezione e collezione» intorno al quale si è sviluppato – in molti Paesi del mondo – un articolato e fiorente sistema di conoscenza, di fruizione e di mercato.
Lo sguardo economico sul mondo delle arti e sui suoi mercati non deve sconcertarci e neppure trovarci disinteressati. Il settore del turismo orientato verso i beni artisti e storici italiani è, di fatto, una miniera d’oro. Secondo ricerche relative agli anni precedenti la pandemia, i dati sul valore economico del turismo culturale e paesaggistico dei viaggiatori internazionali in Italia ruotano intorno ai 21 miliardi di euro. In particolare, secondo i dati nel Mibac, 55 milioni di visitatori nel 2018 hanno fruito dei beni culturali statali (monumenti, musei, parchi archeologici ecc). Si tratta di un +44% rispetto ai 38 milioni del 2013. Questo settore è presidiato da qualificatissimi dirigenti, restauratori, critici e storici e conta su di una rete poderosa di aree archeologiche, musei, collezioni, fondazioni, case editrici ecc. oltre che su numerosi servizi di logistica e di accompagnamento che operano tutti intorno ai beni culturali e paesaggistici[1].
Se ci rivolgiamo, invece, al settore dell’«Arte moderna e contemporanea» ci imbattiamo in cifre e dimensioni molto differenti. Per il 2019, l’impatto economico di questi player – gallerie d’arte, antiquari e case d’asta e poi: logistica, assicurazioni, fiere, restauratori, artigiani, istruzione, pubblicazioni – si è potuto stimare in un giro di affari di 1,46 miliardi di euro cui si devono aggiungere 420 milioni derivanti dai settori collegati[1].
Per questo, a Palazzo Bonaparte, nel focus del dibattito è stato messo proprio questo settore e, in particolare, un suo ramo: il mondo del mercato degli artisti nati dopo il 1960 e attivi dagli anni ’80.
Nella sua relazione Marilena Pirrelli ha parlato del monitoraggio dei 76 Musei del contemporaneo attivi in Italia, di un ambito di circa 250mila artisti analizzati, alcuni dei quali vivono spesso fuori Italia, dando prova evidente dei livelli di internazionalizzazione dell’arte contemporanea. Di più: consultando circa 16.000 pubblicazioni internazionali sull’arte, gli articoli sull’arte contemporanea italiana sono stati il 7%, mentre quelli relativi agli artisti italiani nati dopo il 1960 sono risultati soltanto l’1%. In 10 Fiere del contemporaneo e in 831 Gallerie internazionali si sono proposte e vendute solo le opere degli artisti italiani più consolidati. Tra i post 1960 soltanto Maurizio Cattelan (Padova, 21 settembre 1960) vanta una posizione internazionale di rilievo.
Nel suo intervento il ministro della Cultura Dario Franceschini ha chiarito che la Repubblica italiana, nel campo dei beni culturali, integra pubblico e privato. È stata creata Direzione per la Creatività contemporanea alla cui guida c’è Onofrio Cutaia per non fermarsi alla tutela dei beni del passato e per sostenere la competizione e l’esportazione dell’arte contemporanea. Da qui l’importanza del lavoro dei Curatori e dei Direttori dei Musei del contemporaneo, ma anche di quel network formato dagli artisti e dai centri culturali indipendenti.
Riassumendo le realizzazioni del MiC Franceschini ha detto che sono state modificate alcune norme sulle esportazioni delle opere d’arte e creato l’Italian Council sulla creatività contemporanea. In termini di risorse, quelle che si occupano di arte contemporanea sono state, in particolare, quelle indirizzate alla Biennale di Venezia, alla Triennale di Milano e alla Quadriennale di Roma.
È emerso che l’Italia – di più nel settore pubblico, meno in quello privato – si è mossa in notevole ritardo rispetto a ciò che hanno fatto – da svariati decenni – Paesi come gli Stati Uniti, la Francia, il Regno Unito. Nell’intervento di Marco Sesana CEO di Generali Italia è stato evidenziato l’intervento delle compagnie di Assicurazione e delle Fondazioni bancarie per favorire – con importanti investimenti e con l’apertura di nuove e prestigiose sedi museali – l’accesso e la diffusione della cultura rivolto alle persone e soprattutto ai giovani. Proprio dai manager del settore finanziario viene la consapevolezza che la qualità della cultura, della psicologia, della dinamica di esistenza – in particolare nelle piccole e nelle grandi città – deriva dalla diffusione del modello cognitivo e fruitivo dell’arte contemporanea. Per questo, la triade formata da Collezionisti, Investitori e Innovazione linguistica e tecnologica può indurre la diffusione di un libero pensiero postmoderno.
Con utili osservazioni, Franco Broccardi di BBS Lombard e Onofrio Cutaia del MiC hanno ribadito che le città sono i migliori contenitori per l’ecosistema delle arti ed hanno formulato l’esigenza di definire meglio la categoria dell’«Operatore dell’arte». Si dovranno portare in Italia le persone che, all’estero, lavorano nel campo dell’arte contemporanea per attirare più visitatori delle nostre mostre e attività. Nel suo intervento l’artista visivo Patrick Tuttofuoco (Milano 1974, vive e lavora a Berlino) ha ribadito che il lavoro dell’arte deve parlare da sé, che la capacità creativa e la personale genialità dell’artista restano la base evolutiva del movimento dell’arte. Ma importa anche che sia possibile una «identificazione nazionale degli artisti» meglio organizzata.
Giulio de MARTINO Roma 27 Marzo 2022
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