redazione
“Il bianco non è un colore”
di Licia Ugo
Edizioni Affiori
https://giulioperroneditore.com/prodotto/il-bianco-non-e-un-colore/
Il bianco non è un colore, il romanzo appena uscito di Licia Ugo, giornalista e scrittrice è un “romanzo corale”: in effetti l’elegante e fitto dettato ci porta dentro vicende che non sono soltanto gesta di un singolo itinerario esistenziale, ma trama intrecciata, armoniosa: in qualche modo sempre declinata in tempi e modi soffusamente o arditamente poetici.
Ci piace, di questo romanzo, il suo porsi e snodarsi come una densa trama epocale, infittito di problematiche storiche, anche cronachistiche ma sotto e dentro uno sguardo allargato, il bilancio di anni e giorni difficili – in cui il progresso sembra tornare indietro, demeritare il senso e il pregio del suo stesso nome. Trieste qui primeggia, al solito, come gran città, esimio porto di destini nel fervore caparbio della narrazione, dell’immersione compiutamente, accesamente emotiva. “Si vive una dimensione interiore speciale a Trieste”. Protagonista è Milena, un’eroina indecisa eppure incrollabile, una creatura esemplare e caparbia proprio nella sua pura, instancabile fragilità.
Ma insieme, tutto il plot si fa trama, intreccio di un’esperienza caparbia ma anche ferita, ipersensibile e segnata di travagli, attese, patimenti. A schegge e a pause, Milena decifra o ripercorre tutti gli anni che le si sono depositati dentro, addosso, guidandola dalla bimbetta che era, che fu, un po’ umiliata dall’assenza diciamo colposa, ma non certo dolosa della madre, eppure confortata, beh diciamolo, amata, dal difficile amore dei nonni, e dall’amore della volenterosa e fervorosa zia Virginia.
Ma lo spunto più suggestivo che ricaviamo dalla stessa avvertenza in bandella dell’autrice, che si fa trepida voce di Milena, è in fondo una essenziale precisazione linguistica, filologico-lessicale:
“… Alla Caritas conosce un migrante iraniano con cui entra in empatia. Capirà così che The Game – nome comunemente attribuito al tentativo di attraversamento di una frontiera – è, in realtà, la dolorosa lotta di chi lascia la propria terra.”
Decisivo poi, nell’intreccio nobile di tutta la vicenda, è l’amore e l’attenzione privilegiata per i bambini – devozione in genere, specie per i più sfortunati.
L’itinerario tutto di Milena ci affascina e c’intenerisce. Una grande forza d’animo non le manca, ma insieme ella è intrecciata, avviluppata, prigioniera di debolezze, esitazioni, incertezze, sensi di colpa. È una romanzata preghiera sacra, e laica al contempo. Ma quanta fede vitale, terrestre, scorre e abita in queste pagine! Che, a tratti, allineano, rispecchiano la religio nell’Arte, dipingono i concreti cieli di terra:
“Fuori il mondo era bianco, bianca la misura delle notti, bianche le bugie che si dicono ai bambini. Bianche le facce dei poveri cristi. Bianche le vedove avvilite. Bianco il colore dell’assenza. E bianche come il gesso le facce degli orfani dimenticati, gli orfani bianchi, il loro sangue senza tinta, solo languore.”
Plinio Perilli (critico letterario, poeta e saggista) Aprile 2025