di Maria BUSACCA
UN PALAZZETTO DELLA FAMIGLIA DANIELE A CATANIA
Il palazzetto oggetto di questo breve saggio è prospiciente su via Crociferi, parte di un più ampio complesso conventuale che si apre sulla piazza San Francesco d’Assisi all’Immacolata con un bel portone verde (fig. 1) realizzato nel 1790 circa su disegno di Paolo Battaglia, figlio del noto architetto Francesco[1].

L’intitolazione della piazza risale al 1926, quando si decise di onorare così la chiesa dei Padri Francescani che vi si affacciata sul declivio con una bella scalinata. Passato l’arco di ingresso al cortile comune, subito a sinistra un piccolo portoncino in ferro battuto immette nel vano scala e riporta in alto la sigla con le lettere PD, ovvero Palazzo Daniele, ad indicare la famiglia committente e originariamente proprietaria dell’immobile (fig. 2).

Realizzato a fianco del lato nord della chiesa il palazzetto, che affaccia pure su via San Francesco (fig. 3), ospita al primo piano l’appartamento dei pochi Padri conventuali rimasti, mentre gli altri piani sono di proprietà privata.

Di antica fondazione, risalente al 1329 quando
“ la Regina … Eleonora D’Angiò … volle edificare a proprie spese un nuovo Convento sotto il titolo di S. Francesco nel mezzo della città … Nel 1341 la Regina …. Diede ai Padri Francescani l‘ hospitale collaterale a loro affinché … da quella formassero un dormitorio …” (F. Privitera, p. 142).
In seguito Donna Elisabetta di Carinzia, nuora della Regina, aggiunse al Convento dei Frati Minori gli attigui locali dell’Ospizio per i poveri con donazione il 12 gennaio 1342.
La Chiesa di S. Francesco d’ Assisi venne dedicata alla Madonna Immacolata nel 1655, quando il Senato Catanese emise un bando rivolto ai cittadini invitati a partecipare ai festeggiamenti. A seguito del terremoto del 1693 che distrusse chiesa e convento il Padre Guardiano M. Bonaventura Portoghese fu autorizzato il 16 ottobre dello stesso anno alla vendita dei “palazzi e case” del Convento andati distrutti (F. Costa, p. 105); l’inizio della ricostruzione si attesta al 31 gennaio 1694 e prosegue fino al 26 agosto 1695“..quando fu dato incarico ai capomastri Patania e Zammataro di costruire “… quella quantità di muro a crudo … necessari per la clausura di esso convento..”, furono acquisite diverse proprietà, sia pubbliche che private, grazie all’interessamento del Duca di Camastra[2], e poi con alterne vicende, proseguì fino a tutto il XIX secolo[3].
A seguito dell’incameramento dei beni degli ordini conventuali da parte dello stato italiano che all’indomani dell’Unità con le leggi eversive (Legge N. 3036 del 7 Luglio 1866) colpisce di fatto gli ordini minori, chiesa e convento subiscono cambiamenti, perdite e annessioni; al 19 settembre 1867 il convento risulta già sgombro dai religiosi ed usato come ufficio di questura, caserma delle guardie di pubblica sicurezza e caserma dei bersaglieri, e al 26 febbraio 1868 vi vengono collocati gli uffici finanziari della questura, e nel 1876 a sede della Corte d’Assise vengono destinati i locali del primo piano all’angolo fra l’odierna via San Francesco e la via San Giuseppe[4].
Le modifiche interne del corpo dell’immobile si registrano però anni prima, a partire dal 1828, quando al 12 aprile si pagarono onze 110 per la trasformazione delle stanze superiori del convento ancora di proprietà dei Francescani [5]. Il convento originario che si collocava al piano terreno e prendeva tutti i quattro lati con il refettorio affrescato e i locali a uso di stalle e depositi, una volta incamerato dallo stato fu variamente utilizzato negli anni, ora sede del Tribunale, ora della Guardia di Finanza[6], a meno della porzione oggetto del nostro intervento che non si sa esattamente quando sia stato acquistato da privati; la prima data in cui si fa riferimento al nome dei Daniele è il 23 aprile del 1886, giorno in cui
“Da una causa fra il Demanio dello Stato e il signor Oreste Daniele si apprende che, a tramontana, contiguo al passaggio scoperto di comunicazione fra i due cortili del convento, esisteva un unico vano al pianterreno (usato come cantina). Al posto di questo vano il signor Daniele ha costruito un nuovo corpo di fabbrica a tre piani ed ha iniziato il quarto piano lasciato in sospeso (fig. 4).

Il primitivo vano a pianterreno risulta ora diviso in dieci vani.”,
finendo poi con l’acquistare anche l’ex cappella della Congregazione dell’Immacolata al piano terreno[7]. Attualmente non più di proprietà dei Daniele, che da fonte orale perdette la proprietà per debiti di gioco, i locali dell’immobile hanno subito negli anni ulteriori suddivisioni e modifiche; nel 1899 anche i frati riuscirono a rientrare in possesso di una piccola parte del convento, quella sopra l’ammezzato, prospiciente su via Crociferi dove ancor oggi sono alloggiati, collegata con la Chiesa mediante la scala di ferro posta al primo e al secondo livello a sinistra della controfacciata[8].
La famiglia Daniele attestata a Catania nella persona di Oreste, vanta nobili natali ed è presente in Italia in Lazio, Campania e Sicilia; è documentata a Siracusa già dal secolo XV, con un Perruccio, chirurgo di Noto, che acquistò la baronia di Canicattini nel 1413, cui succedettero i discendenti con investiture fino al 1510.

Altri membri della famiglia ricoprirono alte cariche civiche nella città e nella provincia di Siracusa, fino a quando un Salvatore-Maria, marchese di Bagni, fu capitano di giustizia di detta città nel 1810-11. Un altro ramo decorato del titolo di conte nella persona di Giuseppe Maria Daniele, vide l’ ultima investitura nel 1793 ad un esponente femminile, Vittoria sorella di Gregorio, morto senza figli, mettendo fine così al ramo siracusano. A testimonianza dell’importanza di detta famiglia nel territorio di Siracusa e di Canicattini sono il ponte di Sant’Alfano (fig. 5), costruito nel 1796 per collegare il feudo omonimo con il feudo di Canicattini ma soprattutto la lapide sepolcrale attestante la concessione per la sepoltura dei Daniele nella chiesa dell’Immacolata di Siracusa (fig. 6) e lo stemma dipinto entro cornice in stucco all’interno della stessa (fig. 7) [9].


Nel Nobiliario di Sicilia l’arma dei Daniele di Noto è descritta “di rosso, all’agnello pasquale d’argento, posto sulla campagna d’azzurro” o, con descrizione tratta dal Minutolo: “d’azzurro, all’agnello pasquale al naturale che tiene col piede destro una bandiera di rosso, caricato della croce d’argento” (Mango di Casalgerardo, vol. I, pp. 254-255) (fig. 8). Crollalanza la descrive
“di rosso all’agnello d’argento tenente una bandiera dello stesso svolazzante a sinistra sopra una campagna cucita d’azzurro” (p. 350) (fig.9).


L’arma dei Daniele di Catania invece è riportata:
“di rosso all’agnello d’argento sostenente con le zampe anteriori una banderuola dello stesso svolazzante a destra, al terreno di verde” (fig. 10).

Le differenze fra i due risiedono nel verso della bandiera, a sinistra in quello siracusano e a destra in quello catanese, oltre che nel terreno di verde a Catania e in campagna d’azzurro a Siracusa, nonché nella postura dell’Agnello pasquale che a Siracusa volge la testa alla sua sinistra, nel ramo catanese segue il profilo di tutta la figura ritta sulle zampe posteriori. Agnello pasquale è utilizzato in araldica per indicare l’agnello seduto sul libro dei sette sigilli e tenente una banderuola crociata, o passante con lo stendardo, e in particolare passante con la bandiera di Cristo (d’argento alla croce di rosso) tenuta, come è nella maggior parte dei casi, dalla zampa destra. Nei rami dei Daniele presenti anche in Campania, a Napoli, e nel Lazio, la figura dell’Agnello è presente con le due varianti, nella posa seduta e in quella in piedi.

All’ingresso dell’appartamento al secondo piano del palazzetto in oggetto è presente lo stemma del casato, realizzato in stucco a rilievo nella volta (fig. 11), ma capovolto rispetto al senso di marcia, forse perché in origine l’entrata nell’appartamento avveniva da altra apertura; esso presenta delle caratteristiche diverse rispetto sia a quello catanese, sia a quello del ramo siracusano. L’agnello, entro scudo sannitico (o francese moderno) sormontato da corona aperta di patrizio, è raffigurato accovacciato su manto erboso, reggente con la zampa la bandiera di Cristo con il bastone in obliquo passante dietro la figura. La figura dell’agnello accovacciato non la riscontriamo in Sicilia ma nei rami italiani; anche quello napoletano, che presentava di rosso all’aquila d’argento, tenente con l’artiglio sinistro una bandiera dello stesso svolazzante a sinistra sopra una campagna cucita d’azzurro o un leone rampante tenente un giglio nella zampa destra, a partire dal 1738 decise di adottare il nuovo stemma con “l’agnello pasquale portante il labaro cristiano nel campo superiore e nel terzo di sotto due stelle” adottato da Domenico capostipite del ramo casertano (fig. 12).[10]

Della Famiglia Daniele presente in Campania, Lazio e Sicilia (Siracusa, Roma, Caserta) col Titolo di signore di Canicattini (nobili, nobili dei marchesi di Bagni; marchese delli Bagni) gli stemmi hanno quindi le seguenti varianti:
- di rosso all’agnello d’argento sostenente con la zampa anteriore una banderuola crociata di rosso, alla campagna d’azzurro
- di rosso, all’agnello pasquale d’argento, posto sulla campagna d’azzurro
- di rosso, con un agnello d’argento tenente una bandiera dello stesso svolazzante a sinistra sopra una campagna cucita di azzurro
- d’azzurro alla fascia gemella di rosso con un agnello accovacciato, tenente una banderuola di rosso crociata d’argento, asta d’oro, in punta due stelle dello stesso
- di rosso all’agnello d’argento sostenente con le zampe anteriori una banderuola dello stesso svolazzante a destra, al terreno di verde.
- gemella in fascia di rosso su azzurro – sostenente agnello pasquale accovacciato – 2 stelle (8 raggi) di oro su azzurro[11].
Dalle raffigurazioni finora riscontrate una caratteristica comune a tutti gli stemmi è la raffigurazione dell’Agnello con il profilo a sinistra, o marciante da destra a sinistra o accovacciato con la testa a sinistra ed il corpo a destra, anche nel caso dello stemma siracusano in cui il capo è girato verso destra, ma comunque il profilo raffigurato è quello sinistro; lo stemma presente a Catania è invece speculare, con la testa sulla destra ed il corpo alla sinistra. Ciò potrebbe spiegarsi col fatto che si tratti di un rilievo in gesso tratto da un originale eseguito a disegno e poi ribaltato nell’esecuzione finale, in un momento in cui la nobiltà era più una velleità che una realtà, e pertanto all’Oreste Daniele, che procedeva nell’elevazione del suo palazzetto, importava tramandare l’appartenenza alla stirpe senza curarsi della corrispondenza filologica.
La presenza dell’Agnello nello stemma è sicuramente connessa al significato del cognome Daniele, attestata in Italia già dal 1200 con molte varianti regionali, derivante dal nome proprio Daniele che significa “Dio ha così giudicato” o “il mio giudice è Dio”, secondo la tradizione proto cristiana ma di sicura origine ebraica; è presente infatti fra i cognomi degli ebrei in Sicilia fino al XV secolo[12].

Vista la concessione fatta ai Daniele di Siracusa dell’allocazione delle sepolture e dello stemma di famiglia nella chiesa dell’Immacolata, la concomitante vicinanza del palazzetto e dello stemma catanese alla chiesa di San Francesco all’Immacolata si spiegherebbe con la devozione anche di questo ramo familiare alla Madonna, col conseguente acquisto da parte di Oreste Daniele dell’ex cappella al pianterreno del palazzetto dove ancor oggi ha sede la confraternita (fig. 13).
Una convergenza finora riscontrata solo su base indiziale che aspetta conferme da approfondimenti futuri ma che getta una fioca luce su piccole storie ancora poco note del popolato centro storico catanese[13].
Maria Busacca, Catania, 29 Giugno 2025
NOTE
[1] Vedi Salvatore Barbera, Recuperare Catania, p. 237; Costa Francesco, San Francesco all’Immacolata.., p. 250, doc. 32
[2] Li autorizzò “…. di potersi servire a fabbricare nel terreno rimasto in seguito alla costruzione della Nuova Strada Reale, da quel piano che prima del terremoto si trovava nella Contrada di S. Francesco confinante a tramontana con la Chiesa del Convento …..”, ed ancora rispetto ad un tenimento di case concesse alla Compagnia dei Bianchi, rispetto alle quali il Barone Bernardo Scammacca ne rivendica la proprietà, ma vendute al Convento dei Padri Francescani, il Duca di Camastra autorizzò i Padri a “….. fabbricare in entrambi i terreni .. con più magnificenza e pubblico decoro e … ornato di detta Strada Reale.. “ (Archivio di Stato di Catania – vol. I p. 55; vol. II p. 60, p. 77, p.81 ), in: scheda C.S., Soprintendenza di Catania, n. 00182353 del 2000
[3] Vedi Scheda ICCD C. S. n. 00182353 del 2020 (Comito P., Comito W., Dammone A.)
[4] Vedi S. Barbera, cit., p. 237; F. Costa,cit., p. 250, doc. 39, 40
[5] Vedi F. Costa, cit., pp. 250-251; S. Barbera, cit., p. 237
[6] Vedi R. Spina, pp. 88-101 in: Dai monasteri e dai conventi: Tesori d’arte, 2024
[7] Vedi F. Costa, cit., pp. 250-251; S. Barbera, cit., p. 237. Nell’ala nord del Convento, al di sotto del dormitorio dei Monaci esiste tutt’ora una piccola cappella dedicata all’ Immacolata, probabilmente in ricordo di una condizione precedente al terremoto del 1693, eretta l’ anno 1490 quando era dedicata a S. Aloi o S. Eligio, e che nella ricostruzione fu riproposta (Francesco Privitera p.143).
[8] Idem, p. 251, nota 43; La Chiesa di S. Francesco all’Immacolata di Catania aveva un collegamento diretto con l’attiguo Convento sito lungo la Via Vittorio Emanuele II, oggi adibito a Caserma della Guardia di Finanza, mediante un passaggio sito in una stanzetta posta al secondo livello a destra della controfacciata, il passaggio è murato e probabilmente la chiusura avvenne all’indomani degli espropri Sabaudi (scheda C. S. ICCD, 2020, cit.)
[9] Cfr. Antonio Randazzo: Marco Monterosso, Canicattini terra dei marchesi di Bagni, in: “I siracusani”, anno III, 11 gennaio febbraio 1998, pp. 45-49, da cui sono tratte le foto n. 5, 6, 7
[10] G. Daniele, P. Di Lorenzo, La famiglia Daniele e i suoi due palazzi in San Clemente di Caserta, p. 81 In: Rivista di Terra di Lavoro – Bollettino on-line dell’Archivio di Stato di Caserta – Anno II, n.° 3 – Ottobre 2007 ISSN 2384-9290
[11] Per il blasone della famiglia Daniele in Sicilia, Lazio e Campania. Fonte: “Enciclopedia Storico-Nobiliare Italiana di V. Spreti”, suppl. II p.12-13; per il blasone antico della famiglia Daniele da Noto vedi: “Teatro Genologico delle Famiglie Nobili Titolate Feudatarie ed Antiche Nobili del fidelissimo Regno di Sicilia viventi ed estinte” Libro III p.321, del S. Don Filadelfio Mugnos, Palermo 1647, “Blasone In Sicilia ossia Raccolta Araldica” V. Palizzolo Gravina, Palermo 1871-75, p. 166; “Enciclopedia Storico-Nobiliare Italiana di V. Spreti”; per il Blasone della famiglia Daniele di Sicilia e Daniele o Danieli della Campania vedi: “Dizionario storico blasonico delle famiglie nobili e notabili italiane estinte e fiorenti” vol. I, compilato dal Comm. G.B. di Crollalanza, edito presso la direzione del giornale araldico, Pisa 1888; “Enciclopedia Storico-Nobiliare Italiana di V. Spreti” vol. VIII., Suppl. II pag. 12; per il Blasone della famiglia Daniele o Danieli in Napoli vedi: “Enciclopedia Storico-Nobiliare Italiana di V. Spreti”. Cfr. Marco Monterosso, Canicattini terra dei marchesi di Bagni, in: “I siracusani”, anno III, 11 gennaio febbraio 1998, pp. 45-49
[12] Vedi M. Gaudioso, Appendice, nomi e cognomi di ebrei di Sicilia nei secoli XIV e XV, in: La comunità ebraica di Catania nei secoli XIV e XV,2023, p. 151; P. Nicolosi, Gli ebrei a Catania, 1988, p. 21
[13] Ringrazio gli attuali proprietari di parte dell’immobile, peraltro miei carissimi amici, per la cortesia concessami di effettuare riprese fotografiche all’interno dell’appartamento, al quale sono legata da piacevoli ricordi di vissuto.
Bibliografia