di Vania COLASANTI
Coraggio, audacia, passione. E soprattutto condivisione.
Animati da questi sentimenti i coniugi Giovanni e Clara Floridi hanno rilevato un’ex fabbrica di manufatti in cemento sulla Tiburtina, destinandola alla sede della loro esclusiva Fondazione D’ARC: Rifugio D’Arte Contemporanea.

«Un rifugio per le opere, ma anche un luogo che le mettesse in relazione, che le facesse dialogare fra loro e al tempo stesso conversare con i visitatori».
Questo il desiderio della coppia di collezionisti e mecenati che ha deciso di aprire le porte della loro raccolta in modo permanente, attualmente con visite al pubblico il giovedì, venerdì e sabato dalle ore 15.30 alle 19.30, nelle modalità riportate sul sito.
Finalmente Roma ha uno spazio in periferia che sorprende ed emoziona sempre e che evoca le realtà newyorkesi: via dei Cluniacensi 128, non troppo distante da San Lorenzo e dalla stazione Tiburtina.

Ai piedi di un terrapieno di tufo che infiamma di ocra una parete di vetro della struttura. E che sembra anch’essa un’opera d’arte. Come se la natura facesse da sponda, come se quella terra millenaria – su la cui sommità insiste una domus romana abitata tra il I e il III secolo d.C. e con il circolare mausoleo dell’oratore e potente uomo politico Aquilio Regolo – abbracciasse le oltre 200 opere contemporanee.
Un ricco percorso espositivo che va dal secondo dopoguerra ad oggi, passando per l’astrattismo, l’arte cinetica e programmata, l’arte povera e il post-moderno, fino ai poliedrici linguaggi del nuovo millennio. Il tutto su un’area di 6.000 metri quadrati, di cui 1.700 per l’esposizione permanente, oltre a una casa atelier per artisti stranieri, un capannone per attività artigianali, un vasto piazzale con giardino, grande parcheggio e bistrot. E dove trovano spazio opere di Turcato, Kounellis, Boetti, Kiefer, Christo, Halley, Lazzari. E tra i più coevi, Canevari, Beecroft, Talbot, Camoni, Jospin, mentre tra i giovani, Cenci, Choróbski, Prevedello, Bonafini e García Cruz.

Ora, dopo il grande successo dell’inaugurazione avvenuta a ottobre scorso e con la grande affluenza di pubblico nei primi mesi di apertura, la Fondazione D’ARC si prepara alla partenza della sua programmazione primaverile e autunnale.
Le opere esposte riflettono l’amore per l’arte dei due collezionisti: il notaio Giovanni Floridi e la moglie Clara Datti, avvocato che, con gli occhi che le brillano, così descrive la nascita del D’ARC di cui è presidente:
«La nostra casa non riusciva più ad arginare questa passione nata da Giovanni e che ha contagiato subito anche me e i nostri figli Giuliano, Gregorio, Guglielmo e Guido. Se prima le opere erano ospitate in un rifugio antiaereo vicino a piazza Bologna, da cui la Fondazione attinge il nome, un paio di anni fa abbiamo rilevato questo spazio che ci auguriamo diventi un luogo di diffusione per l’arte contemporanea».
Per promuovere la creatività di giovani artisti c’è anche la casa atelier destinata a talenti stranieri che lì possono lavorare e poi esporre le opere realizzate nel periodo della loro residenza. E non solo. Dichiara Giovanni Floridi, vicepresidente della Fondazione:
«Il nostro intento, condiviso con la curatrice, è anche quello di aiutare e sostenere gli artisti italiani. Il mio obiettivo è far sì che il D’ARC si riveli un luogo dove la gente si senta a proprio agio, abbia un approccio semplice, diretto e soprattutto emozionale con l’arte contemporanea. Uno spazio volto all’esposizione, alla ricerca e alla didattica».
Ma in cosa si distingue il D’ARC rispetto ad altre realtà espositive dedicate all’arte contemporanea? Lo spiega la curatrice Giuliana Benassi, docente di didattica per i musei all’Accademia di Belle Arti di Roma:
«Rappresenta un unicum perché, pur esponendo opere di artisti internazionali, porta avanti una narrazione che dedica grande risalto alla nostra creatività, dunque con un focus sull’arte e la ricerca italiana. Per arrivare a un confronto internazionale, credo fortemente che prima bisogna conoscere e partire dalla propria storia. È vero che questo spazio evoca realtà newyorkesi o milanesi, ma si presenta comunque come uno luogo rarissimo, con un’identità che è solo romana: all’interno di una città intatta e autentica, in una stradina di periferia tipicamente pasoliniana che è allo stesso tempo dentro una metropoli, a stretto contatto con maestranze artigianali a disposizione degli artisti. E poi con una realtà archeologica che si apprezza dallo stesso piazzale. Questo è il D’ARC».
Le dolci note del brano Ballerina di Yehezkel Raz accompagnano il video che svela le diverse fasi della sapiente ristrutturazione, attraverso elementi lasciati a vista, come memoria della precedente struttura: un com’era e com’è, per una riqualificazione di un’area industriale, recuperando la struttura di un’ex fabbrica dimessa da oltre 30 anni e che i coniugi Floridi hanno voluto mantenere intatta, affidando il progetto di ristrutturazione allo studio 3C+t Capolei Cavalli, secondo i criteri di sostenibilità ambientale: l’edificio è ora alimentato da un impianto fotovoltaico che permette l’autoproduzione del proprio fabbisogno energetico. E i locali che erano mensa e officina sono stati convertiti in falegnameria e bistrot.

Ricorda l’architetto Fabrizio Capolei, responsabile del progetto di ristrutturazione:
«Quando siamo entrati nell’ex fabbrica di manufatti in cemento, quasi tutti i macchinari, i nastri trasportatori, i carrelli erano già stati asportati, mentre per fortuna erano ancora lì i carri-ponte. Dal tetto pioveva all’interno da decenni. Dappertutto sui pavimenti rottami di ferro, calcinacci, pezzi di lamiere. Per una sessantina d’anni, luogo di lavoro faticoso e di grande traffico di mezzi pesanti che accedevano all’area attraverso una piccola stradina dalla via Tiburtina, la struttura industriale se ne stava lì come un relitto completamente svuotato in attesa di un progetto. Conservare la struttura e recuperare quanto possibile è stato il tema di progetto. L’intervento si è delineato quale vera operazione di archeologia industriale, finalizzato al riuso dei grandi spazi per trasformarli da fabbrica industriale a fabbrica per l’arte, caratterizzata da una parete di fondo tutta in vetro sulla quale incombe una meravigliosa “tagliata” di tufo che isola il lotto dal resto della città».
Una realtà dove l’arte contemporanea trova la sua collocazione ideale tra archeologia romana e archeologia industriale.

Così come la via dei Cluniacensi evoca ancora l’ordine monastico medievale che proprio in quell’area aveva fondato una delle sue abbazie, nel tempo abbandonata.
Il 24 maggio, aprirà la programmazione espositiva Lulù Nuti (Roma, 1988) con Tre corpi, mostra personale che presenterà nuove opere, in parte site-specific, nate da una profonda riflessione dell’artista sui materiali e sul contesto urbano e naturale della città di Roma. Una delle installazioni della mostra, dal titolo I Fruitori, sarà realizzata grazie al supporto della Regione Lazio.
Nel mese di maggio partirà anche la prima delle residenze ospitate all’interno della casa-atelier, parte del complesso polifunzionale della Fondazione, con Chiffon Thomas (Chicago, 1991. Vive e lavora a Brooklyn, NY), artista statunitense, il cui lavoro interdisciplinare spazia tra pittura a tecnica mista, ricamo a mano, collage, disegno e scultura, in un percorso di continua ricerca identitaria. Chiffon Thomas sarà a Roma da metà maggio a metà giugno 2025 per lavorare a una nuova produzione, attivando collaborazioni con gli artigiani locali. La sua residenza continuerà in autunno in vista della personale che inaugurerà nel mese di ottobre, concludendo la programmazione espositiva 2025 della Fondazione.
A luglio si avvierà anche la seconda residenza del 2025, che porterà per la prima volta in Italia l’artista polacca Aneta Grzeszykowska (Varsavia, 1974). Il suo lavoro è noto internazionalmente per l’utilizzo sperimentale di fotografia e cinema nei suoi esercizi artistici e ontologici di ricerca, condotti anche in maniera performativa e con il coinvolgimento del suo corpo. La sua residenza è finalizzata alla presentazione di una mostra personale nel 2026, che comprenderà l’esposizione di opere ideate e prodotte in residenza insieme ad altri lavori.
Ulteriori informazioni presso la segreteria, capitanata da Francesca Rigacci e sul sito: http://www.fondazionedarc.it
Vania COLASANTI Roma 26 Marzo 2025