di Chiara GRAZIANI
(Sala stampa Vaticana)
Pace, giustizia sociale, sinodo. Con tre stelle polari, l’arca di Leone XIV prende il largo nel mare della storia, secondo l’immagine che il nuovo Papa ha voluto imprimere nell’immaginazione dei cardinali per i quali celebrava Messa sotto il Cristo Giudice della cappella Sistina a una dozzina di ore dalla sua elezione.
La Chiesa come “un’arca di salvezza” fatta balenare nelle coscienze dei porporati in procinto di lasciare Roma per il mondo dopo il Conclave, dice l’urgenza che questo papa, così diverso ma così affine a Francesco, sente verso le sorti in bilico dell’umanità. Entrato cardinale in Conclave sull’eco della guerra fra India e Pakistan, due potenze nucleari, Robert Francis Prevost ne esce papa per prendere il testimone retto letteralmente fino all’ultimo fiato da Francesco: gettare la guerra fuori dalla storia ed inaugurare l’era della giustizia e della pace che i cristiani chiamano “civiltà dell’amore”. Leone chiama la Chiesa ad essere un’arca, nella quale imbarcare tutti. “Un faro – aggiunge – nella notte del mondo”.
Tanta è l’urgenza dei tempi; evangelizzare è salvare. La guerra mondiale a pezzi si sta saldando in un unico disegno e sta sorgendo – inattesa ma prevedibilissima – anche dall’Asia dove i blocchi opposti hanno protetto la follia della corsa alla “deterrenza” atomica fra due nazionalismi autolegittimati dalle religioni.
La particolarità di questo papa sembra la sua volontà di agire, sullo scenario internazionale, a partire dalla questione della giustizia sociale, senza la quale anche la via della pace “disarmata e disarmante” che predica è più ardua. E lo dice a partire dalla scelta del nome, quello del Papa che nel secolo scorso ha avviato la Chiesa nel mare delle “cose nuove” che si affacciavano nella storia per mettere le basi dell’ordine globale attuale che tanta ingiustizia ha generato trasformando una parte del globo nella fabbrica e nella discarica di un quarto dell’umanità.
Pare di capire, dalle sue prime mosse, che proprio le “cose nuovissime” – papa Francesco le chiamava “svolta d’epoca” – siano al centro del suo progetto. Lo ha spiegato nell’immediatezza dell’elezione, appena dopo la benedizione alla città ed al mondo, il portavoce della sala stampa Vaticana Matteo Bruni. Il nome scelto rimanda alla questione sociale “ed alla condizione dei lavoratori, uomini e donne, nell’attuale situazione e nell’era dell’intelligenza artificiale”. Non l’annuncio della prima enciclica di Leone – non poteva esserlo – ma di certo un’indicazione chiara delle sue priorità nell’iniziare a dare il suo contributo alla dottrina sociale della Chiesa intesa come “arca e faro nella notte del mondo”. Non stupirebbe l’annuncio non lontano di un’enciclica sulle cose nuovissime che, un secolo fa non erano neppure immaginabili.
Prendere per le corna il toro dell’intelligenza artificiale, che sta ridefinendo addirittura il concetto di guerra – in grado di guerreggiare da sola al massimo dell’efficienza di sterminio – significa prendere per le corna il più grande mercato del pianeta, quello delle armi che reclama sempre nuovi conflitti e pesa enormemente sulle politiche internazionali. Significa prendere per le corna l’iniquità del lavoro misero e spersonalizzato, gestito dalle piattaforme e non dalle persone. Significa prendere per le corna quello che chiamiamo, ormai senza sapere neppure più cosa intendiamo – Occidente.
Leone è stato salutato come il primo presidente statunitense, figlio dell’Occidente. In fretta e un po’ ipocritamente il presidente Trump ha parlato di “onore” per la Nazione ed il suo vice Vance è passato dal dileggio e dall’attacco personale, al bacio dell’anello e alle offerte di preghiera dei cattolici statunitensi ai quali si è unito con una conversione adulta. E chissà che Leone, nella sua prima omelia, non pensasse anche a certi politici, devoti a un Dio nemico dei migranti, dei poveri, degli inermi, quando ha denunciato gli “atei di fatto” che parlano di Cristo scambiandolo per un “superuomo” (espressione chissà se usata a caso e che richiama il ribaltamento della figura del Salvatore dell’umanità nel suo opposto).
Come spesso accade, una situazione del tutto nuova – l’avvento di un Papa figlio della superpotenza egemone – ne richiama un’altra già scritta nella storia, della Chiesa e del potere. L’elezione di Giovanni Paolo II, il papa polacco che arrivava dall’est comunista: sappiamo come andò a finire, la sua figura fu determinante nel crollo del blocco comunista. Ripeteva spesso: “Non abbiate paura”, quasi le stesse parole usate da Leone nella sua prima benedizione:
“Andiamo avanti insieme senza paura. Il male non prevarrà”.
Sarà l’avvento di un Papa occidentale a scuotere l’Occidente? L’arca di Leone prende il mare.
Chiara GRAZIANI Roma / Città del Vaticano 9 Maggio 2025