Gli Architetti e il libro d’arte; la ‘messa in pagina’ al tempo del web. Riflessioni di Massimo Martini (parte 1^)

di Massimo MARTINI

Migranti sull’About

di M. MARTINI e F. MONTUORI

Due libri d’arte, nel formato editoriale dell’ e-book, degli artisti Patrizia Nicolosi e Enzo Rosato passati sotto silenzio a un anno dalla loro pubblicazione

IL LIBRO D’ARTE: QUANDO IL TRANS E’ NELLA MESSA IN PAGINA

(con una riflessione su cosa sia l’e-book)

PARTE PRIMA – L’ASSIEME DEI PROBLEMI

Poco più di un anno fa vengono pubblicati, nel formato editoriale dell’e-book, per le edizioni Grau2, due libri molto particolari: Patrizia Nicolosi, Tutte si muovono le foglie del bosco (tre tomi, per un tot di 654 pagine); Enzo Rosato, Attraverso la materia  (342 pagine).

Non sono i primi della collana, che nasce nel 2016 e che si caratterizza per essere promossa dagli architetti dello studio Grau di Roma. Sono i primi però che, in maniera esplicita, adottano una personale forma di messa in pagina. Nella linea ideale del cosiddetto libro d’arte. Un evento prevedibile, visto che l’orizzonte di queste pubblicazioni nasce dall’urgenza di linguaggi ormai troppo personali per potersi dire solo di gruppo. Con la curiosità verso artisti vicini e discipline affini, in un mix di linguaggi, nella venatura neanche tanto nascosta di un sessantottismo fai da te. Oggi risvegliato dalle politiche povere e dal basso del web di tutti e per tutti. Situazione accelerata per ambedue gli artisti: nello strabismo fruttuoso sia di Patrizia Nicolosi (architetta e fotografa) che di Enzo Rosato (scultore da sempre in simbiosi con gli architetti). Nella realizzazione editoriale di Luciano Vagaggini, un vento di curiosità e di positività che va ben oltre le dimensioni del classico progetto grafico. Infine a completare il quadro si segnala anche l’e-book redatto da chi sta scrivendo questo articolo e del quale, per ovvi motivi, ci si limita a fare solo cenno. (fig 1)  

Figura 1- Grau, Set fotografico nel proprio studio, Viale Angelico, Roma (‘80) – foto P. Nicolosi

Prima digressione: La pesantezza…

Per gli architetti esistono alcuni libri fondanti della modernità, lungo il novecento e fino ad oggi. A mio giudizio sono tre: Le Corbusier, Verso una Architettura (1921); Venturi-Scott Brown-Izenour, Imparando da Las Vegas (1972); KoolhaasOmaMau, SMLXL (1995). Il primo pesa poco meno di 4 etti, il secondo 9 etti, il terzo 2kg e 7 etti per 1346 pagine. Nasce il Movimento Moderno, quindi trasmuta nel Post Modern e poi? La particolarità del libro di Koolhaas non risiede affatto in una visione innovativa della disciplina. Piuttosto nel dilatare a dismisura il racconto di architettura. L’International Style (o Manierismi del Moderno come io preferisco) presenta il suo conto. Siamo a dimensioni editoriali mai viste prima, nelle quali il singolo progetto, quale esso sia, raggiunge da solo le 20, 40, 50 pagine. C’è di tutto: il telegramma del committente, l’arrivo all’aeroporto, la sporcizia dei luoghi, persone che vanno, persone che vengono, disegni tecnici dilatati come tappeti volanti, il marasma dei modellini, sul fondale degli interrogativi irrisolti, quelli che assediano chi è chiamato a progettare il caos. Ci sono tanti tipi di caos, c’è la bellezza del caos. Prevale il racconto, piuttosto che la pregnanza stilistica. E questa una forte discontinuità. E’ un memento, una nuova frontiera per chi si accinge a progettare, per tutti. Quando si rompono i legami addirittura fra disegno e disegno, diventa difficile tenere assieme i fattori eterogenei che portano all’atto costruttivo. Fare architettura equivale a fare surf, suggeriscono gli autori. E nella matassa scomposta si sente il bisogno cercare il capo dei fili. Nella matassa devi mettere le mani. Nella messa in pagina nella fattispecie. E se non fosse, questo, un atto dovuto per stare nel merito e sperare di capirlo, sconsiglierei a chiunque di prendere scorciatoie. D’altronde troppo abbagliante il caos dei manierismi, nel moltiplicarsi delle maschere post moderne. Un destino. Fine della prima digressione. (fig 2) 

Figura 2- Koolhaas-Oma-Mau, SMLXL (‘95): Congrexpo, Lille, France (‘94)

Quale orizzonte per quale libro…

Ricordando di nuovo come io non sia un critico, piuttosto un curioso interessato, provo a ragionare in un spazio mentale che immagino di lato alla storia dell’arte. Parlo di quell’aura che nasce quando, nell’ambito tranquillo di uno studio d’artista si è tutti lì, intenti a smontare il giocattolo. Ci si scambia generosamente notizie, artifizi, tecniche, piuttosto che asettiche, volatili opinioni. Per cui, sgombrato il campo dalla conflittualità fra l’artista e la storia dei suoi segni tutto sembra essere in prova, come la prima lettura di un manoscritto, il canovaccio di una commedia. Nella convinzione che questa operazione (quale orizzonte per quale libro…) quando gestita da artisti fra artisti, non possa non subire scossoni, deragliamenti, se non altro per l’assenza della figura del critico, mediatore culturale per eccellenza. Per cui la modalità della messa in pagina scivola tranquillamente verso la modalità: installazione, in un luogo chiamato libro, di segni-disegni-foto! Tutti molto desiderosi (i segni), sotto la spinta di un autore che ora si sente performer di se stesso, di un qualche salutare cambiamento. Alla ricerca del medium adatto: e ne vedremo di inattesi e di vari… (Dopo di che va detto che molti nella collana, e giustamente, non inseguono queste sirene e tutto prosegue tranquillo, come è bene che sia, nel mondo vario della commedia umana). (fig 3)

Figura 3- Koolhaas-Oma-Mau, SMLXL (‘95): Urban Design Forum, Yokohama, Japan (’92)

Si crea una strana miscela. L’artigianalità non standardizzabile del libro d’arte, le pagine di Koolhaas e soci che corrono a briglie sciolte alla ricerca del senso perduto del progetto, i cascami liberi del noioso ed esecrato libro-curriculum, mentre qualcuno va a prendere immagini analoghe di Alighiero & Boetti, tutto diviene terreno fertile per nuovi medium … ora l’artista impagina da sé, immagini manipolate da sé per l’occasione! Però nella nuvola informatica di un e-book di oggi! Attraversando uno scanner o una macchina fotografica digitale!… E qui siamo sbarcati in un altro mondo. Lo ripeto. Siamo sbarcati in un altro mondo (per chi si è messo in viaggio, ovvio). E il nuovo mondo sentenzia: L’ e-book non è dato come  libro che, per caso, non è un libro di carta. Il libro è quello di carta, l’e-book stiamo a vedere.  (fig 4)

Figura 4- G. Colucci, A. Di Noto, P. Nicolosi, Museo della città di Cori, Convento di S. Oliva, Cori (’90-’98) – foto P. Nicolosi

Ora, parlando di un quadro, da sempre accettiamo che dello stesso quadro si possano avere due immagini materialmente diverse eppure equipollenti fra loro (la foto su carta opaca e la diapositiva che vive invece nella trasparenza alla luce).  E chi comanda non è quel libro che ho in mano, bensì quel quadro appeso in quella galleria laggiù. Semplice… L’immagine che arriva sull’e-book non arriva dal libro di carta, bensì direttamente dal quadro! Che lui è l’originale! Che lui decide dove mandare cosa! E come!… Lo ripeto. L’ e-book non è dato come  libro che, per caso, non è un libro di carta. E’ l’abitudine a una cultura trasmessa attraverso i libri di carta quella che può accecare! Abitudine, brutta parola per un artista. Certo posso pur sempre mimare la messa in pagina del classico libro di carta. Ma dopo avere dichiarato che sto indossando l’ennesima maschera. Che non è un’opzione proibita. Perché chi sta proibendo è proprio colui che non vuole riconoscere il palesarsi di una natura diversa, ormai matura e adulta per quanto, lo riconosco, ancora molto sfuggente. Siamo in un terreno inesplorato (lo stesso di Koolhaas e soci), sperimentale, simile assai al fare artigianale del libro d’arte. Con le opportunità ben celate come al solito sotto spessi strati di ambiguità. (fig 5)

Figura 5- Enzo Rosato, Geometrie variabili (insieme) e Studio di decorazione (disegno di riscrittura),
ceramica marmorizzata invetriata (‘07) e matita su carta A4 (‘17) – foto P. Nicolosi

Seconda digressione: La leggerezza…

(John Cage nel 1987 intitola Lettera a uno sconosciuto una serie di scritti dedicati alla sua idea di musica)…  Alighiero & Boetti, già in occasione della seconda mostra personale, (Galleria La Bertesca, Genova, 1967), si impossessa del cosiddetto catalogo. Con un occhio alla dimensione concettuale del progetto e del disegno tecnico (un carattere distintivo, questo, anche di Enzo Rosato…). Scrive di Alighiero & Boetti il critico Giorgio Maffei: “ … L’artista ruba la parola al critico e la matita al grafico e ridisegna i materiali informativi della sua opera. Non da critico e non da grafico, naturalmente, ma da artista… E’ il libro d’artista, definizione provvisoria e niente affatto univoca, a prendere il sopravvento… “ Io, in questa scia, mi soffermo curioso su una modalità inattesa e ne sono molto sorpreso. Mi riferisco alla modalità che induce A&B a trasferire molte delle sue opere dentro libri/cataloghi presentati sempre come ben aperti, squadernati. Ben aperti e squadernati. E questa sua attenzione portare dritto a due ossessioni. a) L’ossessione per la linea d’ombra verticale che nasce nell’arrotolarsi del foglio al cambio di pagina (la linea che spezza il luogo della lettura in due parti distinte). b) L’ossessione per la pagina bianca posta a sinistra (la pagina destinata a soffrire della pagina figurata a destra). E contro questi limiti invalicabili, l’autore combattere la sua battaglia eroica!… Poi d’un colpo mi figuro Patrizia Nicolosi e Enzo Rosato tranquilli dentro la modalità e-book, quella che cancella la modalità libro aperto! La cornice dell’immagine intera. Il campo, illuminato! Similmente a milioni di televisori accesi, a milioni di personal computer accesi, a miliardi di telefonini anch’essi accesi. In tutto il mondo. Una vertigine. Dalla chimica della carta alla velocità della luce. Ad ognuno secondo il suo grado di curiosità. Risparmiando a voi di addentrarmi qui ora nel mondo troppo nuovo dei touch screen e dei link. Fine della seconda digressione. (fig 6)

Figura 6- Alighiero&Boetti, Tra sé e sé, Informatore dell’arte n. 6, L. Amelio, Napoli (’87)

Confesso che scrivendo queste note mi sono sentito un po’ solo. E confesso di aver cercato conforto nella rilettura delle varie Introduzioni che, nel tempo, Umberto Eco ha scritto al suo celebre libro Opera aperta. Si tratta di una straordinaria sequenza di scritti che, a partire dal 1962, descrivono le reazioni dei vari ambienti culturali alle note tesi dell’autore. In particolare del tipo di resistenze espresse dal mondo dell’arte, quando è posto a riflettere sugli squarci che la scienza via via apre nelle coscienze di tutti. Quando occorre rinominare le cose per potersi intendere. Così, scartabellando e di nuovo e vieppiù affascinato dal concetto di ambiguità (quale carattere strutturante dell’opera d’arte stessa), mi accingo curioso ad analizzare nella seconda parte di questo articolo gli artifici adottati da Nicolosi e Rosato. Quando spero di trovare non solo modi di fare nitidi e tersi, utili a me come ai lettori. Ma anche tradimenti più o meno consapevoli, in grado di riaprire la caccia. (fig 7)

Figura 7- Alighiero&Boetti, Mettere al Mondo il Mondo, Biro blu su carta intelaiata, (’72-’73)

Massimo MARTINI    Roma  maggio 2019

(Il seguito in uno dei prossimi numeri di About Art on Line)