Fabrizio Lemme: “Maurizio Fagiolo Dell’Arco e la Surrealtà”

di Fabrizio LEMME

Il 22 novembre Maurizio Fagiolo, nato nel 1939, avrebbe compiuto 80 anni. Mancato l’11 maggio del 2002, non ha potuto personalmente festeggiare tale evento.

Lo festeggiano gli amici, come se fosse ancora tra loro: ed anche questo, nella sua surrealtà, si adatta al personaggio che, nella sua breve ma intensa esistenza, è stato sempre attratto da quel che andava oltre il reale, la metafisica, l’effimero, il realismo magico.

L’attrazione di Maurizio verso il surreale lo riguarda come studioso (pensiamo alle sue ricerche sul Novecento italiano, su Alberto Savinio, su Giorgio de Chirico) ma anche come collezionista: penso al suo amore per Andrea Pozzo, che lo ha portato a raccogliere ben quattro dipinti del grande maestro trentino, anticipatore della pittura metafisica del secolo XX.

Questo interesse ci accomunava (nella mia collezione, le opere di Pozzo erano tre), come ci hanno accomunato molte altre cose, da ultimo lo sbocco comune del nostro mecenatismo verso il Museo del Barocco Romano in Ariccia, al quale siamo stati indirizzati anche dal fatto che a dirigerlo vi fosse uno studioso assai più giovane di noi e di grande levatura scientifica, come Francesco Petrucci.

E mi piace ricordare che in questo Museo è ospitata proprio un’opera di Andrea Pozzo che segnalai personalmente a Maurizio, una “Adorazione dei pastori”, ad olio su rame.

Si era nell’ultimo decennio dello scorso millennio ed il materiale sul mercato era assai più ricco di quanto non lo sia oggi: il dipinto era stato proposto a me ma declinai l’offerta perché non si conosceva la destinazione finale del bozzetto, ma lo segnalai a Maurizio.

Allora un collezionista poteva permettersi perfino questo!

Maurizio, più bravo di me (anche come collezionista: come storico dell’arte, io non esisto), lo acquistò, attratto dal fascino di una pittura a cavallo tra Manierismo e Barocco, la cifra appunto di Andrea Pozzo.

E, successivamente, con la tenacia che lo distingueva, individuò anche la pala d’altare cui il dipinto era destinato, la Chiesa nella Congregazione dei Mercanti di Torino, opera che è del 1701.

Ma precedentemente Maurizio aveva acquistato un’altra opera metafisica di Andrea Pozzo: la finta cupola di Sant’Ignazio, ridotta in un bozzetto, di modeste misure ma di altissima qualità.

Federico Nietzsche aveva teorizzato nel suo pensiero il mito de “l’eterno ritorno dell’identico”: nella storia dell’uomo, le vicende tendono a ripetersi in mutati contesti.

Ed infatti, la pittura di Andrea Pozzo anticipa la surrealtà di tre secoli dopo.

Maurizio, che evidentemente condivideva il concetto niciano, lo ha addirittura materializzato e testimoniato in una scelta collezionistica.

E questo è un contributo alla sua universalmente riconosciuta grandezza di storico dell’arte, che va oltre il breve percorso di una vita umana.

Fabrizio LEMME   Roma  22 novembre 2019